60 per cento al NO, quasi il settanta per cento degli italiani alle urne per il referendum costituzionale. Altri muri cadono, pochi avrebbero immaginato uno scenario tanto positivo numericamente. Lasciamo ai politici le analisi politiche, ai sociologi l’onore di reinterpretare questa nostra strana nazione fuori dalle rassicuranti categorie valide sino a ieri, lontano dalle etichette appiccicate a forza, logorate dall’uso, clamorosamente smentite dai fatti.
Noi tentiamo una lettura diversa, indubbiamente di parte, ma con il pregio forse di una certa originalità. E’ stato un grande voto “italiano”, nazionalpopolare, chirurgico. Il bisturi elettorale ha sconfitto Renzi, sì, ma innanzitutto i sostenitori della cessione di ulteriori pezzi di sovranità, così chiaramente espressi in tante parti della deceduta riforma Boschi-Napolitano-JP Morgan. Messi a tacere Monsieur Juncker, il maìtre d’hotel dei banchieri, i cantori dei Mercati, i servitori in livrea del potere finanziario oligarchico e transnazionale, nonché gli interessati tifosi d’Oltralpe (Frau Merkel, Schauble,il neo disoccupato Hollande), i numerosi grandi architetti dell’universo globalista.
Un voto da non enfatizzare, ma casereccio, pizza e pastasciutta aglio olio e peperoncino: Italia. Pazienza se suonerà qualche stonato mandolino, meglio comunque della musica elettronica creata da appositi modelli matematici. Il sì ha vinto solo dove c’è ostilità o indifferenza per le sorti della Patria. Ci piace chiamarla così per una volta almeno. Le due regioni rosse per eccellenza hanno votato sì con lievi maggioranze. Pareggio tecnico in Emilia Romagna, vantaggio lieve ma più netto in Toscana. La vecchia bandiera comunista ha perduto il suo legame con poveri e sfruttati, ma ha mantenuto il suo livore tenace contro la nazione. Non è un caso che le aree meno rosse delle due grandi regioni abbiamo detto no: Massa, Lucca e Grosseto in Toscana, Parma, Piacenza e parte della Romagna dall’altra parte.
Si esprimono per un sì mercatista e antisovranista anche i quartieri borghesi delle principali città, devoti al Dio Quattrino ed agli indici di borsa, mentre un discorso a parte merita il voto degli italiani all’estero. Qui occorre dire qualche verità sgradevole . La bulgara maggioranza pro Renzi è figlia dell’uso spregiudicato, al limite della truffa, delle pubbliche istituzioni mobilitate per il sì alla riforma, ma il punto non è tutto qui.
Gravissimo è stato l’errore del centrodestra di aver imposto un ampio numero di seggi parlamentari riservati all’emigrazione italiana. La legge Tremaglia, per quanto animata dalle migliori intenzioni, è sbagliata ed illogica, i suoi effetti si sono sentiti anche nel referendum. La maggioranza degli italiani espatriati ha allentato o perduto i legami con la madrepatria. Il suo voto è largamente clientelare, appaltato ad una famelica mini casta di faccendieri al servizio del governo di turno. Inoltre i più sanno poco o nulla, inevitabilmente, dell’ Italia che hanno lasciato, spesso da decenni. Elettoralmente, sono un comodo esercito di riserva del potere costituito; un’eterogenesi dei fini per la battaglia di un integerrimo ultraconservatore patriottardo come il defunto Mirko Tremaglia.
Infine, c’è stato il sì di massa più apertamente antiitaliano, quello dei cittadini della provincia di Bolzano, i privilegiati di lingua tedesca che ci detestano con il sorriso sulle labbra ed il portafogli in mano. Sessantaquattro per cento di riformisti sotto le Dolomiti ? No, ma il nuovo Senato avrebbe lasciato inalterata la loro rappresentanza territoriale, triplicandone il peso specifico. L’attacco neo centralista di Renzi & JP Morgan sferrato alle autonomie locali nel Titolo V naufragato il 4 dicembre si è arrestato dinanzi all’agguerrito santuario delle regioni a statuto speciale: dunque, sempre fiumi di denaro nelle tasche dei loden sudtirolesi. Musica per le loro orecchie la nuova, abortita costituzione (o Grundgesetz…), in cui si affermava esplicitamente il primato delle istituzioni e delle norme dell’Unione Europea. Ulteriori spazi per rivendicazioni e privilegi sempre nuovi, in spregio all’uguaglianza di tutti i cittadini proclamata dalla Carta.
A nord della chiusa di Salorno, il bilancio provinciale è triplo rispetto a quello della Regione Liguria, che ha 1.600.000 abitanti contro i 500 mila altoatesini: il denaro non puzza anche se proviene dall’Italia. Da ultimo, i pignoli cultori del bilinguismo hanno attaccato i toponimi italiani, non gradiscono che Sterzing sia anche Vipiteno. L’Italia paga e concede, ed il voto premia sempre chi ci disprezza. Chi non piange non tetta, si dice in riva al Mar Ligure. La minoranza di lingua italiana, peraltro ampia maggioranza nell’area metropolitana di Bolzano, significativamente, non si è unita al coro di “Ja”, come dimostrano i dati dei comuni dove vivono i nostri connazionali, minoranza maltrattata in patria.
Un capitolo a parte per il voto del Sud e per quello milanese. La Milano da bere, cosmopolita, bocconiana ed affarista ha votato sì ed ha prevalso di un soffio sui concittadini “normali” . Il Sud non si fida delle novità e boccia la riforma a valanga. Il referendum non mobilita l’elettorato clientelare, quello che il gerarca salernitano De Luca voleva comprare con la frittura di pesce. C’è un ampio tesoro di dignità emergente e grandi potenzialità patriottiche a sud di Roma, un orgoglio terrone – lo chiamiamo così dai titoli dei libri di Pino Aprile!- che può cambiare il resto d’Italia. Illusioni, forse, ma oggi godiamocela tutta questa vittoria così italiana, un po’ strapaesana, per nulla metropolitana, questo schiaffone sonoro ai tanti centri antinazionali della penisola.
Una volta tanto, per usare il linguaggio dei mercati finanziari, siamo noi, il popolo italiano, in territorio positivo !
ROBERTO PECCHIOLI
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