9 Ottobre 2024
Attualità

Tutti a casa – Enrico Marino

Nel giro di neppure un mese siamo passati dal governatore della Toscana, il becero Enrico Rossi, che dava dei “fascio-leghisti” a chi voleva imporre dei controlli più stringenti sui cinesi di rientro in Italia, al decreto che ha trasformato il nostro Paese nel più grande lazzaretto europeo.

Si è arrivati così all’8 settembre del governo Conte-Badoglio, che ha riproposto il famoso “tutti a casa” ormai costituzionalmente innervato, quando le cose si mettono male, nella tradizione democratica di una certa genia di rinnegati nazionali.

Solo che, questa volta, avrebbe dovuto essere non l’esortazione a squagliarsela senza onore, ma un imperativo a osservare una quarantena serrata e soprattutto tempestiva.

Invece, si è arrivati a questa decisione con l’acqua alla gola, sotto la spinta degli eventi e di una situazione fuori controllo che diventava di ora in ora sempre più ingestibile.

È francamente imperdonabile e surreale che, quando in Cina schieravano l’esercito a sparare a chiunque uscisse da Wuhan, per evitare che anche una sola persona lasciasse l’epicentro del Covid-19, qui ci fosse gente che lanciava iniziative ridicole come “abbraccia un cinese”. Maggiormente penoso che anche il Presidente della Repubblica si sia piegato a questa sceneggiata, improntata al “volemose bene” e al pericolo del solito “razzismo”. Tristi scene di ordinaria e ipocrita demenza.

Ma in politica l’idiozia si paga. Così, una beffarda nèmesi ha contagiato anche Nicola Zingaretti, governatore del Lazio e segretario del PD che, nel balletto a chi sminuiva più e meglio il rischio del virus, s’era sperticato in un’azzardata e sfortunata profezia: ”l’influenza stagionale ci impegna di più”.

Senza offesa, poteva andare anche peggio a chi s’è reso responsabile della distruzione della Sanità regionale, chiudendo 16 ospedali, tagliando 3.600 posti letto e lasciando andare in malora il sanatorio Forlanini di Roma, un gioiello costruito dal Fascismo.

In questo tripudio di incosciente leggerezza, la palma dell’incompetenza l’ha vinta la comunicazione istituzionale del governo, che è stata così incerta e contraddittoria da sottoporci a un infinito stop and go senza mai arrivare al punto.

Abbiamo assistito all’alternarsi di bollettini incoerenti che in un primo tempo minimizzavano e successivamente allarmavano, fino a quando la fredda logica dei numeri dei contagiati e dei decessi ha imposto a tutti un’assunzione di realismo, seppure fino all’ultimo s’è tentato di destreggiarsi col pretesto che i morti erano “anziani” o che erano “affetti da altre patologie”.

Come se non si trattasse di genitori e nonni di qualcuno, ma soprattutto non fossero italiani che i nostri governanti non hanno saputo proteggere, sebbene si richieda proprio a loro di possedere capacità di analisi e lungimiranza, attitudine a prevenire e a risolvere le varie contingenze per tutelare e garantire i diritti dei cittadini.

Certo, questa è un’insolita emergenza nazionale, ma l’avvocato con la pochette che ci governa s’è mostrato talmente dilettante da farsi addirittura sfuggire la bozza del decreto che imponeva le zone rosse prima della sua entrata in vigore.

Così è finita che, in barba a ogni quarantena, migliaia hanno assalito la stazione per prendere il treno, fregandosene di infettare tutto il Paese. Altrove, intanto, si stava in fila per andare a sciare o per trascorrere l’happy hour del sabato sera nel locale trendy.

Reazioni più che attendibili da chi è stato convinto che progresso infinito e globalizzazione fossero una buona cosa, che avrebbero portato benessere, sviluppo e prosperità per tutti e s’è ubriacato con il consumismo, la facilità di viaggiare e spostarsi da un paese e da un continente all’altro, con la disponibilità di beni superflui, l’accesso a internet, i social media e quant’altro, cioè col mondo fiabesco di un infinito Erasmus per un’umanità eternamente adolescente.

L’opinione pubblica è stata spinta a collegare queste facilitazioni ai mercati aperti e all’omologazione di culture e abitudini all’americanizzazione dei costumi.

Grazie ai media e alle pubblicità, il modello collettivo e le aspirazioni individuali sono stati conformati al consumismo come stile di vita, accompagnato dal propagarsi di una nuova morale, relativista e permissiva.

In contrapposizione alle tradizioni s’è voluto affermare un nuovo tipo umano prodotto dalla globalizzazione, individualista e privo di ogni retaggio storico e identitario, proteso solo alla ricerca del benessere e del piacere individuali.

Adesso, con il diffondersi del coronavirus, arriva un brusco risveglio dalle utopie e il risveglio appare anche più doloroso perchè si devono chiudere le frontiere per non diffondere il virus, si deve rinunciare alle abituali forme di socializzazione, si devono abolire circolazione e spostamenti, viaggi e trasferte, abolire crociere, gite e vacanze di gruppo, meeting, spettacoli e manifestazioni sportive, per imporre un obbligo generalizzato a chiudersi in casa.

Ecco allora le scene di panico, la sensazione di un cupo destino incombente che risveglia nell’intimo ancestrali ricordi di paure e la scoperta di uno sconosciuto e inaspettato senso di fragilità.

Istinti primordiali si mischiano a calcoli opportunistici e sfociano nello scatenarsi dell’irrazionalità, nell’egoismo di inutili accaparramenti come in fughe irresponsabili, ovvero in forme rabbiose e criminali di ribellione.

Ecco allora che un fenomeno sanitario emergenziale si salda con una generalizzata rivolta nelle carceri – sostenuta, all’esterno, da forze distruttrici e nichiliste manovrate e asservite alla globalizzazione e ai suoi sostenitori delle centrali finanziarie e transnazionali – creando un clima incandescente e un’enorme tensione sociale.

Contemporaneamente arrivano al pettine nodi irrisolti e ataviche questioni, perché la verità è quella di un Paese lasciato alla deriva per troppi anni in tutti i settori e il problema non è un virus, peraltro non assassino, ma l’assenza di strutture sanitarie adeguate a fronteggiarlo.

Se a tutto questo sommiamo le drammatiche ricadute economiche che questa situazione è destinata a generare nei prossimi mesi, appare evidente che il Paese è seduto su un vulcano in procinto di esplodere da un momento all’altro e, allo stesso tempo, è affidato alle cure di una compagine politica incapace, priva della fiducia e del mandato popolare, tenuta insieme solo dal tornaconto e dalla paura delle elezioni.

Avessimo un Presidente eletto dal popolo, potremmo aspettarci un’iniziativa per sciogliere il governo e nominare una giunta di emergenza, con persone che siano competenti e preparate a fronteggiare questo momento.

Ma nell’attuale situazione politica e istituzionale non possiamo nemmeno immaginare una simile soluzione. Dovremo solo rimboccarci le maniche e reagire con determinazione, con le forze migliori della nostra comunità nazionale, per uscire al più presto dalla palude e poi, senza più indugi né riguardi, cacciarli via.

Enrico Marino

 

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1 Comment

  • Elettra 14 Marzo 2020

    Mi è piaciuto l’articolo per la visione politica a tutto campo che presenta e relativa a sanità, economia, giustizia, Presidente della Repubblica, elezioni spauracchio della tirannide in atto: Ma anche le riflessioni sull’anarchia cieca e ottusa tipica di certo ambiente italiano che infettano le parti ancora sane d’Italia pur di fare i furbi, o fanno la fila attaccati l’uno all’altro per sciare o per andare in discoteca, ecc. tutte queste sottolineature che, a ben vedere, sono il frutto avvelenato di una politica edulcorata sì, ma marcia e
    bubbonica all’interno: Questa, certamente, più tossica del virus, di qualunque virus. Certo, vadano a casa questi lerci individui, ma ormai i danni sono fatti e le stigmate rimarranno per ominia saecula, saeculorum perchè, una volta che si sono formate, le mentalità non si rifanno tanto facilmente.

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