Avvertenza dell’autore: la lettura di questo scherzoso articolo, pieno pero’ di male parole, è sconsigliata ai “minori non accompagnati”
I dazi e le tariffe introdotti da Trump costituiscono un pericolo per la lingua italiana. Gli amanti dell’itangliano (itanglish, itanglese, italese, italianese), vero esercito in Italia, potrebbero infatti non resistere ai loro impulsi anglofoni e buttarsi quindi a pesce su “custom duties” e “tariffs”, azzerando i nostri “dazi” e le nostre “tariffe”. Ma, nonostante tutto, “dazio” dovrebbe resistere all’abbraccio mortale degli anglicismi grazie alla sua sonorità, brevità, e alla varietà di detti e frasi che lo contengono tra cui “il fare lo scemo per non pagare il dazio”, cui mai gli italiani rinuncerebbero. Conto inoltre sulla resilienza delle nostre “tariffe”, che infatti non fanno che crescere.
In Italia, terra dove gli anglicismi trionfano, un pericolo linguistico ben piu’ grave che i “custom duties” e le “tariffs” proviene, secondo me, dall’espressione “kissing my ass”, fuoriuscita di recente dalla bocca di Trump; il quale, per esprimere l’idea che i capi di governo attraverso il mondo morivano dalla voglia di fare un accordo con lui, ha detto: “I am telling you, these countries are calling us up, kissing my ass.”
Vuoi vedere, mi sono detto a mia volta, che dopo tante perdite di parole italiane validissime, come fiasco rimpiazzato da flop e con un’infinità di altri barbarismi inglesi incorporati ormai alla lingua di Dante, ci giochiamo adesso anche il nostro italianissimo “vaff…” a vantaggio del “kiss my ass” americano (il fuck you e il fuck off non avendo finora attecchito)?
I dizionari d’inglese alla voce “ass kissing” spiegano: “Vulgar. The practice or an instance of attempting to curry favor by the excessive use of compliments, praise, or the like”. La frase, in Italia, ha scandalizzato popolo ed élite. La sinistra, per non smentirsi, ha colto l’occasione per insultare, gongolante, il primo ministro: “La Meloni va a baciare il culo a Trump”. E in realtà ha insultato l’Italia, perché la Meloni rappresenta l’Italia. Ma nello Stivale settarismo, faziosità, odi civili prevalgono su interesse e dignità della nazione.
La menzione di certe parti intime è frequente nel nostro parlare. Ma sul “baciare” evocato da Trump prevale il “rompere”, perché gli italiani baciano tutt’al piu’ la pantofola del Papa o di altri in autorità. Tra le tante espressioni implicanti il sedere, parte anatomica tirata in ballo da Trump, mi limitero’ a ricordarvi: “Rompersi il cu…”, “Mi sono fatta un cu… della madonna” (frase che ho udito pronunciare in Tv), “Hai avuto una botta di cu…”, “Nessuno è pronto a dare il cu… per me”, ecc. ecc.
Se gli italiani adottassero l’anglicismo “kiss my ass” al posto di “vaff…” correrebbero inoltre un rischio sul piano giuridico. La Suprema Corte di Cassazione italiana ha infatti stabilito che “vaff…” non è un’offesa. I giudici hanno posto sullo stesso piano “vaff…” ed altre espressioni simili che “pur rappresentative di concetti osceni o a carattere sessuale sono diventate di uso comune e hanno perso il loro carattere offensivo”. Ma non si sa cosa avverrebbe davanti ai nostri tribunali se nel “bel paese là dove ‘l si’ suona” (Dante), anzi suonava, gli assholes ammalati di xenofilia adottassero il trumpiano “kiss my ass”.
Tutti si sono scandalizzati in Italia, dove pur tuttavia l’ass kissing è molto diffuso grazie ai suoi numerosi trasformisti ed opportunisti. Sono decenni oltretutto che in Tv e sui giornali le nostre élite, i politici, i giornalisti, i conduttori televisivi e un po’ tutti “sfruconano” linguisticamente con diletto le abbondanti terga anglo-americane per alimentare di linfa vitale l’“itangliano” (itanglese, itanglish, italese, italianese); che è l’idioma prediletto dei nostri sciuscià linguistici, devoti ass-kissers dello straniero. E contro i quali noi, rispettosi della dignità della nostra patria d’origine e della sua lingua, continueremo impavidamente a combattere ricorrendo, se necessario, anche alle male parole.
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