Sei anni dopo…
Il 16 novembre del 2014, sulle colonne di “EreticaMente”, apparve firmato dal sottoscritto un articolo sui rapporti – veri o presunti tali – fra Benito Mussolini e Walt Disney e fra quest’ultimo e i socialismi nazionali europei. Quel pezzo, che ora potrei definire propedeutico, ebbe un’insperata risonanza e fortuna. L’articolo, all’avvicinarsi del cinquantesimo anniversario della morte di Walt Disney (che cadeva nel dicembre 2016), fu infatti ripreso in più occasioni, in versioni sempre diverse, ma identico nella sostanza.
Nel 2015 apparve per la prima volta su carta, in formato ridotto, su “Antarès” n. 10, la rivista culturale e letteraria della Bietti, curata da Gianfranco De Turris e Andrea Scarabelli; la casa editrice milanese lo ristampò nel 2016, nel volume omnibus che raccoglieva i primi 11 numeri (0/10) del prestigioso periodico. Quello stesso anno, in Spagna, l’articolo fu citato ampiamente dal sito “Público”, specializzato in “informazione insolita”, nel paragrafo su Mussolini all’interno dell’articolo “A cosa si deve la strana fissazione dei dittatori per i film Disney?”. Nel novembre del 2016 lo accolse nella sua versione integrale lo sceneggiatore e critico fumettistico Sauro Pennacchioli, sul suo anticonformista “Giornale Pop”, sito dedicato alla cultura di massa; e anche “Dime Web” (i “Quaderni bonelliani” curati dallo scrivente con Saverio Ceri) lo ripropose, quell’anno un mese dopo, a mezzo secolo esatto dalla scomparsa del grande Walt. Poi, nel settembre 2017, l’articolo servì come base di una conferenza tenutasi a Firenze nel circolo “Il Ghibellin Fuggiasco” di Lealtà & Azione, una serata affollatissima, patrocinata anche da “EreticaMente”: chi scrive fu relatore, con l’appoggio di Alfio Krancic, celebre vignettista di “area”. Ecco come pochi giorni prima annunciava l’incontro fiorentino il sito “Barbadillo”, in un flash firmato Ernesto Chavanton:
“Ve lo ricordate il saggio di Alessandro Barbera, ‘Camerata Topolino’? Il libro, assai agile e veloce, passando dalla vita di Walt Disney alle sue opere maggiori, come ‘Biancaneve e i sette nani’, ci spiegava che il grande narratore americano, nonostante i suoi lavori per bambini e i buoni sentimenti, non era certo uno di quei personaggi da uova di Pasqua tipici del buonismo internazionale, ma era anzi un grande critico della sua epoca e dell’American Way of Life. Dunque chi era davvero Walt Disney? Per saperlo potrebbe essere utile recarsi a Firenze giovedì 28 settembre, presso il Rifugio del Ghibellin Fuggiasco, dove Lealtà Azione, assieme alla rivista Ereticamente, presenterà la serata ‘Fumetto e Fascismo – i rapporti tra Walt Disney e Benito Mussolini’. Nell’incontro si parlerà, dando magari l’agognata risposta che molti si aspettano da decenni, del presunto incontro con relativa stretta di mano fra il fumettista e cartoonist americano con l’allora Duce d’Italia? C’è stato? L’episodio è avvolto nel mistero, ma certo è che alla produzione di Disney tutta la famiglia di Mussolini, a partire dai figli, fu interessata. D’altronde, il magnetismo dei personaggi come Topolino e Paperino non poteva certo sfuggire ad un intelligente maestro della comunicazione quale fu il protagonista del Ventennio. L’incontro si preannuncia molto interessante. Alla serata interverranno il vignettista Alfio Krancic e Francesco Manetti, sceneggiatore e critico di fumetti”.
Nel maggio del 2019 l’articolo servì – citando più volte l’autore e la fonte – all’edizione spagnola della rivista internazionale di moda e costume “Vanity Fair”, per imbastire un bel pezzo di colore. Negli anni l’intervento (la conferenza con Krancic e le varie riproposte, elettroniche e non) è stato più volte nominato in Rete, e talvolta alcuni passaggi sono stati ripresi “dimenticando” purtroppo di menzionarne l’origine. Infine il pezzo, rivisto e corretto, è approdato nuovamente in cartaceo, sul volume “Fumetto a ferro e fuoco”, firmato dal sottoscritto; il libro, arricchito da un’introduzione del giornalista Giuseppe Pollicelli è stato pubblicato in proprio per i tipi di Amazon nel marzo 2020.
Dopo tanti anni dall’uscita di “Fascismo, fumetto e cartone animato: Mussolini e Disney” è giunto il momento di aggiornare l’argomento – alla luce di nuovi ritrovamenti, di ulteriori approfondimenti e di uscite editoriali successive, cartacee e non – sul viaggio di Disney in Italia, sul suo incontro con Mussolini a Roma e sull’apprezzamento delle creazioni disneyane da parte del Duce e dei suoi famigliari. Come vedremo un grande aiuto, soprattutto bibliografico, ci è venuto dall’imprescindibile “Paperino reazionario” di Alessandro Barbera, uscito nel 2017. Nelle prossime parti di “Un altro Disney” indagheremo sui rapporti reali o presunti fra il cineasta e i socialismi nazionali, e ci occuperemo del Disney preteso anticomunista, antisindacalista, misogino, razzista… e via dicendo, cercando di separare ancora una volta il grano dal loglio; nel lungo periodo completeremo il discorso con nuove suggestioni riguardanti Walt Disney e la tradizione, l’esoterismo, la magia, il mito, etc., presenti o evocati nella produzione disneyana.
Benito & Walt colpiscono ancora: voci e testimonianze, prove e controprove
Nell’articolo pubblicato da “EreticaMente” nel 2014 (che vi consigliamo di leggere – o rileggere – perché introduttivo e complementare a questo nostro nuovo intervento) affermavamo che
“secondo noi l’incontro tra Mussolini e i Disney potrebbe esserci stato davvero”,
in quel fatidico luglio italiano del 1935, con un ragionamento che si basava su riflessioni personali basate su molti indizi e prove, testimonianze e fonti, tra cui il n. 4 della rivista fumettistica “If” del 1995 (che mi vedeva come redattore), sul quale apparve un’epocale intervista a Romano Mussolini. In quel colloquio il figlio del Duce parlava, tra mille altri aneddoti, della visita romana di Walt; l’intervista fu successivamente riproposta in volume, dando dunque nuova autorevolezza e veridicità agli argomenti in essa toccati. Varie altre fonti – in gran parte ispirate al saggio “Disney’s Grand Tour” di Didier Ghez pubblicato nel 2014 – negano invece che l’incontro fra Mussolini e Disney possa esserci stato e al limite ammettono che Disney abbia incontrato a Villa Torlonia solo Rachele Mussolini e i suoi figli, tra i quali appunto Romano, che aveva solo 8 anni all’epoca, ma non il Duce in persona; su Edda e Galeazzo Ciano non possono esserci dubbi
, perché i giornali dell’epoca ne parlarono diffusamente ed è conservato nell’archivio LUCE un filmato del 19 luglio 1935 dove vediamo i Disney accolti in pompa magna a Roma (da Luigi Freddi, futuro fondatore di Cinecittà) e, durante una serata di gala al Cinema Barberini di Roma, Walt e consorte sono ripresi mentre al cinema siedono accanto alla figlia di Mussolini e a suo marito. In Rete la festa tenutasi al Barberini è ormai molto nota, soprattutto dopo l’articolo di “EreticaMente”. Alcune fonti sembrano addirittura riferirsi a due incontri avvenuti fra Walt Disney e il Duce, in anni diversi: quello del 1935 e uno precedente, nel 1932; talvolta pare che gli incontri siano stati due, ma nello stesso giorno. Ci sono poi palesi inesattezze nelle varie fonti, per cui potrebbe riuscire difficile capire con chiarezza se, negli anni Trenta, Disney sia venuto in Italia una o due volte, e quando esattamente: nel 1932, nel 1934, nel 1935, nel 1936, nel 1937 o nel 1938? Nel 1966 si parlò anche, come prima visita di Disney in Italia, del… 1928!
Davvero un enigma, per molti, ma non per i lettori di “EreticaMente”. Non ci sono più dubbi, infatti, che il primo viaggio in Italia di Walt Disney sia avvenuto nel luglio del 1935, come tappa finale di un più vasto tour europeo; e solo in quell’occasione potrebbe aver incontrato il Duce (una o due volte, secondo le diverse fonti). Ho cercato di rintracciare dunque il numero più vasto possibile di voci, recenti e lontane, in Italia e all’estero, per rievocare con la massima attendibilità possibile quello storico evento.
Come vedremo meglio più avanti, già nel giugno del 1935 si ventilavano e programmavano da parte degli organizzatori della tappa italiana del tour europeo di Disney alcuni incontri “celebri” per il creatore di Topolino; queste voci cominciarono subito a essere diffuse a mezzo stampa, con tanto di date… papabili per un faccia-a-faccia tra Disney e il Papa o tra Disney e il Duce. Il prof. Stefano Gelsomini, un nostro prezioso contatto che studia le fonti del viaggio di Disney in Italia per una ricerca scolastica, ha scoperto che il 27 luglio 1935 un giornalista del periodico canadese “The Winnipeg Evening Tribune” intervistava William C. Erskine, dirigente e regista di cartoni animati della Disney; Erskine era in viaggio in Canada per occuparsi di merchandising e licensing dei prodotti che raffiguravano i personaggi disneyani (considerati come veri e propri “acceleratori di profitti”); riferendosi al fatto che al momento dell’intervista Walt Disney era ancora in Europa, ma che sarebbe presto tornato in America, il manager disneyano diceva testualmente:
“Lo scorso martedì Mr. Disney è stato ricevuto in udienza dal Papa e ha avuto un colloquio con Mussolini”
Ma qualcosa non torna con le date, perché se “lo scorso martedì” a cui si riferiva Erskine nell’intervista pubblicata il sabato 27 luglio 1935 fosse stato il 23 luglio i Disney non erano più a Roma, ma stavano visitando Pompei, tanto che il giorno dopo si sarebbero imbarcati sul transatlantico Rex per tornare negli USA; il martedì precedente, il 16 luglio, il gruppo era invece ancora a Milano… Comunque sia questa fonte è per noi interessante perché è una delle prime su stampa e perché ritiene certo l’incontro con il Duce. Didier Ghez (il celebre saggista disneyano di cui parleremo diffusamente più avanti) è stato contattato a tal proposito da Gelsomini, ma, aldilà delle incongruenze nelle date, non ritiene però influente questa testimonianza; secondo Ghez Erskine non era in diretto contatto con Disney, che comunicava dall’Europa agli USA esclusivamente via lettera, ma si basava, per le sue dichiarazioni al giornalista di Winnipeg, su un articolo apparso sui giornali statunitensi la settimana precedente dove si parlava di un imminente incontro con il Papa e di un colloquio con Mussolini; Ghez dice che l’udienza papale non è mai avvenuta (e su questo nessuno ha più dubbi) e che quasi al 100% nemmeno il meeting con Mussolini ebbe luogo (e su questo punto vedremo come ci sia molto da discutere).
Gli errori sulle date del viaggio si sarebbero propagati nei decenni. Un minimo di incertezza sulla datazione del viaggio di Disney in Europa potrebbe averla involontariamente creata la figlia stessa del cartoonist, Diane (1933 – 2013); nel 1957 uscì un volume biografico, “The Story of Walt Disney”, dove erano state raccolte e adattate le varie puntate di una lunga intervista rilasciata da Disney alla sua giovane figlia e al giornalista Pete Martin – un colloquio nato per essere pubblicato sul “Saturday Evening Post”; nel passaggio che più ci interessa Diane afferma che la prima volta che il padre pensò a un lungometraggio animato fu a Parigi, quando, nel 1935, ricevette una medaglia dalla Lega delle Nazioni; in città Walt vide infatti un cinematografo che non proiettava i suoi cartoni di Mickey Mouse come “antipasto” di un film a cui erano abbinati come avveniva negli USA, ma in cartellone da soli, cinque o sei tutti insieme; capì in quel momento che se qualcuno era disposto a pagare per vedere un’ora e più di cartoni animati e basta, allora avrebbe potuto funzionare economicamente anche un lungometraggio d’animazione. Si potrebbe obiettare: ma quale “incertezza”, se Diane dice chiaramente “1935”? Certo, ma l’idea di “Biancaneve” (il primo lungometraggio disneyano a cui si riferisce tutto questo ragionamento) risale alla fine del 1933 e la produzione fu avviata agli inizi del 1934, un anno e mezzo prima del Grand Tour europeo dei Disney; dunque il cineasta non poteva averci pensato per la prima volta nel frangente parigino. Magari, con il passare degli anni, qualcuno avrebbe pensato che se Disney aveva immaginato “Biancaneve” per la prima volta a Parigi, allora il viaggio europeo non poteva essere del 1935 ma, forse, del 1932!
Già, il 1932… Gli errori delle varie fonti italiane, che si sono protratti per decenni sulle più svariate pubblicazioni, fino ad arrivare all’era di Internet, hanno invece avuto tutti origine in un lungo e pittoresco articolo pubblicato dal giornalista e storico Guido Gerosa sul settimanale della Mondadori “Epoca”. Si tratta del n. 848 del 25 dicembre 1966, in parte dedicato alla morte di Disney, tanto da sfoggiare in una copertina bordata di nero a lutto con il celebre titolone “Topolino piange” e un bel Mickey Mouse triste, disegnato da G. B. Carpi davanti all’albero di Natale mentre versa una lacrima per la scomparsa del suo creatore. Gerosa, nel suo pezzo intitolato “Disney nella sua favola la morte non c’era”, scriveva:
“Nel 1932, a Roma, Mussolini ricevette Disney e gli parlò per mezz’ora di Topolino come se fosse stato un filosofo”.
Non ci è stato possibile stabilire se questo sia il primo accenno italiano su stampa dell’incontro fra i due, ma il fatto che se ne parli nel 1966 in una rivista della Mondadori, ovvero della casa editrice che fin dal 1935 aveva i diritti in esclusiva per la pubblicazione dei fumetti e dei libri illustrati disneyani in Italia, è sintomatico; Arnoldo Mondadori, che aveva ricevuto Disney nella sua villa pochi giorni prima che andasse a Roma, all’epoca di questo articolo era ancora vivente (sarebbe morto nel 1971); non si sarebbe parlato di un incontro così importante (e persino politicamente un po’ “imbarazzante” nel dopoguerra) su un settimanale mondadoriano se l’incontro stesso fosse stato destituito di ogni fondamento.
Resta però il “neo” dell’errata datazione: 1932 invece che 1935. Di sicuro Mondadori non lesse le bozze dell’articolo! Incredibili poi le inesattezze nelle didascalie delle immagini che fanno da corredo iconografico all’intervento di Gerosa. C’è una foto, autografata da Disney, che fu scattata a Villa Mondadori a Meina sul Lago Maggiore il 14 luglio 1935, nella quale si vedono Roy, Walt e Arnoldo; si nota a sinistra anche un gomito, ovvero il gomito di George Kamen, nipote di Herman “Kay” Kamen, che si occupava del merchandising per la Disney in Gran Bretagna; questa foto, con esatta attribuzione di data, viene anche usata da Didier Ghez nel suo saggio del 2014. Ma la didascalia di “Epoca” recita:
“Una foto con dedica autografa di Disney. È il 1928, a Meina: Disney viene per la prima volta in Italia, col fratello Roy, ed è ospite del suo editore Arnoldo Mondadori. Mondadori fu il primo in Europa a valutare il talento del padre di Topolino”.
Millenovecentoventotto? La prima striscia giornaliera di Topolino uscì negli USA nel gennaio 1930; in Italia, dopo un’effimera anticipazione sul periodico “L’illustrazione del popolo” nel 1930, i fumetti di Topolino cominciarono ad apparire sull’omonimo periodico pubblicato dall’editore fiorentino Nerbini solo a partire dal dicembre del 1932; nell’agosto del 1935 i diritti passarono definitivamente alla Mondadori, che già da qualche mese pubblicava altre storie disneyane (come quelle tratte dalla serie a cartoni “Silly Symphonies”); Disney incontra Mondadori nel luglio 1935 proprio per definire gli ultimi aspetti di questo delicato passaggio di consegne; nel 1928 Mondadori non poteva dunque essere l’editore di Disney, visto che in quell’anno era appena uscito in America il primo cartone animato di Topolino, non il primo fumetto; e Mondadori non fu certo “il primo in Europa” a capire l’importanza dei fumetti Disney (casomai Nerbini).
A tal proposito Mario Nerbini – che pubblicava il “fascistissimo” settimanale satirico “420” e che fu il vero primo editore italiano di Topolino – sentito nel 1966 da Francesco De Giacomo, ricordava della sua “resistenza” nei confronti di chi (nel 1938 in seguito alle direttive ministeriali contrarie al fumetto d’importazione) voleva che eliminasse tutti gli eroi americani dalle sue testate:
“Allora avevo un ascendente politico”, sostenne Nerbini. “Conoscevo molto bene Mussolini, insomma… sapevano che potevo andare quando volevo, da Mussolini, e quindi… insomma cercarono di farmi del male, ma non ci riuscirono.”
E riguardo all’apprezzamento dei Mussolini per la Banda Disney affermava:
“Dicevano anche che a Villa Torlonia aveva una piccola sala cinematografica dove faceva proiettare questi film, questi cortometraggi di Topolino”.
L’editore newyorkese Simon and Schuster pubblicò nel 1968 la prima biografia critica del grande artista, “The Disney version”, scritta da Richard Schickel. In un passaggio si ricorda un articolo scritto da Disney nel 1933 (che più probabilmente era un discorso pubblico adattato ad articolo da un giornalista) in cui il cineasta affermava che
“Mussolini portava i suoi famigliari a vedere ogni cartone animato di Topolino che usciva”.
E il Duce veniva elencato dall’autore fra quegli statisti che nei loro paesi avevano
“favorito Disney in generale e il Topo in particolare.”
Nel 1968, intervistato da Richard Hubler, Roy O. Disney, fratello di Walt e suo compagno di viaggio in Europa nel 1935, si espresse in questi termini, parlando di Mussolini:
“Walt fu ricevuto da Mussolini durante quel viaggio. Mussolini conosceva Walt e fu molto, molto cordiale e conversammo a lungo sui nostri cartoni. Parlava un inglese corretto. Aveva un ufficio grande… davvero enorme. Lui era seduto in un angolo e noi dovemmo attraversare tutta la sala. Il signore che ci accompagnava calzava un paio di quelle scarpe italiane scricchiolanti che tutti conosciamo. E così, a forza di ‘gniic, gniic, gniic, gniic’, ci condusse da Mussolini. Lui era seduto là, e rimaneva un po’ in ombra, mentre noi eravamo illuminati da una lampada. Fu molto piacevole e cordiale. Ci parlò con vanto anche dei treni. ‘Ora potete viaggiare sicuri sui treni. Fino a un anno fa capitava che venissero fermati e assaliti dai rapinatori. Ora non lo fanno più’…”.
Avevamo già riportato su “EreticaMente” questo aneddoto, ma ci è sembrato opportuno ritornarci sopra perché si tratta di un fonte diretta e fra le più attendibili (anche se il colloquio di Roy con il giornalista ebbe luogo 33 anni dopo il “fatale” incontro). L’intervista è stata riproposta nel 2009 in uno dei volumi della serie “Walt’s People” della Hyperion, una collana curata da Didier Ghez (con i contributi dell’esperto italiano Alberto Becattini) che raccoglie le più svariate testimonianze famose su Walt Disney.
A cavallo fra il 1968 e il 1969 lo storico Ezio Ferraro pubblicò sulla rivista “Sgt. Kirk” una lunghissima “Storia del giornalinismo italiano” in quattro puntate, riccamente illustrata. Si tratta di uno dei più approfonditi e ancor oggi validi saggi mai scritti sul fumetto nell’Italia dell’anteguerra, quello pubblicato su riviste per ragazzi in formato giornale – come “L’Avventuroso”, “L’Audace”, “Il Vittorioso”, “L’Intrepido”, “Topolino”, etc. – fra il 1932 e il 1943. Avrebbe origine in questo straordinario articolo di 52 pagine quella che anni dopo sarebbe stata sfatata come “leggenda” o “esagerazione”. Fra i protagonisti della vicenda ci fu anche il giornalista, combattente e politico Ezio Maria Gray: partecipò alla Marcia su Roma, fu vicepresidente della Camera, fu presidente dell’EIAR e direttore della “Gazzetta del Popolo” (succedendo ad Ather Capelli, che fu ucciso dal terrorismo gappista) durante la RSI e nel dopoguerra fu parlamentare e vicesegretario del MSI oltre che direttore del “Nazionale”; nel 1938 era membro della commissione di “bonifica libraria” che doveva decidere quali fumetti americani non erano più adatti alla stampa per ragazzi italiana.
“Quando Gray sottopose a Mussolini la lunga lista del materiale da mettere all’indice”, rievoca Ferraro, “con sorpresa vide ritornare il foglio con una postilla autografa del duce: ‘eccetto Topolino’. Il personaggio era il beniamino dei suoi ultimogeniti, Romano e Anna Maria. Di quest’ultima il periodico mondadoriano aveva anche riprodotto un disegno”.
Verità o diceria? Gli autori di “Eccetto Topolino”, il volume edito da NPE nel 2011, che nel titolo si ispirava proprio a quella celebre “postilla”, scrissero a tal proposito:
“Ezio Ferraro, da noi interpellato, non è più in grado di documentare la sua affermazione, che – come molte altre – deriva da una delle sue fonti confidenziali, a tanti anni di distanza non sempre identificabili con sicurezza. Difficile che la cosa si davvero avvenuta: nonostante le cariche, Gray non ha mai rivestito alcun ruolo all’interno del Ministero della Cultura Popolare.”
Il n. 149 della rivista “Historia”, pubblicata da AMZ, risale all’aprile 1970. In copertina vi è un eterogeneo collage di personaggi del comic internazionale; uno “strillo” in rima informa che “fra libro e moschetto non c’è posto per il fumetto”; il titolo impressiona: “Fuorilegge! Trenta anni fa proibiti gli eroi di carta”; all’interno appare l’articolo “Non piacevano al duce gli eroi dei fumetti”, scritto da Giuseppe Arcari. Secondo il giornalista, i fumetti di Flash Gordon arrivarono in Italia il 15 gennaio 1935, sul periodico di Nerbini “L’Avventuroso”: contenitore giusto ma data sbagliata, visto che la pubblicazione di Gordon era iniziata il 15 ottobre 1934, tre mesi prima esatti. Comunque sia, raccontava Arcari, alla vista di Gordon Mussolini ebbe un soprassalto; chiamò Dino Alfieri (all’epoca presidente della SIAE) e gli disse:
“Bisogna controllare questa paccottiglia. Non voglio che la stampa per ragazzi si imbastardisca a questo punto… Posso tollerare al massimo quel topo con le sue storie di animali cattivi e buoni, ma questa fantasia, queste macchine, queste donne seminude, no!”
Aldilà dell’involontario umorismo che nasce da questa opinabile rievocazione con un Duce esageratamente “bacchettone”, esatta è l’indulgenza di Mussolini per Topolino, testimonianza ulteriore della sua preferenza per la produzione disneyana. Un incontro con il cartoonist americano, sei mesi dopo questo evento, sarebbe stato plausibile proprio alla luce di questo interesse del Duce.
Nel 1973 apparve la prima edizione di “The Art of Walt Disney” di Christopher Finch, un volume riccamente illustrato sulla carriera artistica del grande cineasta e dei suoi collaboratori. Secondo lo storico sarebbe stato il direttore d’orchestra Arturo Toscanini a invitare Walt Disney a casa sua in Italia, dopo aver visto (per ben sei volte) il cortometraggio animato di Topolino “The Band Concert” (“Fanfara”) del 1935, dove la Banda Disney si scatena in una folle prova d’orchestra; l’aneddoto fu confermato nel 2006 da Neal Gabler nel suo “Walt Disney: the triumph of the americani imagination”. Disney sarebbe davvero venuto in Italia, proprio nel 1935, ma non per Toscanini.
Gherardo Casini negli anni Trenta era il Direttore Generale del Ministero della Cultura Popolare e si occupò dell’applicazione delle direttive del 1938 contro il fumetto americano. In un’intervista rilasciata nel 1974 al giornalista Francesco De Giacomo ricordava che i figli più giovani di Mussolini leggevano “Topolino”; non risultava però a Casini che il Duce si fosse mai interessato direttamente alla faccenda dell’esclusione dei fumetti disneyani dalle direttive, tanto meno con la segnalazione autografa “eccetto Topolino”.
Nel 1976 uscì con il marchio Simon and Schuster il saggio “Walt Disney, an american original”, scritto da Bob Thomas, un giornalista della Associated Press specializzato in biografie, morto ultranovantenne nel 2014; nel 1980 fu pubblicata la versione italiana; Bob Thomas rivide completamente il suo lavoro nel 1994, licenziando una nuova edizione per Hyperion Press; il nome di questa casa editrice, che pubblica saggistica disneyana ufficiale, ovvero approvata dalla WDP, deriva da Hyperion Avenue a Hollywood, sede negli anni ’30 dei primi Disney Studios. Il libro, riguardo ai motivi del viaggio dei Disney in Europa nel 1935, parla di uno stato profondo di stress che avrebbe colto Walt a causa del tremendo impegno per la lavorazione di “Biancaneve” (un medico gli praticava continue iniezioni per un deficit della tiroide); l’autore si sofferma quasi unicamente sulla tappa parigina, dove Walt ricevette la Medaglia D’Oro della Lega delle Nazioni per Topolino. Per quanto riguarda l’Italia Thomas scrive un’unica frase:
“A Roma i Disney furono ricevuti da Benito Mussolini nel suo enorme ufficio”.
Se prestiamo fede a quanto Roy Disney sostenne nel 1968 conversando con Hubler si tratterebbe dell’ufficio di Palazzo Venezia (oppure del suo studio privato a Villa Torlonia). La nuova versione della biografia di Thomas era stata autorizzata dalla Disney e aveva avuto l’avvallo di Diane Disney Miller, figlia di Walt, all’epoca sessantenne. Se il “delicatissimo” riferimento a Mussolini fosse stato falso sarebbe stato tolto dall’autore o dall’editore.
Nel 1978, quando Topolino arrivò a compiere 50 anni, Bernardino Zapponi sul settimanale gauchista “L’Espresso” fece un dubbio parallelo tra Mickey Mouse e Mussolini:
“Mussolini e Topolino sono i due grandi rassicuratori dell’epoca: il primo, che è più mamma che papà (la sua carnosità da massaia, la burbera affettuosità, il bel sorriso sulla faccia bruna romagnola) fa dormire calmi i bambini (…); mentre Topolino-folletto, simbolo dello spirito inteso anche come umorismo, indomabile, non pieghevole, induce al sogno e all’emulazione”.
Parla dell’incontro fra il Duce e Disney anche il critico Franco Fossati nel suo saggio “Topolino: storia del topo più famoso del mondo”, pubblicato da Gammalibri nel 1980. Fossati, elencando Benito Mussolini fra i “fan più celebri” di Walt Disney, riporta semplicemente quanto aveva scritto quattordici anni prima Guido Gerosa su “Epoca” (compresa l’errata datazione del 1932). Per quanto invece attiene al Grand Tour europeo Fossati scrive che Walt Disney, fra i mille premi che aveva ricevuto in giro per il mondo, teneva molto
alla medaglia ricevuta nel 1934 dalla Lega delle Nazioni per Topolino quale ‘simbolo internazionale di buona volontà’ “.
Si tratta del riconoscimento ottenuto a Parigi, nella cerimonia che, come sappiamo, avvenne però nel 1935, non nel 1934. Fossati contribuisce dunque a creare il “mito” delle due visite di Disney in Europa (e in Italia): 1932 e 1934, in questo caso. Sulla vicenda delle direttive ministeriali del 1938, che proibirono i fumetti d’importazione e sullo strano “salvataggio” di Mickey Mouse, anche Fossati racconta la sua versione (riprendendo in gran parte le tesi riportate da Ferraro su “Sgt. Kirk”):
“ ‘Topolino’, almeno inizialmente, non ebbe grossi problemi col MinCulPop e la fascistizzazione fu sempre ridotta al minimo. Un po’ perché dava da sempre spazio agli autori italiani, e un po’ perché la produzione Disney fu a lungo esclusa da tale divieto. Secondo la ‘leggenda’, quando Ezio Maria Gray, un alto funzionario del Ministero, sottopose a Mussolini la lunga lista dei personaggi del fumetto da mettere all’indice, si vide tornare il foglio con una postilla autografa: ‘Eccetto Topolino’. Il personaggio disneyano era infatti il beniamino dei suoi ultimogeniti: Romano era abbonato dal 1936, un disegno di Anna Maria era stato pubblicato nella piccola posta, Vittorio stava per diventare ‘supervisore speciale’ per la riduzione a fumetti di ‘Luciano serra pilota’, il famoso film di Goffredo Alessandrini interpretato da Amedeo Nazzari, realizzato da Walter Molino e pubblicato nel 1939 su un altro settimanale mondadoriano, ‘Paperino’ “.
“In trappola col Topo” di Antonio Faeti esce per Einaudi nel 1986. Si tratta di “una lettura di Mickey Mouse” estremamente personale, coltissima, ricca, stracolma di divagazioni in ogni ambito dello scibile umano (celebre la lunghissima trattazione introduttiva sui tribolati rapporti fra umanità e topi). Faeti non fa alcun cenno all’incontro fra Mussolini e Disney, ma parla di ideologia disneyana con spericolati accostamenti all’era del New Deal roosveltiano e al fascismo mussoliniano.
“Paralleli” era una rivista monografica pubblicata dalla Domus. Il n. 6 dell’aprile 1992 fu dedicato a Walt Disney e fu curato dai quattro massimi esperti del settore: Alberto Becattini, Luca Boschi, Leonardo Gori e Andrea Sani. Nel capitolo “Un piccolo grande topo”, scritto da Luca Boschi, si fa riferimento al tour europeo del 1935 quando Disney, intervistato da un giornalista londinese, parlò delle origini di Mickey Mouse.
“The ultimate Disney trivia book” di Kevin Neary e Dave Smith, pubblicato da Hyperion nel 1992, è un libro che ripercorre la storia di Walt Disney
e della sue creazioni attraverso un gioco di domande e risposte. Nel capitolo “Walt Disney e la sua eredità” la domanda n. 34 recita: “Nel 1935 quale organizzazione internazionale onorò Walt Disney per la creazione di Mickey Mouse?”. La risposta è inequivocabile: “La Lega delle Nazioni onorò Walt a Parigi, nel 1935”. Si tratta di una conferma del 1935 come anno esatto del viaggio europeo dei Disney.
Nel 1992 David Forgacs pubblicò su “Screen” n. 33 un articolo intitolato “Disney animation and the business of childhood”. In un breve passaggio sulla fortuna che ebbe Mickey Mouse fra gli statisti europei negli anni Trenta, Forgacs scrive che
“Mussolini ricevette Walt Disney durante la sua visita a Roma nel 1935 e gli diede una sua foto autografata”.
Quello stesso anno il prof. Forgacs, in un altro intervento (riportato nel volume “Eccetto Topolino”), aveva ricordato la questione “Pinocchio”, i cui fumetti disneyani avevano riscontrato per la pubblicazione in Italia alcuni problemi di diritti. Il 21 giugno 1940 Arnoldo Mondadori scrisse al Segretario Particolare del Duce dott. Osvaldo Sebastiani, per sapere se Mussolini avesse gradito la proiezione del cartone animato disneyano “Pinocchio”; era stato infetti riferito a Mondadori che il Duce aveva voluto vedere il lungometraggio in anteprima, avendo particolarmente gradito anni prima “Biancaneve”; ma la risposta di Sebastiani fu negativa, in quanto “Pinocchio” non sarebbe visto dal Duce, ma dal figlio Vittorio, che si occupava di cinema.
Il “Dizionario dei cartoni animali” di Marco Giusti fu pubblicato nel 1993 da Vallardi; il gioco di parole nel titolo si riferisce alla gran quantità di personaggi animali antropomorfi; alla voce “Mickey Mouse” il Duce viene citato per ben due volte. In un primo punto, considerando Topolino figura “decadente”, Giusti precisa:
“I suoi grandi stimatori da Ejzenštein a Mussolini lo rendono un culto demodé, un po’ passato”.
E più avanti:
“Perfino Mussolini è un fan del topo anche negli anni dell’autarchia”.
Nel 1993 Marc Eliot, un esperto di musica rock e di cinema, pubblica “Walt Disney – Hollywood’s Dark Prince”, tradotto in Italia da Bompiani nel 1994 (“Il principe nero di Hollywood – Walt Disney”), una biografia non autorizzata, parallela e oscura del papà di Mickey Mouse. Nel 2001 Antonio Faeti, che non gradiva il libro, scrisse che si trattava di una sorta di “lettera anonima firmata” compilata contro Disney. Secondo Eliot la vita di Disney sarebbe stata un continuo rincorrersi di menzogne, di giri di valzer in campo politico, di scandali sessuali, di spionaggio, di fascismo, di nazismo, di razzismo, di alcolismo, di violenza, di squilibri psichici, di soprusi verso i suoi dipendenti, di anti-sindacalismo, di anti-comunismo e così via. Torneremo più volte, nel corso di questi nostri interventi disneyani sul libro di Eliot, che negli anni a venire avrebbe “fatto scuola” per chiunque volesse muovere critiche pesanti verso la Disney e il suo fondatore. In un passaggio Eliot parla del Grand Tour europeo del 1935, collocandolo però per errore nel 1937, e dice chiaramente che a Roma
“gli furono concesse udienze private sia dal papa sia da Mussolini”.
Il Duce viene evocato da Eliot anche in un altro passaggio, quando parla dell’incontro avvenuto agli inizi del 1930 fra il cineasta e il suo nuovo distributore, Harry Cohn, il potente co-fondatore e presidente della Columbia Pictures:
“Cohn, spesso chiamato dalla stampa ‘la persona più sgradevole di Hollywood’, era un uomo dai lineamenti grossolani, tozzo e mezzo calvo, che teneva sempre un sigaro tra i denti. La sua rassomiglianza con Al Capone era rafforzata dai suoi modi da duro, che lo facevano odiare e temere dai magnati rivali di entrambe le coste. Gli impiegati della Columbia chiamavano il corridoio che conduceva al suo ufficio ‘l’ultimo chilometro’. Cohn era noto anche per la sua ammirazione per Mussolini, talmente forte da avergli fatto trasformare il suo ufficio di New York in una replica esatta di quello del duce. Il suo motto preferito era ‘Non mi ammalo mai di ulcera, la faccio venire agli altri’ “.
Lo stesso ufficio, quello di Mussolini, che vari decenni dopo Roy Disney avrebbe descritto nella nota intervista rilasciata a Richard Hubler alla fine degli anni Sessanta, dove confermava l’incontro del 1935 fra Walt (con il fratello) e il Duce.
Nell’ottobre del 1995 il quotidiano “la Repubblica”, nell’articolo intitolato “Quando il Duce ordinò: Proiettate Biancaneve“, anticipò (con alcune inesattezze) i contenuti di “If” n. 4, dando spazio per la prima volta sulla stampa a larga tiratura al (vero o presunto) summit Mussolini-Disney rivelato da Romano:
“I fumetti, il lato debole del Duce: Mussolini emozionato davanti a ‘Biancaneve e i sette nani’ tanto da volerlo rivedere più volte, Mussolini pronto a rompere l’embargo per proiettare ‘Fantasia’ a villa Torlonia, Mussolini che interviene per cancellare il nome di Walt Disney dalla lista dei fumetti stranieri banditi dall’Italia durante il fascismo, Mussolini che canticchia ai figli la colonna sonora de ‘I tre porcellini’. Così lo ricorda il figlio Romano che in un’intervista allo storico del fumetto Francesco De Giacomo, pubblicata sul prossimo numero di ‘Immagini e Fumetti’, rivela i curiosi legami tra il Duce e un tipo particolare di eroi, non certo temprati nell’ acciaio, bensì disegnati sulla carta. ‘A Roma, nel ‘ 35, – ricorda Romano Mussolini – l’incontro tra il Duce e Walt Disney fu simpaticissimo e cordialissimo. Il Duce portò Disney a villa Torlonia, si parlò di Topolino, di Minnie e Paperino’. Benito Mussolini era un appassionato del mondo dei comics, amore che il Duce divideva in famiglia con i suoi cinque figli. Così, nel ricordare il famoso provvedimento di Ferdinando Mezzasoma, direttore generale del ministero della Cultura popolare, che nel ’38 chiuse le frontiere a tutti gli albi americani, Romano mette in evidenza un curioso aspetto della famiglia Mussolini, tutta schierata a favore del ‘nemico’ Walt Disney.”
Nell’intervista rilasciata a “If” nel 1995 Romano Mussolini dichiarava testualmente:
“Nel pomeriggio, dopo essere stato ricevuto a Palazzo Venezia, Disney venne anche a Villa Torlonia. Era l’estate del 1935.”
Dunque Romano lasciava intendere che Disney e Mussolini si erano incontrati (presumibilmente la mattina) a Palazzo Venezia; poi il cartoonist era andato a Villa Torlonia per un pranzo con la famiglia Mussolini (al quale non si sa se partecipò anche il Duce, anche se pare molto probabile, vista anche la foto con autografo presente negli Archivi Disney). Per approfondire questa vicenda vi rimandiamo all’articolo di “EreticaMente” del 2014.
Quel numero di “If” fu persino recensito dal quotidiano francese “Libération”, il 2 ottobre 1995, nell’articolo “Benito Mussolini fan de Mickey”; si parla delle dichiarazioni di Romano e della visita “amichevole” di Walt Disney a Villa Torlonia.
“Disney Comics” di Alberto Becattini fu pubblicato da Comic Art nel 1995. Si tratta di uno dei più importanti saggi a livello internazionale sul fumetto disneyano. Becattini interviene una prima volta sul rapporto Disney-Mussolini parlando della sequenza di strisce giornaliere “Mickey Mouse on a Secret Mission”, conosciuta in Italia con il titolo di “Topolino nella Seconda Guerra Mondiale”, disegnata da Gottfredson e apparsa a puntate sui giornali americani dal 19 luglio al 23 ottobre 1943:
“Esasperò Hitler e provocò un vero e proprio caso internazionale. Sin dal 1935 Mickey Mouse era stato bollato dal Führer come ‘nemico del Terzo Reich’ e i suoi film avevano cessato di essere distribuiti in Germania. Adesso infuriato dalla notizia di quella storia a fumetti che prendeva sonoramente in giro i gerarchi nazisti, Hitler intimò al suo alleato Mussolini non solo di impedire che apparisse in Italia, ma addirittura di interrompere le pubblicazioni del settimanale ‘Topolino’. Il Duce non osò dire di no e nel dicembre 1943 il ‘Topolino giornale’ scomparve dalle edicole”.
In realtà le cose andarono un po’ diversamente, soprattutto per quanto riguarda l’animazione disneyana in Germania, che Hitler gradiva particolarmente; come regalo di Natale del 1937 Goebbels regalò a Hitler una selezione di cartoni animati di Mickey Mouse; tra l’altro, i successi di Disney anche sul fronte della propaganda politica e bellica, spinsero tempo dopo le alte cariche nazionalsocialiste alla creazione di una fiorente scuola di animazione germanica che ebbe in Hans Fischerkoesen la sua star; nel tour europeo la tappa tedesca fu molto proficua e Disney nel 1935 non era certo (ancora) considerato un “nemico”. Ci interessa però soprattutto il secondo passaggio in cui Becattini cita Mussolini nel suo volume, quando affronta il tema delle direttive ministeriali del 1938 tese a ridurre e poi eliminare il fumetto d’importazione americana dalle testate per ragazzi:
“Il materiale disneyano, al 90% di produzione americana, non risentì particolarmente (almeno all’inizio) di questa situazione. Mussolini, infatti, fece in modo che Topolino & C. sfuggissero alla falcidia del Ministero, anche perché i suoi figli (e lui stesso) ne erano tra i più accaniti fans. Secondo un’altra versione, la decisione di mantenere il Topo al suo posto fu il risultato di un incontro segreto tra il Duce e Walt Disney in persona, svoltosi nella Villa di Arnoldo Mondadori nel 1938”.
Becattini è l’unico che ricostruisce così la nota vicenda; Mussolini e Disney si sarebbero incontrati non a Roma nel 1935 (a Palazzo Venezia o a Villa Torlonia o in entrambi i luoghi), ma tre anni dopo, nella Villa mondadoriana di Meina su Lago Maggiore, segretamente! Forse l’inesattezza deriva dal fatto che nel 1938 Mondadori incontrò davvero un Disney, ma si trattava di Roy, che tornò in Italia senza Walt per questioni prettamente commerciali.
Per convenzione il fumetto in senso moderno (vignette messe in sequenza per raccontare una storia, con i dialoghi nelle “nuvolette” e alcuni “effetti speciali” propri di questo nuovo linguaggio, quali le onomatopee, le linee di velocità e altri codici) nasce nel 1896, con l’inizio della serie di “Yellow Kid” sui giornali americani di Hearst; i lettori di “EreticaMente” conoscono questa vicenda perché ne abbiamo parlato negli anni scorsi. Nel 1996 una mostra e un volume celebrarono il centenario dei fumetti; il libro-catalogo della Electa si intitolava “Gulp! 100 anni a fumetti: un secolo di disegni, avventure, fantasia”; curato da Ferruccio Giromini e altri trattava la storia fumettistica decennio per decennio. Nella parte riservata agli anni ’30 si poteva leggere:
“Da parte sua l’Italia fascista avvia prestamente una produzione autarchica di ‘cineromanzi’ – questa la dizione ufficiale di regime – da opporre al temuto colonialismo culturale degli Stati Uniti; è notoria ad esempio la predilezione dei figli di Mussolini, e del duce medesimo, per i i personaggi di Walt Disney, che a livello ufficiale dovrebbero essere perseguiti quanto tutti gli altri characters di provenienza d’Oltreoceano, ma che finiscono per beneficiare di qualche dilazione e trattamento di favore”.
Il 23 aprile del 1996 l’agenzia nazionale di stampa Adnkronos, recensendo nell’articolo “Topolino salvato da censura per far piacere a Disney” un libro pubblicato dalla ricercatrice francese Sylvie Martin Mercier (“Tra fascismo e democrazia. Propaganda e mezzi di comunicazione di massa”), affermava esserci addirittura stata una
“amicizia personale tra Benito Mussolini e Walt Disney, uniti nella comune opposizione alla politica del New Deal del presidente a
mericano Franklin Delano Roosevelt”.
Sarebbe stata questa “amicizia”, secondo la Martin Mercier, a far sì che Topolino fosse escluso dalle censure del 1938 contro il cartooning straniero, e non l’insistenza dei figli del Duce (come raccontava anche Romano) e la simpatia “artistica” di Mussolini stesso verso la produzione disneyana.
“In realtà”, spiegava la ricercatrice, “Mussolini aveva una serie di contatti segreti con Disney grazie agli ambienti americani a lui vicini, come quelli dell’editore Hearst, che sotterraneamente si opponevano alla politica riformista di Roosevelt”.
Non è certo un “segreto” che Mussolini, con la collaborazione di Margherita Sarfatti, avesse più volte pubblicato sui giornali del gruppo Hearst (dal 1928 al 1936, con un’esclusiva a partire dal 1931); a quanto si dice vi scrisse persino Adolf Hitler. Ma la cosa singolare è che Romano Mussolini, che, come sappiamo, raccontò a “If” nel 1995 della pressione che lui e i suoi fratelli avrebbero esercitato sul padre a favore di Disney, l’anno successivo smentì in parte le sue stesse parole, conversando con la Adnkronos:
”Non credo che mio padre si sia fatto influenzare da un bambino come me oppure da mia sorella Anna Maria, anche lei accanita lettrice di fumetti, anche se forse nella sua decisione una certa vena sentimentale a noi attribuibile ci può essere stata. Credo invece che abbiano contato maggiormente i rapporti tra mio padre e Walt Disney, che una volta fu accolto dalla nostra famiglia anche a Villa Torlonia”.
Romano dunque smentiva (in parte) la “pressione”, ma dava nuova conferma della visita di Disney a Villa Torlonia e dei rapporti “amichevoli” t
ra il cineasta e Duce.
Una disgressione. Per quanto ancora riguarda i contatti fra i Mussolini e il mondo dello spettacolo statunitense (Vittorio, per esempio, era stato a Hollywood, dove incontrò Hal Roach, il mago delle commedie umoristiche; Benito Mussolini, come raccontava anche la Petacci nei suoi diari, adorava Stanlio & Ollio; etc.), secondo Edwin Cox – che fra il 1938 e il 1943 scrisse i testi di “Private Lives”, una serie USA illustrata da Jack Bliss – la Contessa Edda Ciano, si esprimeva fluentemente in “slang” americano. C’è da dire che questa curiosa serie semi-fumettistica, incentrata sui pettegolezzi e sulle curiosità private dei personaggi famosi, distribuita sui giornali americani con il sistema della “syndication” (lo stesso che viene usato per le strisce a fumetti), prendeva continuamente per i fondelli i massimi esponenti dei fascismi europei, con un particolare accanimento verso i capi del Nazionalsocialismo e verso Galeazzo Ciano. Di Romano Mussolini (definito “il bambino del Duce”) si disse che una volta gli fu messa come guardia del corpo una “Camicia Nera travestita da lavandaia”. Anche Francisco Franco cadde sotto la “scure” di Cox; in una tavola del 1939 si affermava che
“il generalissimo può anche mettere al muro centinaia di persone ma ha un’infatuazione per i cartoni animati di Topolino; interromperebbe qualsiasi affare di stato per vederne uno”.
Walt Disney appare nella sequenza di ritratti una sola volta, per informare i lettori che è un amante dei ciondoli per braccialetto e che ne ha fatti fare diversi per sua moglie, uno per ogni personaggio da lui creato…
Alla fine del 1996 fu pubblicato dalle Edizioni Dedalo “Le nuvole parlanti” di Pietro Favari, una storia molto di parte del comic internazionale. Alla fine del volume l’autore, parlando dell’Italia durante il Fascismo, rievoca le ben note “direttive” del Ministero della Cultura Popolare del 1938, per cui fu posto un freno all’importazione dei fumetti stranieri, “facendo eccezione per le creazioni di Walt Disney, che si distaccano dalle altre per il loro valore artistico e per sostanziale moralità”, secondo le parole del ministro Alfieri. Un riflesso dell’amichevole incontro fra il Duce e Walt Disney di tre anni prima? L’editore Nerbini rispose con un comunicato dove prometteva di ridurre le pagine di fumetti americani e di stimolare la produzione italiana.
“Nell’Italia fascista”, chiosa Favari, “vigeva ormai l’autarchia anche per gli eroi di carta. Unica eccezione Topolino, perché piaceva al Duce e ai suoi figli e inoltre aveva pubblicato sulle pagine del suo settimanale un disegno della piccola Edda”.
Quando si parla di Walt e Benito l’errore è sempre dietro l’angolo, visto che il disegno citato da Favari fu tratteggiato da Anna Maria Mussolini (1929 – 1968) nel 1938 e pubblicato da “Topolino” nel 1939, e non certo da Edda, che era nata nel 1910 e sarebbe stata un po’ “grandicella” per queste cose! E Mickey in una vignetta dove viene raffigurato un immaginario parlamento politico degli eroi a fumetti, viene infine arruolato da Favari tra i “qualunquisti” di centro-destra.
“The Magic Kingdom – Walt Disney and the american way of life” è un interessante e poderoso saggio di sociologia disneyana, pubblicato nel 1997 da Steven Watts per i tipi della Houghton Mifflin Company. In un brano sulle opinioni politiche di Walt Disney, secondo l’autore mai del tutto rivelate, si riporta un passo di un’intervista rilasciata dal cartoonist alla rivista “Overland Monthly”; Disney spiegava ai lettori che Mickey Mouse era apprezzato da molte autorità internazionali
“da Re Giorgio alla Regina Mary, da Mussolini a Roosevelt e famiglia”.
Nel 1999 la Hyperion pubblicò un libro riccamente illustrato dedicato al centenario del grande cartoonist: “Disney, the first 100 years”, scritto da Dave Smith e Steven Clark. Ogni anno della vita e della carriera del fondatore veniva sinteticamente analizzato. Nel capitoletto sul 1935 si legge:
“Per celebrare i loro decimi anniversari di nozze e perché Walt era oppresso dal lavoro e stressato, Roy lo convinse che avrebbero dovuto prendere le rispettive mogli e partire per una lunga vacanza in Europa. A Parigi Walt fu omaggiato con una medaglia della Lega delle Nazioni”.
Da notare che Walt e Roy si erano sposati nello stesso anno, il 1925.
Nel febbraio del 2001 esce presso University of Texas Press il libro “Class struggle in Hollywood 1930 – 1950” di Gerald Horne. A pagina 123 anche questo autore dà per certo l’incontro, a Villa Torlonia, ma lo colloca – seguendo la datazione errata di Eliot – nel 1937:
“Durante le riprese di Biancaneve Disney visitò l’Italia e fu ricevuto da Mussolini in persona nella sua villa privata”.
Ringraziamo il prof. Stefano Gelsomini per averci segnalato questo volume, segnalazione che ci ha permesso anche di colmare una lacuna nelle fonti citate da Barbera in “Paperino reazionario”, come vedremo più avanti.
“Lo zio d’America, 100 anni di Walt Disney” è una monografia disneyana apparsa su “Hamelin” n. 2 nel novembre 2001. Si tratta di un lavoro a più voci; nel suo intervento Antonio Faeti critica il volume di Marc Eliot, facendo un riferimento al Duce:
“In tante pagine del suo libro Eliot scrive che Disney è stato un fascista, grande amico personale di Mussolini, un antisemita, un padrone iniquo, un bacchettone moralista.”
“Camerata Topolino – l’ideologia di Walt Disney” di Alessandro Barbera fu pubblicato da Stampa Alternativa di Baraghini nel dicembre 2001. Il titolo rimanda a “Camerata Linus”, una raccolta di articoli di Gianfranco De Turris, apparsi nei primi anni Ottanta su “Linus” e testate collegate, pubblicata da Settimo Sigillo nel 1987. “Camerata Topolino” è un saggio estremamente importante per avvicinarsi alla visione politico-sociale del cineasta californiano. Barbera definisce Disney un “conservatore-rivoluzionario”, utilizzando secondo noi una felicissima espressione di filiazione spengleriana e e moelleriana (la “rivoluzione conservatrice” sarebbe un punto di incontro fra due ideologie apparentemente conflittuali, e fu indagata efficacemente da studiosi come Armin Mohler e Luca Leonello Rimbotti). Nel primo capitolo il saggista dichiara che Disney era lontanissimo dall’ideologia roosveltiana, tanto che
“nel 1932 e poi nel 1937 Disney incontra Mussolini”.
Nel 1932 e nel 1937, non unicamente nel 1935. Per quanto riguarda il 1932 abbiamo visto che l’errore di datazione è dovuto in origine all’articolo di Gerosa pubblicato su “Epoca” nel 1966. Per la seconda data la fonte di Barbera potrebbe essere stata il libro di Eliot che, come sappiamo, parlava erroneamente del 1937 (in riferimento al viaggio europeo dei Disney), o il saggio tedesco del 1993 “Come Topolino è caduto in mano dei nazisti”, scritto da Carsten Laqua (ce ne occuperemo nelle prossime parti), che più avanti il saggista cita, tornando a parlare di Disney/Mussolini:
“Sul terreno politico, Disney avrebbe mostrato simpatie per Mussolini. In più, avrebbe frequentato, verso la fine degli anni Trenta, le riunioni del partito nazista americano. Nel 1937 venne in Europa. Nell’occasione avrebbe incontrato Mussolini ‘nella sua villa’. Peraltro non esistono riscontri italiani di questa seconda visita, mentre è documentato l’incontro del 1932, ignorato da Eliot. (…) Tuttavia il figlio del dittatore, Romano, conferma che i due si sarebbero visti più volte. Per quanto riguarda il primo episodio, varie fonti affermano che il capo del fascismo ricevette su sua richiesta il cartoonist americano. La conversazione fu lunga e cordiale. Nell’occasione Mussolini parlò di Topolino ‘come fosse un filosofo’. All’inizio degli anni Trenta esisteva in America una diffusa simpatia per Mussolini e il suo regime, ad essa corrispondeva una analoga simpatia per l’America da parte della pubblicistica fascista. Su entrambe le sponde del discorso si esaltava l’elemento dinamico, giovanile, avventuroso delle due diverse realtà, a prescindere dagli aspetti ideologici”.
L’aneddoto di “Topolino filosofo” fu raccontato anche da Gerosa su “Epoca”. Più avanti Barbera parla della simpatia mostrata dall’intera famiglia del Duce verso le creazioni disneyane, argomenti che abbiamo qui già affrontato nel 2014.
Nel febbraio 2004 Sergio Pomati cura per la casa editrice SE di Milano la prima edizione italiana completa del saggio “Walt Disney” di Sergej Eizenštejn, celebre regista sovietico (ritorneremo su questo volume quando ci occuperemo di Disney e il comunismo). In un passaggio della sua postfazione, intitolata “L’uomo che volle farsi re (di Cartoonia): vita e magie di Walt Disney”, Pomati scrive:
“Si racconta che durante un viaggio in Europa Walt fosse rimasto colpito dalla insolita programmazione di un piccolo cinema francese che in cartellone non aveva un film di richiamo, ma un’intera sequenza di cartoon. Era dunque possibile che qualcuno pagasse per guardare un’ora di disegni animati”.
Si tratta della stessa questione evocata decenni prima da Diane Disney. Pomati non fa cenno alla tappa italiana e tanto meno a Mussolini, ma, pur non datandolo esattamente, colloca questo viaggio europeo durante la lavorazione di “Biancaneve” (dunque fra il 1935 e il 1937).
Risale al 2004 il libro di Massimiliano Narciso “Walt Disney, the dark side of the dumbo”, pubblicato da Bevivino nella collana “I cattivi”. Nelle varie librerie online viene presentato così:
“Il lato oscuro gli ha permesso di essere un artista, ma da artista non accettava per nulla la presenza di ombre e oscurità. I dubbi sulla sua nascita, un mondo senza parenti diretti, la paranoia, la ricerca dell’infanzia in termini anche troppo ossessivi, l’egocentrismo fuori misura… Si può dire che Walt Disney sia stato un visionario affossato dalla realtà, in primis la sua. Puntando sulla fantasia ha saputo creare un impero di sogni dove topolini, paperi e tutto il regno animale acquistano il dono della parola e si sostituiscono all’uomo. Un impero di sogni offuscato dalla sua adesione al maccartismo e dall’uso spregiudicato del suo crescente potere mediatico.”
Il “dumbo” del sottotitolo non è il personaggio del celebre lungometraggio, ma Disney stesso, puntando l’autore su uno dei significati negativi
del termine inglese (“idiota”). Come spiega Alessandro Barbera in “Paperino reazionario”, Narciso si ispira pedissequamente – fin dal titolo – al saggio di Eliot, e parla dunque anche dell’incontro fra Disney e il Duce, riportando di conseguenza l’errata datazione del 1937. Sembra quasi di tornare ai tempi di Al Levin (o Lewin), inesistente artista disneyano “inventato” dallo sceneggiatore Alfredo Castelli nel 1966 sulle cronologie delle strisce giornaliere di Mickey Mouse pubblicate sulla fanzine “Comics Club 104”; il nome del disegnatore Floyd Gottfredson non era noto e per non lasciare lacune nei suoi studi Castelli ideò questa burla; Al Levin, seppur mai esistito, divenne però “reale”, perché fu ripreso in molti articoli e libri successivi al 1966, fin quando l’arcano non fu successivamente svelato. Lo stesso è successo per l’immaginario 1937 di Eliot.
Datato 2004 è anche il libro di Maria Scicolone (moglie di Romano Mussolini e madre di Alessandra) “A tavola con il Duce”, edito da Gremese. Come spiega Barbera in “Paperino reazionario”, lo scritto si basa in gran parte sui ricordi della suocera Donna Rachele. La Scicolone colloca l’incontro fra Mussolini e Disney a Villa Torlonia “intorno al 1936”:
“Walt Disney arrivò di pomeriggio e fu ricevuto da Mussolini nel suo studio, alla presenza di un interprete. Al termine del colloquio privato, i due uomini scesero al pian terreno, e qui trovarono schierata tutta la famiglia, in sorridente attesa d’incontrare quell’ospite così insolito e interessante. Erano presenti Rachele, Vittorio, Romano, Anna Maria e due amici di Romano.”
Molto interessante questo ricordo, anche perché si parla di “incontro privato”, un indizio della mancata menzione di quella “udienza” nei ruolini della Segreteria Particolare del Duce – mancata menzione usata come prova dai “negazionisti” dell’incontro, come meglio vedremo più avanti.
“Walt Disney, prima stella a sinistra” è un saggio edito da Bompiani nel 2005. L’autrice è Mariuccia Ciotta, una giornalista del “Manifesto” che tenta per tutto il libro di tirare Disney per la giacchetta e farlo saltare sulla sponda del marxismo (come spiega Barbera in una sua impeccabile analisi del volume pubblicata in “Paperino reazionario”). La Ciotta parla dell’incontro del luglio 1935 fra Mussolini e Disney, e afferma che si sarebbero visti addirittura due volte, riferendosi probabilmente ai ricordi di Roy (Palazzo Venezia) e a quelli di Romano e di altri (Villa Torlonia). In una nota l’autrice cita il saggio di Horne, che dà per certo l’incontro fra il Duce e Disney, ma ripete anche la data sbagliata del 1937, secondo la “lezione” di Eliot.
Nel 2007 Stefano Poggi pubblica con Raffaello Cortina Editore il saggio “La vera storia della Regina di Biancaneve, dalla Selva Turingia a Hollywood”. Si sostiene che Disney, per la figura di Grimilde in “Biancaneve” si sarebbe ispirato a una statua presente nel Duomo di Naumburg, in Germania, essendone venuto a conoscenza durante il suo Grand Tour europeo del 1935. Nel volume (citato da Barbera in “Paperino reazionario”) Poggi parla anche dell’incontro fra Mussolini e Disney a Villa Torlonia. L’autore, in un passaggio, riferendosi a Disney in visita a Roma, scrive:
“Il Duce del fascismo lo aveva ricevuto a Palazzo Venezia facendogli omaggio di una sua fotografia con dedica.”
Dal 2008 è possibile acquistare in Rete in versione pdf e in cartaceo per i tipi di Prospettiva una tesi di laurea del 2002, “L’ideologia di Walt Disney”, firmata da Serena Todisco; il lavoro è stato riedito in nuova veste nel 2013 da Abel Books. Secondo Barbera, che gli dedica un intero capitolo del suo “Paperino reazionario”, quel libro sarebbe un po’ troppo “ispirato” (usiamo un eufemismo) al suo “Camerata Topolino” del 2001 e – immancabilmente – al saggio di Eliot del 1993 e al volumetto di Narciso del 2004 (che si ispira a sua volta a Eliot). Gli errori e le inesattezze si trascinano da un libro a un altro (la “sindrome” di Al Levin). Comunque sia, anche la Todisco parla dell’incontro fra Mussolini e Disney come realmente avvenuto.
Nel 2008 il blog di discussioni politiche tedesco-americane “Dialog International” parlò del viaggio europeo dei Disney del 1935 sostenendo però che si fosse svolto in auto (quando in realtà, nell’Europa continentale, viaggiarono in treno):
“Lasciata Monaco i fratelli Disney guidarono fino a Roma dove furono accolti come eroi culturali dal Duce, Benito Mussolini”.
Nel 2009 Michael Barrier ha scritto una mastodontica biografia di Walt Disney, tradotta in Italia da Tunuè (“Vita di Walt Disney”). Anche in questo volume viene dato per certo l’incontro fra Disney e Mussolini del luglio del 1935; il saggio cita anche l’intervista rilasciata da Roy Disney nel 1968, dove il fr
atello dell’artista ricordava che Mussolini ricevette con cordialità i due nel suo studio di Palazzo Venezia; Barrier dà per certo anche l’incontro con il pontefice (rifacendosi a un articolo del luglio 1935 pubblicato dall’Hollywood Citizen-News, sul quale torneremo più avanti – un grazie al prof. Gelsomini per la segnalazione). Il critico Luca Raffaelli in una recensione del volume apparsa nel dicembre 2009 su “La Repubblica”, tira le orecchie a Disney per la sua “sbandata” per il Duce e fa un accenno a una foto di Mussolini con dedica che Disney teneva in bella vista nel salotto di casa: si trattava della foto autografata dal Duce nel 1935? La recensione di Raffaelli venne subito stroncata da Mariuccia Ciotta sul “Manifesto”, nell’articolo “Le obbiettive falsità su Walt Disney” (da lei ritenuto un roosveltiano di sinistra e non un filo-fascista); rievocando l’incontro la Ciotta scrisse:
“Per quanto riguarda Mussolini (Disney venne in Italia per ricevere i premi della Mostra di Venezia e incontrò Mussolini e Ciano; in seguito la moglie Lillian dichiarò: ‘…e noi che avevamo pensato che fossero così gentili!’), basta ricordare la grande produzione di cartoon anti-nazisti e anti-fascisti sfornata durante il conflitto, e sostenuta da Franklin D. Roosevelt”.
Raffaelli, qualche tempo dopo, avrebbe meglio chiarito la sua posizione non certo anti-disneyana, scrivendo sul blog del critico disneyano Luca Boschi.
“Mussolini segreto. Diari 1932-1938” è un volume della Rizzoli uscito nel 2009 a cura di Mauro Suttora. Sono i diari di Claretta Petacci, pubblicati dopo che per decenni erano rimasti “nascosti” nell’Archivio Centrale dello Stato. Alla data 1° novembre 1938 Claretta riferisce quanto gli aveva detto Mussolini a proposito della cinematografia di Walt Disney:
“Sono stato a vedere ‘Biancaneve e i sette nani‘: bellissimo, fantastico. Mai credevo possibile una cosa così bella. Non c’è più bisogno di Greta Garbo, di attori, quando si riesce a fare uno spettacolo di questo genere. Devi vedere che colori, che tinte, che disegni! E poi la fantasia di quest’uomo è straordinaria nel creare le cose strane: piante, fiori, uccellini… magnifico”.
Cosa singolare, questo entusiasmo, se sono vere le frasi del Duce che la Petacci aveva riportato in data 3 febbraio 1938:
“Mi piacciono i cartoni animati, ma non capisco la trama. Adesso vado a vedere un cartone animato e poi ti chiamo”.
Si tratta forse di una delle celebri visioni private dei capolavori dell’animazione disneyana nella saletta di proiezione appositamente allestita a Villa Torlonia? Il film “Biancaneve e i Sette Nani” apparve il 30 novembre 1938 sul n. 11 (a. XXV) dell’ufficiale “Elenco delle pellicole cinematografiche approvate dal Ministero della Cultura Popolare – Direzione Generale per la Cinematografia” (e ringraziamo il prof. Stefano Gelsomini per averci fornito la storica immagine).
Del fondamentale saggio “Eccetto Topolino – Lo scontro culturale tra Fascismo e fumetti”, scritto da Gadducci, Gori e Lama per Nicola Pesce Editore nel 2011 (con una nuova edizione nel 2020) abbiamo diffusamente parlato su “EreticaMente” nel 2014. Vediamo adesso nel dettaglio alcuni passaggi interessanti per la ricostruzione del viaggio di Disney in Italia. Per quanto riguarda il passaggio dei diritti dei fumetti e dei libri illustrati disneyani gli autori scrivono:
“L’incontro nella villa di Meina tra Mondadori e i fratelli Disney, durante il loro viaggio europeo con le rispettive famiglie (1935), è evidentemente solo il coronamento di una trattativa in campo da mesi”.
Infatti già nel 1934 si avviano i contatti fra Robert Bennet Martin, direttore generale della Walt Disney Enterprises-Italy e la Mondadori. In una nota gli autori precisano, riguardo al meeting di Meina fra Walt e Arnoldo:
“Nonostante le voci, quella è l’unica volta nella quale i due si incontrano prima della Seconda Guerra Mondiale”.
Più avanti, allorquando è venuto il momento di parlare delle direttive ministeriali che vietavano tutto il materiale fumettistico americano non disneyano, si riporta il passaggio cruciale di una lettera indirizzata il 28 agosto 1938 dal ministro della Cultura Popolare Alfieri a Galeazzo Ciano, dove il politico spiegava che la sua iniziativa verso gli editori mirava
“soltanto a impedire l’importazione in Italia di storie americane di gangsters, mentre la riproduzione delle creazioni di Walt Disney è stata autorizzata tenuto conto del valore artistico delle medesime. Anzi su questo punto è stata data l’assicurazione all’Anonima Periodici Italiani di Milano, la quale basa sulle storie di Topolino gran parte delle proprie pubblicazioni”.
Precisiamo che Anonima Periodici Italiani (API) era il nuovo marchio della Walt Disney – Mondadori.
Apriamo una parentesi su William Randolph Hearst, il famigerato magnate della stampa americano, che con i suoi veementi articoli e con le straordinarie vignette fumettistiche pubblicate sui suoi giornali contribuì a far scoppiare la Guerra Ispano-americana di fine ‘800, i cui effetti si sentono ancora oggi; il milionario fu efficacemente e diabolicamente tratteggiato da Orson Welles nel film “Citizen Kane”. Hearst controllava anche il King Features Syndicate (KFS), l’agenzia che si occupava di distribuire fumetti e vignette sulle varie testate statunitensi, e fra queste opere vi erano anche le strisce giornaliere e le tavole domenicali dei personaggi disneyani; il fatto che Mussolini avesse collaborato con le testate di Hearst (gli articoli di cui parlavamo prima), che pubblicava, tramite il KFS, i fumetti di Walt Disney, potrebbe essere stato uno dei motivi per cui quella produzione, al momento delle direttive ministeriali contro il fumetto d’importazione alla fine degli anni ’30, ottenne un trattamento “di favore”.
In merito alle preferenze della famiglia del Duce verso la produzione disneyana gli autori di “Eccetto Topolino” commentano:
“L’apprezzamento era risaputo, e lo stesso Mondadori si premuniva di inviare, non sappiamo se in pianta stabile, periodici e libri ai ragazzi. D’altronde ci sono testimonianze dell’interesse di Mussolini per i prodotti disneyani, e sembra confermata una visita di Walt Disney a Villa Torlonia durante il suo tour italiano del 1935. Ma ci pare evidente che sia soprattutto l’azione combinata dei vari partner commerciali (Arnoldo Mondadori, il KFS e magari la stessa Disney) a far sì che Topolino & C. siano esclusi dai provvedimenti ministeriali: un sistema di pressioni che non risale certo al 1938, come testimonia la costante eccezione per Topolino che i giornalisti si premurano di fare negli articoli sui quali viene attaccato il materiale d’importazione americana.”
Nelle “Appendici” di “Eccetto Topolino” appare un intervento del giornalista Francesco De Giacomo (che aveva intervistato nel 1966 Mario Nerbini, nel 1974 Gherardo Casini e nel 1995 Romano Mussolini, in una sua costante e pluridecennale ricerca sui rapporti tra Fascismo e fumetto). Per noi questo intervento è molto interessante, per vari motivi (ne abbiamo parlato anche su “EreticaMente” nel 2014). Primo: De Giacomo conferma l’amore per la famiglia Disney verso i fumetti e l’animazione disneyane. Secondo: il giornalista sostiene che nell’estate del 1935 il Duce ricevette cordialmente Walt Disney a Palazzo Venezia e poi lo portò a Villa Torlonia dove gli fece conoscere Donna Rachele e i figli (è la tesi dei due incontri in un solo giorno). Terzo: si racconta delle lettere e dei disegni che i giovani Mussolini inviavano al settimanale “Topolino”, che pubblicava queste cose con il dovuto risalto; Romano aveva anche la tessera del Club di Topolino. Quarto: il nome del figlio di Vittorio Mussolini, Guido, sarebbe stato suggerito da Romano, perché nel 1937 leggeva su “Topolino” le avventure fantascientifiche di Guido Ventura (italianizzazione di Brick Bradford). Quinto: i personaggi disneyani avrebbero resistito anche dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia agli USA grazie all’intervento dei ragazzi Mussolini presso il padre. Sesto: i Mussolini avrebbero visto “Fantasia” in anteprima assoluta italiana nel 1942 grazie a una pellicola presa a Tobruk, riconquistata il 21 giugno dopo che era stata invasa dagli inglesi.
Nel gennaio 2012 il sito “A.L.M.A. Blog” (nell’articolo “Topolino va in Abissinia”) affrontò un altro aspetto – diciamo “canoro” – della frequentazione disneyana del Fascismo e del suo Capo:
“Fernando Crivelli era stato l’autore di hit come ‘Maramao perché sei morto?’, reso famoso dal trio Lescano, o ‘L’ora del Campari’. Ma fu paradossalmente ‘Topolino va in Abissinia’ il suo maggior successo. Infatti secondo stime già note agli esperti di musica leggera italiana fu proprio ‘Topolino va in Abissinia’ la canzone più venduta del ventennio, più di ‘Faccetta nera’ e ‘Giovinezza’. La canzone è datata 1935. Per uno strano caso del destino quello fu anche l’anno in cui Walt Disney visitò l’Italia insieme alla moglie Lillian. Furono ricevuti dal Papa e il 20 Luglio di quell’anno da Benito Mussolini in persona. Quello però non era il primo incontro tra i due. Walt e Benito si erano già visti nel 1932. Si è favoleggiato molto su questi due incontri. E poi in generale si è detto un po’ di tutto su Walt Disney. Ogni anno c’è una tesi nuova: Walt Disney fascista, Walt Disney nazista, Walt Disney razzista, Walt Disney antisemita, Walt Disney maccartista e persino Walt Disney comunista, anzi no, stalinista. Questa non è la sede adatta per capire quale sia stata la vera anima di Mr. Disney. Ma una cosa è certa: i due, Benito e Walt, si piacquero davvero molto. La visita fu definita dallo staff di Disney piacevole e cordiale. Non è poi certo un caso che nel momento in cui il duce (anni dopo, esattamente nel 1938) decise di boicottare i fumetti d’oltreoceano, risparmiò proprio il topo americano. Flash Gordon, l’Agente X9, l’Uomo Mascherato, Jim della Giungla furono condannati a morte, senza appello; Topolino non solo fu risparmiato, ma fu anche portato sugli allori. Le biografie del Duce concordano quasi tutte nel dire che Topolino fu salvato perché piaceva molto al figlio Romano. Sta di fatto che fu risparmiato anche in Germania. Goebbels regalò ben diciotto film di Topolino ad Adolf Hitler. Il topo godeva della stima del Fuhrer.”
Non considerando il pesantissimo “tono” usato dall’estensore, l’intervento ci interessa perché considera vero l’incontro Mussolini-Disney, anche se ritorna il fatidico, antico errore di Gerosa sul 1932. L’idea del doppio incontro nasce perché con il passare degli anni si acquisì anche in Italia la consapevolezza del viaggio dei Disney del 1935; ma siccome esisteva quel “dannato” 1932 di “Epoca” non si pensò inizialmente a un errore, ma alla datazione di un primo (inesistente) viaggio di Disney nel Belpaese! Tornando alla canzonetta di Fernando Crivelli, detto “Crivel”, il titolo esatto è “Topolino in Abissinia” ed è in gran parte parlata, con voce da cartone animato; il Topo parte volontario per l’Africa armato di spada, fucile, mitragliatrice e con una borraccia piena di gas asfissianti; dice di voler andare in guerra ad ammazzare i “mori” per poterne fare, con la pelle, stivali, cuscini e altre amenità da regalare ad amici e parenti; e per risparmiare le munizioni userà pallottole legate col filo, in modo da poterle recuperare dai cadaveri. Crivel pubblicò in quegli anni, sempre per la Columbia, anche “Topolino Balilla” e “Topolino alla guerra”: sulle copertine dei dischi apparivano alcuni fra i maggiori personaggi della “banda Disney”, come Paperino, Pluto e Orazio, disegnati da un ignoto, ma ottimo, artista italiano. Non risultano indicazioni di Copyright e dunque pare da escludere che questi dischi avessero ottenuto l’avallo della Disney – che sicuramente non ne era stata nemmeno informata.
Sempre nel 2012 anche l’esperto di fumetti Roberto Alfatti Appetiti, nel suo blog “L’eminente dignità del provvisorio”, con il post intitolato “Due o tre cose da sapere su quell’antipatico di Topolino”, affrontava la questione Disney/Mussolini, recensendo il libro “Eccetto Topolino”:
“Che il duce apprezzasse Disney, del resto, non è certo uno scoop, lo ha ribadito anche donna Rachele nelle sue memorie, ‘Mussolini privato’, e Alessandro Barbera, nel suo ‘Camerata Topolino’, si è spinto sino a sostenere che tali simpatie fossero reciproche. Lo stesso Romano conservò con cura uno dei regali che ‘il principe nero di Hollywood’ – come recita il titolo che Marc Eliot ha dato alla sua biografia di Disney – fece ai piccoli Mussolini in occasione di una visita in Italia: un Topolino di legno, alto come un bambino di dieci anni, che venne smarrito nel saccheggio di Villa Torlonia.”
“I Disney Italiani” è un volume fondamentale per la storia del fumetto disneyano prodotto in Italia, dagli anni Trenta in poi; fu pubblicato nel 1990 da Granata Press e firmato a otto mani dai quattro massimi esperti italiani in materia, i già citati Alberto Becattini, Luca Boschi, Leonardo Gori e Andrea Sani. Per l’argomento di questo intervento ci interessa però l’edizione rivista, corretta ed estremamente approfondita di quel saggio, uscita nel 2012 per Nicola Pesce Editore (NPE). Trattando del passaggio dei diritti di Topolino da Nerbini a Mondadori, per il quale ci vollero mesi, gli autori scrivono:
“La trattativa in corso viene coronata dall’incontro tra Mondadori e i fratelli Disney, a Meina, durante il loro viaggio europeo con le rispettive famiglie (1935)”.
E più avanti si parla della singolare “eccezione disneyana” quando si trattò, nel 1938, di proibire la pubblicazione di fumetti d’importazione americana. Gli autori citano poi un articolo pubblicato dal “Times” di Londra nel novembre del 1938 nel quale si stigmatizzava l’embargo italiano nei confronti di Mickey Mouse – notizia non vera, visto che quello avvenne soltanto dopo l’attacco a Pearl Harbour.
Il documentario di Mario Spagnoli “Walt Disney e l’Italia” risale al 2014; nel film si dice che Disney venne in Italia una decina di volte: la prima fu nel 1935 (dove discusse del passaggio dei diritti dei fumetti di Topolino da Nerbini a Mondadori) e l’ultima nel 1965, per pubblicizzare il lungometraggio d’animazione “La spada nella roccia”; molto note le foto di Disney con Arnoldo Mondadori davanti a una riproduzione della lama di Re Artù infilzata nella pietra.
Nel 2014 uscì presso Theme Park Press il noto saggio “Disney’s Grand Tour – Walt and Roy’s european vacation, summer 1935” scritto da Didier Ghiez, uno dei massimi studiosi internazionali dell’universo disneyano, da noi più volte citato come fonte principale tra quelle che negano l’incontro fra Disney e Mussolini (e fonte principale dei “negazionisti”). La cosa curiosa è che il capitolo dedicato all’Italia si apre proprio con un riferimento al summit negato! Vediamo come. La visita nello Stivale iniziò il 13 luglio 1935, sul Lago di Como, dove Disney e sua moglie Lillian celebrarono il loro decimo anniversario di nozze e incontrarono Arnoldo Mondadori; qui fu sancito il definitivo passaggio dei fumetti di Topolino, Paperino e compagnia dal piccolo editore fiorentino Nerbini (che pubblicava Mickey Mouse da qualche anno) al potente magnate milanese dell’editoria cartacea. Secondo Ghez:
“Walt e famiglia avevano originariamente previsto di arrivare in Italia un giorno prima. Questa cosa preoccupò Mario Luporini, il capo della United Artists in Italia che, il 18 giugno 1935 aveva scritto al suo collega George Archibald a Londra. ‘Il sig. Silverstone mi ha informato che il sig. Disney intende arrivare in Italia il 12. Visto che vorrei organizzare per il sig. Disney degli incontri con Mussolini, il Conte Ciano, il Papa e possibilmente con il Re e la Regina, vorrei sapere se il sig. Disney potesse posporre di un paio di giorni il suo arrivo’ “.
Precisiamo che la United Artists era la casa di produzione cinematografica dei cartoni disneyani. L’incontro fra Disney e il Duce era dunque nelle intenzioni dell’organizzatore della tappa italiana Luporini, come egli aveva riferito al suo omologo britannico Silverstone; di questo incontro in agenda parlò il 20 luglio 1935 anche il giornale “Hollywood Citizen News”, nell’articolo “Disney e signora incontreranno le autorità”, ovvero Mussolini e Pio XII; riportava questa fonte anche lo storico Barrier nel suo saggio “Vita di Walt Disney”, come abbiamo visto; la fonte di Ghez è proprio Barrier, la cui fonte era a sua volta quel giornale di Hollywood specializzato nello spettacolo, collegato alla Academy of Motion Picture Arts and Sciences, che ogni anno attribuisci i Premi Oscar; il giornale, a quanto pare, aveva contatti con lo staff di Mario Luporini, che voleva effettivamente far incontrare Disney e il Papa; Luporini aveva messo in agenda questi due prestigiosi colloqui e aveva diffuso la notizia. Ma secondo Ghez quei meeting, seppur ventilati e forse addirittura programmati, non avvennero mai. Ecco le tredici “prove” dei mancati incontri (soprattutto del mancato in contro con il Duce) che il saggista elenca nel suo “Disney’s Grand Tour”.
Primo: Disney fu intervistato dal “Daily Mirror” sul transatlantico Rex col quale tornò in America e dichiarò di non avere incontrato né Mussolini, né il Papa; il gruppetto andò comunque in Vaticano, insieme a Luporini, in visita strettamente turistica. Secondo: in una lettera che Walt Disney scrisse il 28 settembre 1937 a Vittorio Mussolini (critico e produttore cinematografico, oltre che figlio del Duce), ricordò la piacevole tappa italiana del suo viaggio europeo e la squisita accoglienza e gentilezza da parte di Galeazzo Ciano e della moglie Edda, ma non fece alcun riferimento a Benito. Terzo: Roy Disney (fratello di Walt) e sua moglie Edna (anche lei in Europa) non ricordano nei loro altrimenti dettagliatissimi diari il presunto incontro tra Walt e Mussolini. Quarto: Lillian Disney disse alla figlia Diane che quell’incontro non c’era stato. Quinto: il giornale “La Stampa”, che si occupò della “copertura” romana del viaggio di Disney, non fa menzione dell’incontro. Sesto: non esistono fotografie del summit fra Disney e Mussolini. Settimo: il fatto che Roy Disney, nell’intervista del 1968 parlasse dell’incontro del 1935 come realmente avvenuto – a Palazzo Venezia – potrebbe essere una semplice invenzione tardiva (a pochi anni dalla morte, avvenuta nel 1972), per “riparare” a un suo nuovo, mancato incontro col Duce nel suo viaggio italiano di lavoro del 1938 (senza Walt); oppure potrebbe essersi confuso con una visita nell’ufficio di Galeazzo Ciano, molto simile a quello del Duce. Ottavo: il fatto che Maria Scicolone (sorella di Sophia Loren e moglie di Romano Mussolini) nel suo libro “A tavola con il Duce” parli di un pranzo a Villa Torlonia con Walt e tutti i Mussolini, nel quale fu mangiato un dolce per l’occasione battezzato “Torta Topolino”, è un’incongruenza, perché Roy, parlando dell’incontro, non nomina la residenza privata del Duce, bensì Palazzo Venezia. Nono: Rachele Mussolini nella sua autobiografia ricorda che Walt regalò un enorme pupazzo di Topolino alla figlia Anna Maria (che all’epoca aveva 6 anni), ma non parla di nessun incontro fra Disney e il marito. Decimo: anche Romano Mussolini, nella sua celebre intervista a “If” del 1995, pur parlando di una visita di Walt a Villa Torlonia, non menziona (anche se lo lascia intendere) un incontro fra il padre e Disney. Undicesimo: esiste negli Archivi Disney una foto di Benito Mussolini (scattata da Ghitta Carell) con dedica a Walt Disney, datata 21 luglio 1935, ma non è una prova dell’incontro, perché non sarebbe stata autografata dal Duce in presenza dell’importante ospite americano, al quale fu consegnata in reception durante un ricevimento organizzato per lui dalle autorità all’Hotel Ambassador. Dodicesimo: non esiste traccia ufficiale di un incontro fra Disney e Mussolini nei ruolini delle udienze conservati nell’Archivio Centrale dello Stato nei faldoni della Segreteria Particolare del Duce. Tredicesimo: il pomeriggio del 21 luglio 1935 Mussolini partì da Roma per l’Emilia Romagna e tornò il 30 luglio, quando Disney se n’era ormai andato dall’Italia.
Molte di queste prove non sono però definitive o adamantine. Dunque: Walt Disney sarebbe stato a Villa Torlonia e avrebbe conosciuto quasi tutti i componenti della famiglia Mussolini (Rachele, Edda, Vittorio, i figli più giovani, e Ciano) ma non Benito, anche se entrambi erano a Roma negli stessi giorni e anche se il 21 luglio Mussolini dedicò una sua foto, scattata da Ghitta Carell, a Disney; non salta mai fuori, inoltre, nelle argomentazioni dei “negazionisti”, la strana “coincidenza” che anche Disney, in quei giorni romani, si fece fotografare da Ghitta Carell. Il fatto che nella Segreteria Particolare del Duce non ci sia traccia dell’incontro potrebbe significare che sia stato un semplice incontro privato, non un’udienza ufficiale, come confermano varie fonti. Renzo De Felice, nella sua monumentale biografia di Benito Mussolini pubblicata da Einaudi, basata essenzialmente su documenti e testimonianze certe, nota più volte queste incongruenze, fra incontri realmente avvenuti, e documentati, di Mussolini con chicchessia, ma non registrati nei ruolini ufficiali. Semmai potrebbe essere falsato il ricordo di Roy. Quanto a Lillian, lamentandosi della guerra, in un’occasione avrebbe detto che Mussolini le era parso “gentile” e si meravigliava di averlo ora come “nemico”. L’incontro avvenne a Villa Torlonia e (forse) non a Palazzo Venezia (anche se alcune fonti, come sappiamo, parlano di due incontri in uno stesso giorno); se prendiamo per buon l’ipotesi di Villa Torlonia, pare poco credibile che quel 21 luglio del 1935, a casa sua, il Duce si sia “divertito” a scansare il celebre ospite, che tanto ammirava, limitandosi ad autografargli una foto standard, come a un qualunque fan, ma guardandosi bene dal consegnargliela di persona! Inoltre, se è vero com’è vero che nel 1935 Disney venne in Italia anche e soprattutto per “ratificare” il passaggio dei diritti per i fumetti di Topolino dal fiorentino Nerbini al milanese Mondadori, un altro motivo per tenere “segreto” quell’incontro da parte di Mussolini potrebbe essere dovuto a una questione di “delicatezza” nei confronti di un camerata come lo era da sempre Nerbini e che non fu certo soddisfatto di quel “passaggio di consegne”, anche se un primo momento lo ritenne economicamente vantaggioso; un editore “fedele”, Mario Nerbini, che nel 1937 fu persino raccomandato al Duce, tramite la Segreteria Particolare, da Giovanni Gentile e che da Mussolini fu quell’anno effettivamente ricevuto in udienza privata. Il fatto che Walt abbia successivamente negato l’incontro (e che non esistano foto, né articoli di stampa a riguardo) conferma l’ipotesi del fatto che fosse privato. E forse, come pare di intuire dalle testimonianze di Romano e Rachele, può darsi che non si avvenuto insieme a tutti i famigliari del Duce: l’incontro potrebbe essere avvenuto solo fra Benito Mussolini e Walt Disney (forse con la presenza di Roy).
Didier Ghez ha fatto un eccellente lavoro di indagine per il suo libro, ma è forse troppo drastico sui contatti fra Disney e gli esponenti dei socialismi nazionali europei; sono sempre e comunque da considerarsi leggende, miti (o esagerazioni). C’è da dire che “Disney’s Grand Tour” è un libro disneyano “ufficiale”: è stato approvato dalla Walt Disney Family Foundation; è stato pubblicato dalla Theme Park Press, una casa editrice che si occupa esclusivamente di saggistica disneyana autorizzata dalla Disney (con particolare attenzione ai parchi tematici, come suggerisce la ragione sociale); la prefazione del libro è di Diane Disney Miller, l’unica figlia biologica di Walt, che la scrisse nel luglio 2013, pochi mesi prima di morire ottantenne.
In un’intervista rilasciata da Ghez nel febbraio 2014 al sito disneyano “Micechat” all’autore fu chiesto quale era stato il ruolo di Diane Disney nella realizzazione del volume e lo storico rispose:
“Diane è stata fondamentale per tre motivi: nel 2011 mi fece la domanda (‘Sai se furono scattate delle foto durante l’evento alla Lega delle Nazioni al quale partecipò mio padre durante il suo viaggio a Parigi nel 1935?’) che mi avrebbe portato a scrivere questo libro; mi diede il permesso di leggere i diari di Roy ed Edna, e fu così gentile da aiutarmi per i diritti delle foto presso la Walt Disney Family Foundation. Infine scrisse persino la prefazione al libro”
Con tale “sponsorizzazione” un Disney anche lontanamente in odore mussoliniano era del tutto da escludere.
Pare ovvia – e per certi versi comprensibile – la volontà della famiglia, della Company e di tutto ciò che a essa è ufficialmente collegato (come la Theme Park Press e i suoi autori) di allontanare per sempre la figura di Disney dal Fascismo, dal Nazismo, da Mussolini, da Hitler, dall’antisemitismo, dal razzismo, etc. Il moloch del politicamente corretto, da decenni imperante nel mondo dello spettacolo americano (e non solo), pretende questo e altro.
“Antarès” è la rivista a distribuzione gratuita realizzata da Bietti grazie a Gianfranco de Turris e Andrea Scarabelli. Si occupa di “prospettive antimoderne” – come recita il sottotitolo – dedicando straordinarie monografie ad autori “controversi”, come Lovecraft, Borges, Buzzati. Il n. 16 del 2020 è dedicato a Dylan Dog, celebre personaggio a fumetti della Sergio Bonelli Editore. Ma la rivista si era già occupata di cartooning, per la precisione con il n. 10 del 2015, riservato interamente a “Walt Disney, il Mago di Hollywood”, con riferimento ai contenuti esoterici di alcune opere disneyane. Nel fascicolo apparve una versione ridotta del mio “Disney e Mussolini” pubblicato su “EreticaMente” nel 2014. In quello stesso anno la Bietti inserì il numero su Disney in un gigantesco volume omnibus, a tiratura limitata e a pagamento, che ristampava i primi 11 numeri della rivista, dallo zero al dieci.
Nel 2015, a settembre, la ricercatrice Giovanna Giannini del sito “Cartoline dal Ventennio”, parla dell’incontro fra il Duce e Disney (riferendo la testimonianza del fratello Roy negli esatti termini in cui l’avevamo riferita precedentemente noi su “EreticaMente” nel 2014), e aggiunge, traendolo dai “Diari” di Claretta Petacci, il commento di Mussolini che abbiamo visto sop
ra. La Giannini prosegue:
“Walt Disney fu accolto sicuramente a Villa Torlonia. I piccoli di casa, Romano ed Anna Maria, erano lettori di Topolino e la visita fu quindi molto gradita e soprattutto ricordata in alcune interviste. La visita si svolse nello studio privato di Mussolini e alla presenza di un interprete”.
Dunque, a Villa Torlonia, secondo la Giannini e molte altre fonti non ci sarebbe stato solo l’incontro fra Disney e i famigliari del Duce, ma pure quello tra quest’ultimo e Walt; non tutti insieme, dunque, il che spiegherebbe alcune delle incongruenze rilevate da Ghez – incongruenze che si rivelerebbero mal interpretate in senso “negazionista”. E, come ricorda giustamente la Giannini, di questo incontro parlava, dandolo per certo, anche Maria Scicolone nel suo libro “A tavola con il Duce”:
“Al termine del colloquio privato, i due uomini (…) trovarono schierata tutta la famiglia (…). Romano, senza chiedere il permesso a nessuno, pregò Disney di seguirlo nella sua camera (…). Iniziò a bombardarlo con una serie di domande (…). Walt Disney rispose a tutte le domande, divertito dall’entusiasmo del giovane interlocutore (…). Al suo rientro in patria avrebbe personalmente riferito al presidente Roosevelt che uno dei Mussolini si occupava di Mickey Mouse e non di altro (…). Seguì un breve silenzio, poi Mussolini scoppiò a ridere (…) replicando: ‘Credo che il presidente di un grande paese come il vostro abbia altre cose cui pensare, e in fondo non sia troppo preoccupato dei brontolii della vecchia Europa’ “.
Nel 2016 esce per Mursia una biografia scritta da Lorenzo Baratter, “Anna Maria Mussolini. L’ultima figlia del Duce”. In un passaggio l’autore ricorda che Anna Maria non fu una bambina come le altre: a Villa Torlonia, per esempio, fu testimone di visite importanti, da Ghandi a Walt Disney.
“Disney Comics, the whole story” è un mastodontico volume uscito per Theme Park Press nel 2016, la stessa casa editrice del libro di Ghez. L’autore è il fiorentino Alberto Becattini, uno dei massimi studiosi al mondo del fumetto disneyano; da anni collabora proprio con Ghez (ed ha contribuito anche al volume sul Grand Tour). Si tratta di un tomo scritto direttamente in inglese (Becattini è professore di inglese nei Licei), per il mercato americano e internazionale. Nel libro viene ripercorsa la storia di tutti i fumetti disneyani del globo, dagli albori ai giorni nostri – un lavoro estremamente minuzioso e completo, come solo il grande Alberto poteva fare – ed è in sostanza l’aggiornamento e approfondimento dell’opera che Becattini aveva pubblicato per Comic Art più di venti anni prima. Per quanto riguarda il viaggio in Italia e il passaggio dei diritti da Nerbini a Mondadori il saggista scrive:
“Il 25 giugno 1935 Mondadori ottiene la licenza esclusiva per l’uso del nome ‘Topolino’ e del personaggio di Mickey Mouse, e nove giorni dopo lo storico incontro con Walt e Roy O. Disney nella sua villa sul Lago Maggiore il 14 luglio 1935, un altro contratto viene firmato in virtù del quale nasce un nuovo marchio, chiamato Edizioni Walt Disney – Mondadori.”
E più avanti Becattini conferma che
“i figli di Mussolini erano fra i più grandi fan di Mickey Mouse, come del resto lo era lo stesso dittatore.”
Il libro di Becattini reca una prefazione di Didier Ghez. Lo storico disneyano ricorda che:
“Nel 1935, durante il loro Grand Tour europeo, Walt e il suo fratello Roy (…) firmarono un contratto con l’editore Mondadori al quale trasferirono i diritti di Topolino”.
Fra le poche voci “negazioniste” nel 2017 il sito internet “Mouseplanet”, gestito da disneyani sfegatati, dichiarò testualmente (con le solite superficialità sui cartoni “banditi”):
“Nonostante esista una tenace leggenda urbana in merito, Walt non si incontrò con Benito Mussolini in Italia nel 1935, anche se è ben documentato che Mussolini e Hitler fossero entrambi grandi ammiratori di Topolino, pur avendone banditi i cartoni nei loro Paesi”.
“Paperino reazionario, nuove note sull’ideologia di Walt Disney” di Alessandro Barbera fu pubblicato nel 2017 dalla casa barese L’Arco e la Corte. Si tratta del seguito, dell’aggiornamento, del complemento e via dicendo di “Camerata Topolino”, ed è un libro di notevole interesse sull’argomento. La bibliografia e i documenti su cui si è basato Barbera sono sterminati (e ci sono stati di immenso aiuto per la compilazione di questo articolo); Barbera corregge gli errori di datazione del 2001, dicendo che l’incontro fra Mussolini e Disney è avvenuto nel 1935 e non nel 1937. Il libro di Ghez, uscito nel 2014, e fonte più importante per il “negazionismo” dell’incontro, viene preso in considerazione da Barbera solo indirettamente, quando, nel capitolo intitolato “Il mago di Hollywood”, l’autore parla del n. 10 di “Antarès” (2015), dedicato interamente – come sappiamo – all’arte e al pensiero di Disney (fascicolo al quale lo stesso Barbera aveva collaborato); e lo fa occupandoci del nostro pezzo, che era una versione ridotta dell’intervento di “EreticaMente” datato 2014. Recensendo il lavoro di Barrier, “Walt Disney, uomo sognatore e genio” (uscito in italiano nel 2009), Barbera scrive:
“Nel 1935 parte in un lungo viaggio per l’Europa con la moglie e il fratello. Sono anche in Italia e il 20 luglio, riferisce Barrier, vengono ricevuti da Mussolini e dal Papa. Dell’udienza col pontefice si sa poco. In precedenza ne aveva comunque accennato Marc Eliot. Per Mussolini, ci sarebbe il ricordo del fratello Roy che descrive in modo attendibile lo studio del Duce, a Palazzo Venezia. L’incontro, secondo la sua testimonianza, riportata da Barrier, sarebbe stato ‘molto piacevole e cordiale’. Qui si apre un problema. Secondo Barrier ci sarebbe stato un solo incontro nel 1935. Tuttavia le fonti italiane ci assicurano che gli incontri sarebbero stati due, anche se svolti a distanza ravvicinata”.
Il penultimo capitolo di “Paperino reazionario”, intitolato “Disney e Mussolini”, è per noi estremamente interessante perché in esso Barbera elenca (e ne sintetizza i contenuti) tutte le maggiori fonti italiane che al “misterioso” incontro del 1935 fanno riferimento, ponendo finalmente alcuni paletti (da noi in parte già piazzati nel 2014). Primo: l’errata datazione del 1932 (per quanto riguarda la visita di Walt Disney in Italia e il conseguente incontro con il Duce) viene dall’articolo di Gerosa per “Epoca” del dicembre 1966; a quel pezzo si rifece anche Fossati per il suo “Topolino” del 1980. Secondo: Bob Thomas, nella sua biografia su Disney del 1976, tradotta in Italia nel 1980, fissa per la prima volta con certezza al 1935 l’anno del viaggio italico di Disney; nella prefazione all’edizione italiana Mario Gentilini (direttore di “Topolino” dal 1949 al 1980) parla della visita di Disney a Villa Mondadori nel luglio 1935. Terzo: il libro di Eliot del 1994 aggiunge confusione a confusione perché data al 1937 l’arrivo di Disney in Italia. Quarto: Romano Mussolini, nell’intervista a “If” del 1995, parla dell’incontro fra il Duce e il cineasta, collocandolo nell’estate
del 1935 a Palazzo Venezia e di una visita “famigliare” di Disney a Villa Torlonia in quello stesso giorno. Quinto: nel 2004, nel suo libro di memorie “Il Duce mio padre”, Romano Mussolini non parla però di incontri fra il Duce e Disney. Sesto: Maria Scicolone, nel libro “A tavola con il Duce”, sostiene che Mussolini e Disney si sarebbero incontrati “intorno al 1936”, e che l’incontro avvenne esclusivamente a Villa Torlonia; il cineasta e il Duce parlarono privatamente nell’ufficio di quest’ultimo al primo piano della magione e poi scesero al piano terra per pranzare con la famiglia (e qui i ricordi coincidono in parte con quelli di Romano dichiarati a “If”, anche se non si fa riferimento a una contemporanea presenza a pranzo del Duce e di Disney). Settimo: nel 2005 viene pubblicato il libro “Walt Disney, prima stella a sinistra” di Mariuccia Ciotta; qui viene riportato un ricordo di Lillian Disney trapelato attraverso i ricordi di sua figlia Diane, per cui i genitori non avrebbero incontrato il Duce, ma “solo” Edda e Galeazzo Ciano e il resto della famiglia Mussolini; la Ciotta dà però per certo l’incontro del 1935 (anche se in una nota, dove cita il libro di Horne del 2001, riporta la stessa data errata, scrivendo 1937). Ottavo: Stefano Poggi pubblica nel 2007 il suo “La vera storia della Regina di Biancaneve”, dove parla della filiazione europea di Grimilde, per la creazione della quale Disney si sarebbe ispirato a una statua vista in Germania nel 1935; Poggi parla anche dell’incontro fra il Duce e Mussolini. Nono: Nella versione italiana della sua biografia disneyana (Tunué, 2009), Michael Barrier afferma che nel luglio 1935 i Disney furono ricevuti a Roma da Mussolini e dal Papa, e lo fa basandosi sulla ben nota intervista rilasciata da Roy Disney nel 1968. Decimo: alla fine del 2009 uscirono sui giornali italiani “la Repubblica” e “il Manifesto” recensioni e repliche riguardanti il libro di Barrier; Luca Raffaelli, rifacendosi ad Art Babbitt, ricordava che Disney teneva in salotto una foto di Mussolini con dedica e aveva preso una “sbandata” per il Duce; la Ciotta negava il “fascismo” di Disney, ma ammetteva che il cineasta aveva incontrato Mussolini e Ciano. Undicesimo: Alessandro Barbera ha condotto una ricerca d’archivio sul “Corriere della Sera” e sul “Popolo d’Italia” (il quotidiano di Mussolini) per i giorni della tappa italiana del tour europeo dei Disney; in quelle colonne si ricordano tutti gli eventi e l’incontro con Edda e Galeazzo Ciano, ma non si fanno riferimenti a un incontro diretto e ufficiale con Benito Mussolini (e, aggiungiamo noi, nessun riferimento nemmeno sul quotidiano che si occupò direttamente dell’evento, “La Stampa”).
Barbera è invece sicuro che l’incontro ci sia stato e conclude così:
“Si deve supporre che il capo del fascismo non abbia voluto che la cosa si diffondesse, forse per ragioni di immagine internazionale. Siamo in piena crisi per l’imminente conflitto etiopico. Non sarà parso opportuno, evidentemente, mostrare in quel momento un Duce che si trastullava con Topolino. In ogni caso, il racconto di un incontro è circolato da sempre in Italia. Il che lascia supporre che da qualche parte all’epoca se ne sia parlato”.
Agli inizi del 2018 il sito “The Disney Insider” (che è italianissimo, a dispetto del nome) parlò del fumetto disneyano in Italia durante gli anni ’30 e affrontò la questione del rapporto Mussolini-Disney:
“I personaggi disneyani, da Topolino a Meo Porcello (che in quegli anni andava ancora per la maggiore), erano mal sopportati, ma come spesso accade in Italia il potere fece da scudo: i figli di Benito Mussolini, Romano e Anna Maria, erano patitissimi dei prodotti animati della Disney, tanto da possedere nel loro studio un Topolino di legno agrandezza di bambino. In un’intervista rilasciata ad ‘If’, nel 1995, Romano Mussolini spiega che fra i suoi fumetti preferiti non solo v’era Mickey Mouse, ma anche l’Uomo Mascherato, Mandrake e Flash Gordon, con una preferenza per i settimanali ‘L’Avventuroso’ e ‘Topolino’. Quel cimelio era stato donato alla famiglia Mussolini da Walt Disney in persona. Nel luglio 1935 il capo dei Walt Disney Studios si recò in Europa per un tour commerciale/turistico, toccando varie città come Londra e Roma, dove fu organizzata una serata di gala in suo onore. La tappa italiana fu particolarmente importante per Walt, giacché servì a definire il trasferimento dei diritti dei personaggi Disney dalla Nerbini alla Mondadori. (…) Walt Disney fu ricevuto a Palazzo Venezia da Benito Mussolini e, con Lilian e il fratello Roy, fu accolto da tutta la famiglia del Duce nella sua residenza privata di Villa Torlonia, sempre nell’estate 1935. A tal proposito, i biografi di Walt sono divisi fra chi asserisce la veridicità dell’incontro, e chi lo nega: anche se anche se Walt non ne fece mai parola, è comprensibile data la delicatezza delle questioni politico-economiche trattate col Duce.
“La strana vicenda di Topolino durante il fascismo” è un intervento di Giacomo Rizzi apparso nell’aprile 2018 sul sito “Ventenni Paperoni”. Si parla delle vicende editoriali di Mickey Mouse in Italia negli anni Trenta e a proposito delle direttive ministeriali che salvarono Topolino l’autore scrive:
“Esistono diverse ipotesi sul motivo per cui Topolino resistette alla censura del ’38, pare su sollecitazione diretta di Mussolini. Una delle versioni racconta addirittura di un’amicizia tra Benito Mussolini e Walt Disney. Disney era un oppositore del presidente americano Roosvelt e lo si può ritenere un favore verso una personalità influente con cui conveniva essere in credito. Un’altra teoria, più romantica, sostiene che Topolino fosse la letture preferita dei figli del duce – pare che ne fossero abbonati – e sia stato un gesto di amore paterno. Ognuno può scegliere la versione che preferisce, probabilmente possono anche aver influito entrambe. Come opinione personale credo che il Topo sia stato risparmiato perché ritenuto una lettura di svago, come altre opere d’arte (non di propaganda) consentite in periodo fascista. Inoltre una censura per essere efficace deve proibire opere selezionate accuratamente, sperando che se ne perda la traccia, poiché una censura totale e indiscriminata provoca sempre più clamore, curiosità e favorisce la circolazione clandestina.”
Nel novembre del 2018 “Il Secolo” pubblicò un interessante intervento anonimo sui 90 anni di Topolino che pescava in parte nel saggio di Barbera; in realtà quel pezzo era una “riedizione” di un articolo di Annalisa Terranova già apparso nel 2016 (per il cinquantesimo della morte di Disney) su “Lettera 43”. Nei due interventi si leggeva, praticamente senza variazioni:
“Lo psicologo Fausto Antonini rimproverò a Disney di avere creato un mondo illusorio, dove non compaiono né la lotta di classe né la sessualità. Nel 1972 Feltrinelli tradusse per i lettori italiani il virulento attacco contro Paperino di due autori cileni, Ariel Dorfman e Armand Mattelart, secondo i quali l’ideologia disneyana è una consapevole propaganda dell’american way of life e tenderebbe a perpetuare il dominio di classe della borghesia. (…) Solo negli Anni 80, la sinistra cominciò a rivalutare Disney, riabilitato sulla scorta di uno scritto del 1941 di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, il regista della rivoluzione comunista: ‘Disney è una meravigliosa ninna nanna per i sofferenti e gli sfortunati e gli oppressi’. La cultura di destra si affanna invece a trovare affinità tra il ‘camerata Disney’ e il suo universo simbolico di riferimento. Si sa che Walt Disney venne ricevuto a Roma negli anni 30 da Benito Mussolini, che ne ammirava l’opera al punto da far allestire a villa Torlonia una sala di proiezione dove due volte alla settimana familiari e domestici assistevano ai cortometraggi di Topolino. Il mondo disneyano ricevette inoltre giudizi lusinghieri da parte del poeta francese Robert Brasillach, fucilato perché collaborazionista, e di Ezra Pound. Ancora, veniva sottolineato favorevolmente l’elemento iniziatico che Disney sapeva trasferire dal mondo sapienziale della fiaba ai cartoon. Dibattiti forse sterili, ma che testimoniano quanto l’opera di Walt Disney fosse rivolta anche agli adulti. E indicano infine come si riesca a trasformare in ideologia ciò che in fondo era un’idea semplice, anche banale, ma con una grande carica di genialità capace di darle energia inedita. Un’idea che lo stesso Walt Disney si compiaceva di spiegare: ‘Quello che voglio è far divertire le persone, dar loro un momento di piacere, una risata’. Un obiettivo di puro edonismo, all’apparenza, che coniugato con gli archetipi delle fiabe ha edificato un successo straordinario, intramontabile e globale.”
In quello stesso mese del 2018 anche “Lo spazio bianco”, eminente sito fumettistico in Rete, si occupò con Tommaso Vitiello del novantesimo anniversario di Mickey Mouse, parlando di un incontro fra Arnoldo Mondadori e Walt Disney che sarebbe avvenuto in Italia nel 1934. In realtà, come ben sappiamo, Disney vide Mondadori nello Stivale il 14 luglio 1935. Vitiello continua:
“Nel 1935 il giornale di Topolino passa di mano, Arnoldo Mondadori esulta (…). Nello stesso anno Walt Disney ritorna in Italia e ovviamente il suo viaggio fa tappa a villa Torlonia che in quegli anni era la residenza del duce, per poi andare al galà organizzato in suo onore al cinema Barberini in compagnia della moglie e di Galeazzo Ciano. È interessante notare la scritta che, con il classico font del fascismo, capeggia all’interno della sala del cinema: ROMA SALUTA IL POETA DEL CINEMATOGRAFO E IL CREATORE DI TOPOLINO. La festa è un successo e probabilmente spinti dalla passione che il duce e la sua famiglia nutrono per i cartoni e i fumetti Disney, partecipa tutta la nobiltà romana di quel periodo.”
Vitiello non parla espressamente del vertice Disney-Mussolini, ma lo lascia intendere, con il riferimento a Villa Torlonia; singolare il riferimento a due ravvicinatissime visite italiane di Disney in Italia, nel 1934 (data errata) e nel 1935.
“The German Way” è un sito in lingua inglese che si occupa di Germania. Il 4 luglio 2020 viene affrontata la questione del viaggio europeo di Disney del 1935. Venendo alla tappa italiana il giornalista che si firma HF scrive:
“Avendo come base di partenza Villa d’Este i Disney esplorarono l’Italia settentrionale, viaggiando in treno per Milano. Walt e Lillian celebrarono il loro anniversario di matrimonio sul Lago di Cpmo, il 13 luglio 1935. Ma come sembra accadeva, anche in Italia c’erano affari da sbrigare. Roy e George Kamen (che era venuto in aereo da Parigi) andarono a Milano per risolvere certi problemi con il loro agente italiano. Il 19 luglio era giunto il momento di prendere il treno per Roma. Furono accolti all’arrivo da Luigi Freddi, capo della Direzione Generale della Cinematografia fin dal 1934, che avrebbe fondato gli studi di Cinecittà nel 1937. L’entusiastica accoglienza romana fu caotica. Furono ben accolti, ma non ci furono incontri né con il Papa, né con Mussolini, come spesso viene falsamente dichiarato. I Disney visitarono la Basilica di San Pietro e pranzarono con alcuni membri della famiglia Mussolini”.
Dunque: vero il pranzo a Villa Torlonia con la famiglia Mussolini, ma senza Benito.
Il 10 giugno 2020 il sito “Cinefacts” pubblica l’interessante intervento intitolato “La Dea della Primavera (fascista) targata Walt Disney”. L’estensore dell’articolo, Marco Volpe, parla del ritorno in streaming della versione originale italiana con il doppiaggio del 1935 della Silly Symphony “The Goddess of Spring”. Si tratta della versione che:
“Walt Disney portò in persona come regalo agli italiani in occasione della premiere di Gala organizzata al prestigioso Cinema Barberini di Roma nella sera di sabato 20 luglio 1935. Nell’estate del 1935 difatti Walt, con la moglie Lillian, il fratello Roy e la sua consorte Edna, intraprese un considerevole viaggio che lo portò nelle principali città europee: dalla Francia alla Germania, passando per l’Austria e la Svizzera e arrivando, ovviamente, anche in Italia. In quel sabato sera di luglio il Dopolavoro dell’Urbe organizzò una speciale proiezione in versione originale del film ‘Resurrezione’ (‘We Live Again’, 1934) diretto da Rouben Mamoulian con Anna Sten, Fredric March e ispirato all’omonimo romanzo di Lev Tolstoj. E lì ‘La dea della primavera’ vide la luce sul grande schermo italiano per la prima volta! Mi sembra comunque giusto sottolineare che anche negli USA questa ‘Silly’ era abbinata proprio alla soprastante pellicola di Mamoulian, rilasciata nel novembre del ’34 per merito della ‘United Artists’ che distribuiva entrambi i titoli, quindi non era un caso vederli accostati anche in Italia. Per l’evento, eccezionalmente, assieme al film vennero proiettati non solo ‘La dea della primavera’ ma anche (…) ‘Topolino Papà’ e ‘Topolino Robinson’. I diversi articoli dell’epoca, consultabili presso l’archivio digitale de ‘La Stampa’, ci confermano che in quella serata d’onore i cartoon proiettati erano ‘arrivati direttamente dall’America con l’aeroplano’ e quindi, presumibilmente, doppiati già negli Studi Disney di Burbank da interpreti italoamericani o comunque avvezzi alla nostra lingua. In conclusione è significativo notare che lo Zio Walt fece vedere ai fascisti un disincantato corto sul ritorno della Primavera. Sicuramente non c’era malizia da parte di Disney e come già detto il titolo era di default abbinato al film proiettato la sera della premiere. Sarebbe però curioso sapere quale reazione Benito Mussolini abbia potuto avere dinanzi alla poetica di Disney, per quanto le testate dell’epoca riportino la sola presenza al Barberini di Edda Ciano (figlia del Duce) e di suo marito Galeazzo Ciano. Oltretutto ci sono fondati motivi di ritenere che Walt Disney e Benito Mussolini non s’incontrarono mai… O sicuramente non in quel frangente. Lo storico dell’animazione Didier Ghez nel suo indispensabile libro Disney’s Grand Tour evidenzia che in quei giorni sull’agenda ufficiale di Mussolini, conservata all’Archivio Centrale dello Stato, non c’è traccia di un eventuale appuntamento con Walt. Oltretutto se
gnala che nel pomeriggio del 21 luglio Mussolini lasciò Roma, per assolvere impegni istituzionali prima a Riccione e poi a Forlì. E quando il 30 il Duce rincasò a Roma, Walt aveva già lasciato la città. A supporto dell’ipotesi che i due non s’incontrarono personalmente, in quei giorni, va citata anche la foto della fotografa ungherese Ghitta Carell inviata da Mussolini a Walt (e conservata agli Archivi Disney) con la seguente dedica e datazione: ‘A Walt Disney con cordiali riconoscimenti e complimenti. Roma, 21 luglio 1935 – XIII. Mussolini’. Secondo l’autore la foto non avrebbe motivo di esistere se i due si fossero davvero incontrati e scambiati vicendevoli riconoscimenti personali”.
Volpe, pur rifacendosi alla “lezione” di Ghez, non esclude del tutto un incontro fra Mussolini e Disney, che ovviamente non avvenne nel “frangente” della serata al Barberini, come sappiamo.
“Fumetto a ferro e fuoco”, pubblicato dal sottoscritto in proprio con Amazon nel 2020, raccoglie (rivisti e corretti) tutti i miei articoli fumettistici pubblicati negli anni su “EreticaMente” e altre cose apparse altrove. Il tutto con un denominatore comune: guerra, politica, fascismo, comunismo, nazismo… e fumetto. Nel volume viene riproposto, in versione integrale, riveduta e corretta l’articolo su Disney e Mussolini apparso 6 anni prima su “EreticaMente”.
Infine, nel 2020, come già sapete, la Nicola Pesce Editore presenta una versione riveduta e corretta, arricchita di documenti inediti, del fondamentale “Eccetto Topolino”; ne parla in rete – sui social e sul suo sito “Giornale Pop” – Sauro Pennacchioli, che il 29 ottobre 2020 a tal proposito afferma:
“Leonardo Gori è coautore di questo libro mostruosamente interessante sulle origini del fumetto in Italia. Come dico nell’articolo ‘A cosa servono i fumettologi’ rimango perplesso solo quando si parla della contrapposizione tra fumetto e fascismo, che secondo me è, invece, tra fumetto e intellettuali. Non sono neppure d’accordo sul ruolo di Mussolini nel passaggio dei diritti di Topolino dal fascista Nerbini al fascista Mondadori. Gli editori americani di norma fanno un contratto della durata di alcuni anni, dopo i quali possono cambiare editore italiano. Lo stesso Topolino è passato nel 1988 da Mondadori alla Disney Italia. I diritti dei fumetti Marvel e Dc hanno pure cambiato spesso editore italiano (in questi mesi la Dc è passata dalla piccola Bao alla grande Panini). Non sorprende affatto, quindi, che negli anni trenta Topolino sia passato dalla piccola Nerbini alla grande Mondadori: non è necessario vederci la mano di Mussolini. A parte questi particolari del tutto secondari, il libro è imperdibile.”
Avete letto questo ampio, seppur non esaustivo, florilegio di voci, commenti, opinioni, considerazioni, indizi, prove e controprove. Dalla Rete, di cui vi abbiamo dato alcuni succosi assaggi, si potrebbero riportare ancora molte altre notizie sull’incontro fra Disney e Mussolini, sul viaggio in Italia dei Disney e sull’apprezzamento del Duce e dei suoi famigliari per Topolino & Co. … ma si tratterebbe di ripetizioni, perché molto spesso le stesse frasi (tratte da Barbera, da Eliot, dal primo articolo di “EreticaMente”, etc.) rimbalzano identiche da un sito all’altro, da un blog all’altro. I punti fermi, ormai assodati, sono tre: i Disney vennero in Italia nel luglio 1935; Disney incontrò al Barberini Edda e Galeazzo Ciano e a Villa Torlonia gli altri famigliari del Duce e con loro pranzò; Mussolini e i suoi avevano verso il cartooning disneyano una grande passione. Questo atteggiamento sicuramente mutò con la guerra – anche senza prendere in considerazione il cartone animato disneyano di propaganda “Der Fuehrer Face”, con protagonista Paperino, dove il Duce, in qualità di membro dell’Asse, appare due volte in chiave di parodia.
Torna però l’annoso interrogativo: è vera oppure è una leggenda la stretta di mano tra il Capo del Fascismo e il Principe dell’Animazione? Mussolini apprezzava Disney, lo sappiamo per certo, ma Disney apprezzava Mussolini? Le tesi e le posizioni, con il trascorrere degli anni, rimangono sempre le stesse, anche se quelle “a favore” dell’incontro sembrano oltrepassare in numero quelle “negazioniste”, che si appoggiano ormai soprattutto sul libro di Ghez e, in misura minore, su alcune dichiarazioni di Diane Disney… Molti indizi, ricordi e testimonianze dirette e di prim’ordine puntano verso il sì, ma mancano foto e documenti probanti, manca l’annotazione ufficiale dell’incontro sull’agenda di Mussolini tenuta dalla Segreteria Particolare, manca la prova scritta, stampata, la “pistola fumante”. Noi – avendo qui rafforzato il nostro giudizio – rimaniamo fermi a quanto dicemmo nel 2014, usando il condizionale: l’incontro potrebbe esserci stato per davvero, e sarebbe stato un incontro privato, non ufficiale, quasi esclusivamente famigliare, nel quale si sarebbe però parlato anche dei risvolti commerciali di Mickey Mouse & Company, e della delicatissima questione dell’appena avvenuto passaggio dei diritti, per quanto riguardava i fumetti del Topo, dall’editore fiorentino Nerbini (camerata e conoscente di Mussolini) al milanese Mondadori.
Francesco G. Manetti