di Enrico Marino
Dire che il Parlamento italiano è abusivo è ormai palese, dopo la sentenza di mercoledì della Corte Costituzionale che bolla come illegittima la legge elettorale del 2005, il così detto Porcellum, sia nel premio di maggioranza, conferito comunque senza soglia al partito che abbia preso più voti, sia pure nella facoltà di “bloccare” le liste e scegliere a tavolino i parlamentari nella segreteria dei partiti.
Pd e Pdl, ora dovranno, gioco forza, adattarsi perché senz’altro non tornerà a rivivere il Mattarellum, ma resterà in vigore un meccanismo proporzionale di attribuzione dei seggi, senza premio di maggioranza, con le differenti soglie di sbarramento previste per Camera e Senato. Una beffa firmata Corte costituzionale, che ha emesso una sentenza con la quale, di fatto, rimette in discussione l’impianto bipolare introdotto negli ultimi 20 anni nel nostro sistema politico e che tecnicamente, ma soprattutto politicamente, dichiara che quello attuale è un Parlamento illegale.
E se volessimo estendere il principio, sarebbero da considerare nulli anche i suoi atti. A partire dall’elezione del capo dello Stato e dei senatori a vita da lui nominati, fino alla defenestrazione di Berlusconi da senatore, ma soprattutto sarebbe abusiva l’egemonia numerica del Pd, figlia del premio di maggioranza (148 deputati) dichiarato ieri incostituzionale. Di conseguenza, sarebbe illegittimo il governo Letta. Si tratta di un grave incidente politico più che giuridico, perché la Corte ha già precisato che “resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali”. Frase, quest’ultima, messa nero su bianco quasi a prevenire le immaginabili critiche su un ruolo di “supplenza” arbitraria della Corte e per consentire al governo di tirare ancora avanti per qualche tempo, mentre buon senso vorrebbe che si dimettessero tutti, da Napolitano in giù, e si tornasse subito a votare con la stessa legge senza le parti emendate (premio di maggioranza e liste bloccate).
Il rispetto delle sentenze non può essere invocato solo quando riguardano Silvio Berlusconi. Per questo Parlamento, e quindi per questo governo, comunque è finita. Altro che semestre di presidenza europea. Ora che sono politicamente delegittimati, non hanno più alcuna autorevolezza interna per proporre riforme e leggi delle quali chiunque potrebbe da oggi impugnare la validità. E questa, forse, è l’unica fortuna se si pensa alla mancanza di equilibrio di questo Parlamento nell’emanazione e nell’applicazione di tutte quelle leggi che puniscono solo “alcune” opinioni, nella arroganza “politicamente corretta” di voler fare arrestare solo chi esprime “certe” opinioni lasciando invece piena libertà a chi ne esprime altre almeno altrettanto scandalose.
Abbiamo un Parlamento costituito da un’accozzaglia di nominati e non votati, perlopiù illegale ed eletto in netto contrasto con la logica democratica, con un premio di maggioranza che rende possibile al Partito democratico di governare con il 55% dei seggi e poco più del 20% dei voti. Dov’è la democrazia? La legge Acerbo, approvata negli anni Venti (1923) conferiva i due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto su scala nazionale il 25% dei voti e non alla lista che avesse ottenuto più voti, come invece accade oggi. È paradossale che una legge emanata durante la “feroce dittatura fascista” consentisse la governabilità assoluta con una soglia che oggi, in piena democrazia, è scomparsa! Abbiamo un capo dello Stato che è stato eletto da questa assise illegale e che ha spesso forzato la Costituzione arrogandosi poteri che non gli sono riconosciuti e adottando decisioni che si sono rivelate palesemente fallimentari.
Abbiamo, infine, la Consulta stessa che essendo anche espressione del presidente della Repubblica, eletto dal precedente parlamento di nominati e confermato da questo, è in parte abusiva anch’essa, come il Capo dello Stato e le istituzioni politiche maggioritarie tutte. Ora sappiamo (con certezza) che chi ci governa è lì seduto illegalmente (la Corte se ne accorge solo 7 anni dopo l’ultima riforma elettorale) e sappiamo che nell’immediato è intenzionato a non cambiare, comunque, un bel niente.
Ma questa vergogna non è solo un nostro problema interno. Vivendo in una nazione che, a seguito dell’incostituzionalità del Porcellum, è governata da un Parlamento illegittimo (quantomeno sotto il profilo morale), da un Presidente della Repubblica che – essendo stato dallo stesso eletto – è di per sé (moralmente) delegittimato e da una Corte Costituzionale che avendo una rilevante componente politica non può che essere considerata alla stessa maniera, si può immaginare la reputazione che avrà il nostro Paese e il livello di responsabilità gravissime dei ministri che hanno operato in questi anni sulla scena internazionale.
Ad esempio, durante il Governo Monti è stato palesemente violato il Diritto Internazionale e quello pattizio delegando irreversibilmente all’India il diritto di un giudizio penale nei confronti di due cittadini italiani, rinunciando a portare avanti l’unico atto giuridico possibile, l’Arbitrato internazionale. Nello stesso momento è stato commesso un atto contrario alla nostra Costituzione e al nostro Codice Penale in tema di estradizione. Sono stati, infatti, consegnati a un Tribunale speciale indiano due nostri cittadini imputati di un reato che in India è perseguibile con la pena di morte. Un atto totalmente arbitrario anche contro il rispetto di sentenze della Corte Costituzionale che chiaramente nel 1996, nel 2005 e ancora il 28 ottobre 2008 aveva ribadito i vincoli in tema di estradizione. Ci sono responsabilità gravissime del Ministro Monti, probabilmente del Ministro Di Paola e forse anche del Ministro Passera, in tutta la vicenda della restituzione vergognosa dei nostri due marò all’India, per i retroscena che l’hanno caratterizzata gettando oscure ombre su possibili interessi affaristici coinvolti nello scandalo della fornitura di dodici elicotteri Agusta-Westland. E che dire del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nella qualità di Garante della Costituzione avrebbe dovuto impedire quello che si presenta come un “crimine di Stato” e che, invece, si è limitato a ricevere i marò al Quirinale e poi a complimentarsi con loro per l’alto senso di responsabilità che li ha portati – e non si capisce il perché – a far ritorno in un Paese dove per il presunto reato commesso è prevista la pena di morte? Salvo che la Costituzione Italiana e le leggi del nostro Parlamento, nonché i trattati internazionali, non debbano essere considerate alla stregua delle cartelle della Tombola, che possono essere scambiate, contrattate, vendute, chi si è reso responsabile delle eventuali violazioni dovrebbe oggi esserne chiamato a rispondere dinanzi le Autorità competenti.
Ma la punizione di eventuali colpevoli di questo “crimine di Stato” resta soltanto la pia illusione di chi continua a credere nella giustizia e nelle leggi di questo Paese e di chi ancora si illude che questo sistema sia il migliore dei sistemi possibili.