Vi sono molti autori che, salvo per gli specialisti, sono più o meno caduti nell’oblio, anche se ai loro tempi ebbero a svolgere un certo ruolo nell’ambito della storia delle ideologie. In altri articoli ho ricordato alcuni che possono in un certo modo passare per dei “precursori” di certi schieramenti nazionali, antidemocratici e razzisti: i francesi Victor Courtet, Daniel Ramée e Charles Richet, il britannico A.Ludovici, e l’italiano Filippo Manetta, ora voglio dedicare qualche riga ad un altro francese Jules Soury.
Jules Soury (28 maggio 1842 – 10 agosto 1915) fu un teorico e storico della neuropsicologia. Nonostante fosse nato in una famiglia povera riuscì a studiare varie materie, lettere, paleografia e neurologia. Ricoprì una cattedra di Storia delle Dottrine Psicologiche e le sue lezioni attirarono personalità come Clemenceau, Anatole France e Maurice Barres, fu autore, e traduttore, di molte opere e amico delle storico del cristianesimo Ernest Renan. Ciò che gli procurò una certa notorietà fu il suo contributo all’elaborazione di una dottrina del nazionalismo basata su di un acceso antisemitismo.
Chi scrive ebbe a conoscere questa ormai obliata figura nelle pagine de <La Destra Rivoluzionaria> (Corbaccio, Milano, 1997) del noto storico israeliano Zeev Sternhell. Questi inserisce il Soury nella peraltro vaga, categoria del <Social darwinismo>, e scrive del Nostro (pag. 169) “Nello stesso tempo pamphlettista, filosofo ed erudito, questo docente della Scuola di Studi Superiori della Sorbona è l’autore di una serie di opere che nel loro insieme, esprimono una visione del mondo assai vicina a quella del nazismo.” Se oggi il Soury pare del tutto dimenticato, egli “godeva alla fine del secolo, di un’immensa popolarità. Tutta la Parigi che conta seguiva i suoi corsi, Maurras lo chiamava il <nostro vecchio profeta infrequentabile> e, per Barrès, egli era il maestro che lo aveva profondamente influenzato”. Ricordata la partecipazione del Soury nella lotta dei nazionalisti francesi, lo Sternhell riprende “Come nel pensiero di Taine, il quale afferma che alcune <leggi generali> reggono l’universo, regolano il comportamento umano e permettono di prevederlo, come in Le Bon, come in Vacher de Lapouge, la struttura portante del pensiero di Soury è il determinismo. Alcune <leggi fatali>, alcune <leggi ferree del determinismo universale> comandano ogni istante dell’esistenza umana, quella dell’individuo come quella della collettività. Per questo Soury nega tanto il libero arbitrio e il ruolo dell’uomo come soggetto della storia. […] L’uomo è un semplice ingranaggio del meccanismo universale, mossa da <istinti ereditari> che nascono da <variazioni utili acquisite meccanicamente nel corso di lunghe lotte per l’esistenza>, detto in altre parole, l’uomo agisce solo in virtù <di abitudini ancestrali, divenute organiche per la selezione naturale>. Di conseguenza la <ragione> (Soury ha cura di usare questo termine solo tra virgolette) <non è che la legge meccanica e matematica seguita per necessità dagli atomi in movimento nel ciclo eterno della produzione e della distruzione dei mondi>. Legge che era già stata espressa da Le Bon e che si ritrova formulata anche da Barrés…” Indubbiamente è una concezione troppo “riduttiva”
Del Soury si può leggere la ristampa anastatica (Kessinger Publishing’s Legacy Reprints) il volume <Campagne Nationaliste, 1899-1901) Edito a Parigi da Plon nel 1902
Diciamo subito che l’autore si era impegnato nel movimento anti-dreyfusardo e non aveva dubbi che il capitano ebreo fosse un “traitre juif”; com’è noto i nazionalisti francesi si gettarono avventatamente a sostenerne la colpevolezza.
Il libro è una raccolta di vari brani che trattano diversi argomenti: il socialismo, le tassazioni, l’alleanza della Francia repubblicana con la Russia zarista, con interessanti riferimenti ai primi campioni del nazionalismo d’oltre alpe Maurice Barres, Charles Maurras e Eduard Drumont(1)
Esso inizia con un’interessante prefazione cui segue una breve autobiografia dell’autore. “Mi è stato spesso rimproverato di essere un aristocratico della stirpe di Eraclito. Codesta aristocrazia è fatta di amarezza, di tristezza e di orgoglio, vero, non ho alcun motivo per essere allegro e non sono più democratico dell’antico fisiologo di Efeso”. Oggi abbiamo ancor meno motivi di allegria!
Poi (pag. 77) questa bella dichiarazione “Non si sussiste e persiste in questo mondo che grazie alla disciplina, al rispetto della gerarchia e all’osservazione di una regola invariabile di vita.”
Riguardo agli aspetti più interessanti, almeno per chi scrive, si può notare il richiamarsi, al pari di Maurice Barres a un nazionalismo basato su “la terra e i morti”, anche il Soury basa la sua concezione della storia sul concetto di razza. “Qualunque cosa si sia pretesa, la presa in considerazione del fattore razza rimane capitale nella storia del mondo. Nel passato come nel presente, essa resta la spiegazione ultima della natura delle azioni e delle reazioni dell’individuo nella lotta per l’esistenza.”
Ma quello che interessa soprattutto al nostro è la lotta che, a suo parere, si svolge ormai da secoli tra gli Ariani e i Semiti “L’Ariano e il Semita, per non parlare che di questi due gruppi etnici, reagiscono nelle stesse circostanze in modo ben diverso – prosegue – perché la loro nature sono diverse e in gran parte irriducibili l’una all’altra. Questa verità che, quando si tratti di piante o di animali, risulterebbe evidente per qualsiasi botanico o zoologo, per ogni giardiniere o allevatore, ripugna a certi letterati e soprattutto agli uomini politici francesi il cui spirito è stato distorto dai sofismi della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino”.
E a pag. 137 “…i caratteri etnici delle diverse razze o specie umane presentano un grado di fissità, una sicurezza di reazione organiche e funzionali talmente apparenti, a causa dell’accumulo dei fattori ereditari, che esiste una etologia speciale, una scienza dei costumi, delle reazioni morali delle varie razze e specie del genere umano, come per gli altri mammiferi, cani, cavalli, uccelli, rettili, anfibi e pesci.” Forse sarebbe stato opportuno che il Soury avesse qui riportato degli esempi a dimostrazione delle sue argomentazioni.
E’ senz’altro da notare che il Soury non manca di scorgere la degenerazione della nostra razza e non esita a parlare di “diminuzione generale dell’intelligenza umana in Europa”.
Ma quello che interessa al Nostro è un aspetto della lotta plurisecolare tra gli Indoeuropei e i Semiti. Egli fa sua la tesi di Ernest Renan “Io sono il primo a riconoscere che la razza semitica, paragonata a quella indo-europea rappresenta realmente una combinazione inferiore della natura umana” (pag. 92). Il Soury non manca di apprezzare la tenacia con cui il popolo giudeo ebbe a lottare contro i suoi nemici Assiri, Egiziani e soprattutto i Romani, forse prendendo un po’ troppo sul serio quel pozzo nero di idiozie e menzogne che è il cosiddetto “antico testamento”. (2)
Dunque, sempre <semiti> contro <Ariani>. Dopo la caduta di Gerusalemme (pag.94) “Dispersa fra le nazioni, Israele continua la sua lotta, la lotta secolare del semita contro tutto ciò che non è semitico, cioè o arabo o ebraico, contro lo spirito, la lingua, i costumi, i culti e le civilizzazione dei popoli di razza ariana, Elleni, Italici, Celti, Germanici, Slavi. Non assimilato perché rimane per sempre inassimilabile il Semita rimane e resterà quello che è: lo Straniero in mezzo a noi Francesi, Tedeschi, Inglesi o Russi, e ciò nonostante tutte le naturalizzazioni e di tutte le conversioni. Codeste finzioni politiche non saprebbero […] modificare un atomo del cuore di granito d’Israele.”
Egli ricorda le invettive di Cicerone contro l’influenza ebraica nelle assemblee romane, per lui è da deplorarsi che Pompeo che rispettò ingenuamente il tempio di Gerusalemme, e via elencando… In sostanza, a suo parere, nel trattare con il popolo ebraico i Romani sarebbero stati alquanto ingenui e si chiede (pag. 97) “Ma quale Romano avrebbe potuto leggere nell’animo di un semita?”
Tiberio “miglior conoscitore degli uomini”, fece deportare in Sardegna 4.000 ebrei ed altri orientali, secondo Tacito: “Pensando che se non fossero sopravvissuti al clima insalubre dell’isola, la perdita sarebbe stata poco degna di rimpianto. Intanto, però in seno al giudaismo era nato il cristianesimo, e qui l’autore rimanda a quanto Tacito ebbe a scrivere sulla nuova religione.
Pag. 98 “Odium generis humani: queste terribili parole di Tacito riassumono quella che era l’opinione generale di tutti i popoli antichi riguardo ai giudei, e tale apprezzamento perdurò dalla più remota antichità fino ai giorni nostri. A ciò seguono lunghe citazioni di Tacito, brani che saranno senz’altro conosciuti dai nostri lettori.
Nei primi secoli della “nostra” era, notoriamente, gli ebrei non mancavano di cercare e trovare proseliti mentre iniziava a svilupparsi l’insidiosa propaganda cristiana. A pag. 101 possiamo leggere “Non fu nelle città di alta cultura e di civilizzazione raffinata, come Atene e Alessandria, che il proselitismo ebraico e cristiano poterono agire nel primo secolo; e neppure lo poterono nelle città rimaste veramente latine. (3)
Era necessaria la presenza di elementi semiti, ebrei o Siriani, in quell’oscura fermentazione da cui poterono scaturire comunità e chiese”. Le masse orientali si rovesciavano su Roma e tutto l’Impero portando i loro usi, i loro vizi, le loro religioni e le loro superstizioni.
Poi un accenno ai tentativi di frenare il proselitismo ebraico, alle successive rivolte contro Roma, agli orribili massacri compiuti in Cirenaica, in Egitto e a Cipro e non si manca di ricordare come libro pervaso da odio antiromano quella oscura <Apocalisse> poi adottata come testo sacro anche dai cristiani. (4)
Pag.101 “Era questo il destino dei giudei: maledire tutti i grandi Stati in cui si è sviluppata la civiltà ariana”. E sugli ebrei di Palestina (pag.104) “Invano tutto il mondo era diventato romano essi pretendevano di restare ebrei. Per comprendere una tale pretesa, bisogna pensare a quel grande fermento spirituale diffuso in tutta la Giudea a partire dall’epoca dei Maccabei. Resistere al dominio romano, non era solo una follia: era un crimine contro la civiltà. Come, infatti, si potrebbe bilanciare la secolare anarchia, la mancanza assoluta di una cultura elevata e tutte le superstizioni del popolo ebraico, con <l’immensa maestà della pace romana> per usare le parole di Plinio. Con la civiltà, la scienza e la dottrina del mondo greco romano?”
E poi (ibidem) “Codesti Semiti… osarono gettare una sfida all’Occidente. Gerusalemme si prendeva per Cartagine. Essa ne ebbe la stessa sorte, senza la gloria di aver contrastato i Romani quanto lo aveva fatto la patria di Annibale. A Cartagine, come a Gerusalemme, furono dei Semiti quelli che le legioni romane schiacciarono come le teste dell’Idra…”
Pag. 105 “Gli ebrei non erano solo dei nemici pubblici dell’Impero: erano una peste per la società. La società infatti si difendeva contro questi uomini di un’altra razza, che pretendevano di avere tutti i diritti senza ritenersi soggetti ad alcun dovere. Israele fu sempre convinta che Jahweh avrebbe fatto lavorare tutti gli altri uomini per gli ebrei”.
Proseguendo il Soury riporta un giudizio del Renan secondo il quale gli ebrei sarebbero “estranei a ogni istinto di onore, di fierezza, di gloria, di delicatezza e di arte”. Notando il persistere di sentimenti antisemiti durante tanti secoli e presso tanti popoli, non ci si può non chiedere se vi sia una giustificazione oggettiva a tale avversione che il fattore religioso non basta a spiegare; in effetti “…il giudaismo non è un fatto religioso, ma un fatto di razza.” Si possono cambiare religione, lingua, nazionalità, ma la razza rimane sempre quella.
E sul fattore <razza> il Soury torna a insistere (pag. 140) “Il fatto dell’irriducibilità morale e intellettuale fra il Semita e l’Ariano è perfettamente accertato nella storia, sia che si tratti della lingua, della religione e della politica, in breve, della civiltà nel suo insieme. I caratteri che differenziano il Semita dall’Ariano sono stati più volte studiati nei campi dell’etnologia, dell’antropologia, dell’epidemiologia, e delle problematiche cliniche. Il semita reagisce in modo diverso dell’Ariano nei riguardi di molte malattie infettive e presenta una neurologia (nevrosi, psicosi, affezioni organiche dei centri nervosi) profondamente distinta da quella dell’Ariano.” Poi (pag. 143) Le nevrosi e le psicosi degli ebrei sono sempre meglio conosciute, e non vi è più dubbio che essi siano maggiormente predisposti degli Ariani alle forme più gravi della costituzione psicopatica, alle malattie mentali e nervose.” (5)
Certamente sarebbe giusto verificare tutto questo prendendo anche in considerazione l’ipotesi che molte di queste particolarità siano dovute al modo di vita degli ebrei nei secoli dei ghetti etc.
Già a pag.9, nella prefazione, si può, peraltro, leggere questa terribile condanna “Il più grande misfatto di Israele è di aver infettato le nostre razze ariane dell’Occidente del suo monoteismo, dalla credenza di un Dio creatore del cielo e della terra, nomenclatore di specie di fiori e di animali. Codesta cosmogonia giudaica è l’eterno scandalo della ragione ariana, quale essa è fiorita nell’India vedica o nell’Ellade, come tra i popoli germanici, gli Scandinavi, gli Slavi e i Celti.”
E poco dopo (pag.46/47) leggiamo “Il <vero Dio> il <Dio unico> è una concezione semitica, un residuo della pattumiera giudaica, particolarmente estranea al genio della nostra razza. Un Ariano ha la consapevolezza di non essere che una onda dell’eterno e infinito oceano delle cose. Egli non chiede dei rendiconti all’universo come si domandano al proprio banchiere; egli sa che la coscienza è uno stato della sensibilità e del pensiero, un fenomeno risultante dalla combinazione chimica degli elementi dell’acqua della terra e dell’aria. Un fine, un piano, uno scopo, una ragione delle cose non esiste a questo mondo. Solo uno spirito ristretto ed egoista come quello degli antichi ebrei può aver immaginato l’economia di questo mondo a somiglianza di una casa bancaria in cui ognuno avrebbe il suo conto riportato sul libro mastro. Jahweh Elohim è uno Shylock del ghetto.” (6)
Il Soury scrive di non temere le accuse di <ateismo> e a questo proposito pag.48 “L’ateismo non esiste che nelle cosmogonie in cui la materia, lungi dall’essere come nella religione dei giudei la creazione di un Essere preesistente, estrae dal suo seno infinito, insieme agli archetipi stellari, le piante, gli animali, gli stessi dei esseri destinati a perire, effimeri riguardo al flusso e al riflusso senza inizio e senza fine dell’eterna marea delle evoluzioni e involuzioni dell’universo.” Si vorrà convenire che codesta sia, senz’altro, una concezione ben più elevata di quella vetero-testamentaria.
Ma, sorprendentemente, nonostante tutto ciò il Soury non manca di sottolineare più volte la sua simpatia per il cattolicesimo. Pag. 44 “Cattolico, io morirò nella religione in cui sono nato, nella Chiesa Cattolica, non… perché io abbia fede, ma perché nutro rispetto e amore per le tradizioni, le tradizioni famigliari e le tradizioni nazionali.”
E’ una posizione per noi difficile da comprendere oggi quando la chiesa cattolica è una delle forze più distruttive nei confronti di ciò che resta della civiltà europea. Ci si può chiedere come ancora oggi elementi di quello che avrebbe dovuto essere uno schieramento nazionale ed europeo possano continuare ad appartenete ad una chiesa che favoreggia in ogni modo l’invasione dell’Europa da parte dei popoli di colore. (7)
Il Soury aveva posto la sua conclusione già nella prefazione(pag.14): “Battersi per l’ideale degli avi e la salvezza dei discendenti, battersi per le tradizioni della razza, per l’onore della propria casta o della propria nazione, ecco, secondo me, la funzione eroica dell’uomo. Quando tutto, come in Francia, è stato conquistato, saccheggiato, avvilito dallo straniero, resta al vinto una ultima, suprema speranza-la speranza di essere degli dei padri fino alla morte, la speranza di morire bene! Decenter mori”
Probabilmente a noi, come italiani e come europei, non rimane neppure questa ultima, suprema, speranza.
ALFONSO DE FILIPPI
(1) Su codesti esponenti del nazionalismo francese cfr J.Ploncard d’Assac <Le Dottrine del Nazionalismo> Volpe, Roma,1966.
(2) Riguardo al Renan “che ebbe delle illuminazioni prefasciste” come si legge nella <Dottrina del fascismo> (ed Treves-Milano – 1932 – pag. 15), Sergio Romano su il <Corriere della Sera> del 20 Maggio 2016 (<Le Destre Rivoluzionarie in Francia e in Italia>) arriva a scrivere che Mussolini “Considerava Ernest Renan un precursore.” Peccato che di codesto autore si ricordi oggi solo la melensa <Vita di Gesù>. “Una larga applicazione delle scoperte della fisiologia e del principio della selezione potrebbe portare alla creazione di una razza superiore, con un suo diritto di dominare, non solo per la scienza, ma anche per la superiorità stessa del suo sangue, del suo cervello e dei suoi nervi… Un fabbrica di Asen, un Asgard, potrà essere ricostruito nel centro dell’Asia. “Ernst Renan cit. da J.M.Angebert <Les Mystiques du Soleil> Paris, Laffont, 1971, pag.329 «Nous aspirons, non pas à l’égalité, mais à la domination. Le pays de race étrangère devra redevenir un pays de serfs, de journaliers agricoles ou de travailleurs industriels. Il ne s’agit pas de supprimer les inégalités parmi les hommes, mais de les amplifier et d’en faire une loi.» (Ernest Renan, La Réforme intellectuelle et morale, 1871)
(3) Mi permetto qui di rimandare al mio <Gerusalemme contro Roma> (Idee in Movimento, Genova, s.i.d.
(4) Cfr. ad esempio D.H.Lawrence <Apocalisse> <L’Uomo che era morto> Mondadori, Milano, 1980
Si potrà, eventualmente, ritornare in futuro, sui sospetti che ancor oggi gravitano sulla comunità cristiana dei tempi di Nerone alla quale avrebbero potuto appartenere i veri incendiari di Roma. Cfr. Carlo Pascal <L’Incendio di Roma e i Primi Cristiani> Lescher, Torino, 1900. Da WIKIPEDIA In alternativa alla versione tradizionale, lo storico Gerhard Baudy, riprendendo una tesi elaborate in precedenza da Carlo Pascal e Léon Herrmann, ha esposto l’ipotesi secondo la quale furono effettivamente i cristiani ad appiccare volontariamente fuoco a Roma, allo scopo di dare seguito ad una profezia apocalittica egiziana, secondo cui il sorgere di Sirio, la stella del Canis Major, avrebbe indicato la caduta della grande malvagia città[]. Recentemente uno studioso italiano, Dimitri Landeschi, attraverso una accurata ricostruzione storica dei drammatici avvenimenti che si svolsero a Roma negli anni 64 e 65 d.C., ha avanzato l’ipotesi che ad incendiare Roma non fosse stato Nerone ma, con ogni probabilità, un pugno di fanatici appartenenti alla frangia più estremista della comunità cristiana di Roma, con la complicità morale di taluni ambienti dell’aristocrazia senatoria, in mezzo a cui si celavano i veri ispiratori di quella scellerata operazione. Landeschi, nel formulare la sua ipotesi, riprende e sviluppa tesi analoghe avanzate in passato da storici quali Carlo Pascal, Gerhard Baudy e Giuseppe Caiati.
(5) Chi scrive si chiede ogni giorno come sia possibile che davanti alla situazione sempre più disperata in cui versa l’Occidente bianco quelli che avrebbero dovuto essere dei militi per un estremo tentativo di resistenza, invece di occuparsi di questioni razziali (ed ecologiche) continuino a perdere tempo con pseudo esoterismi e compagnia bella: un modo di nascondere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi.
(6) Non si potrebbe qui che rimandare ai fondamentali testi di Silvano Lorenzoni <Contro il Monoteismo> (Ghenos Ferrara 2006) e <La Figura mostruosa di Cristo e la convergenza dei monoteismi> Primordia, Milano, 2011
(7) Piero Sella in <La Questione turca> (<L’Uomo Libero> N. 61 Marzo 2006 – pag.7 – 8 <La Chiesa ha deciso di rinnegare il secolare percorso compiuto a fianco dell’Europa e ha assunto una posizione di assoluta <correttezza politica>: respinge e disprezza il sentimento nazionale, fa suo il progetto di un’umanità indifferenziata e globalizzata. I popoli europei, la cui esistenza stessa è messa in discussione dall’immigrazione di massa, vedono così le istituzioni ecclesiastiche e il clero schierato contro di loro, dalla parte di chi si propone di rovesciare il quadro demografico e culturale d’Europa.>.