di Fabio Calabrese
Parlando di “un passo indietro”, non intendo riferirmi a quello promesso dalla ministra Cancellieri se, come non è successo né era prevedibile che succedesse, il parlamento l’avesse messa di fronte alle sue responsabilità per il favoritismo nei confronti di Giulia Ligresti; vale però la pena di ricordare che per un analogo favoritismo nel caso Ruby, Silvio Berlusconi ha avuto strascichi giudiziari all’infinito, ma – si sa – come diceva Giolitti, “Le leggi per i nemici si applicano, per gli amici si interpretano”, e non c’è dubbio che “la casta” politico-giudiziaria veda in Berlusconi un nemico.
Che cambi o no qualche faccia nel desolante panorama della “casta” politica, non fa molta differenza: essa rimane sempre uguale a se stessa, la banda di farabutti che ha colato a picco l’Italia e la sta portando alla totale rovina.
No, il passo indietro di cui vorrei parlarvi è un altro e forse lo dovremmo compiere noi, ma sarà meglio andare con ordine. Non è strano che dell’esito delle ultime elezioni amministrative in Trentino, che dovrebbero essere un test molto utile per capire dove andrà l’Italia dopo la fase – per sua natura transitoria – delle larghe intese, sia stato così poco oggetto dell’attenzione dei media? Non è strano affatto se consideriamo che lo scopo dei media di regime non è quello di informare la gente, ma di farle credere ciò che il potere vuole.
Il risultato di questo test elettorale è stato estremamente chiaro, con il PDL e i grillini ridotti a partitini insignificanti, quasi cancellati, e il PD che è stato il vero asso piglia tutto. Tiene le sue posizioni la Lega. Si tratta, ma non mi vanterò di essere stato buon profeta, esattamente del tipo di evoluzione che avevo pronosticato (si veda il mio Per non pagare il dazio), e si comprende anche perché il PD cioè IL POTERE MEDIATICO IN ITALIA, non vuole che se ne parli: finora sono riusciti a impadronirsi praticamente di tutto con quell’aria da eterni perdenti, da finti tonti, e chiaramente intendono continuare a sfruttare quanto più possibile una situazione dalla quale finora hanno tratto il massimo giovamento.
La stampa e i media, che – lo ripeto – non presentano al pubblico la situazione come è veramente ma come fa comodo a chi comanda, in questi giorni stanno istituendo una falsa simmetria fra i contrasti che si sono scatenati all’interno del PDL e quelli che sono scoppiati in casa PD; in realtà le ragioni della cosa sono molto diverse.
Hitler rinchiuso nel bunker della Cancelleria di Berlino, nonostante le menzogne di alcuni suoi generali, aveva molto di più il senso della reale situazione in cui si trovava rispetto a quanto ne ha oggi Berlusconi. In questi giorni è tornato a insistere sul fatto che il Capo dello Stato è ancora in tempo per concedergli la grazia, sembrandogli inammissibile che il leader di quella che fino a ora è stata un’importante forza politica sia privato di questo ruolo per via giudiziaria. Quest’uomo è certamente un abile uomo d’affari, ma la verità è che la politica italiana non la capisce, e sembra non essersi reso ancora conto con chi ha a che fare.
Immaginatevi se dopo vent’anni di tentativi della magistratura infeudata a sinistra per incastrarlo, adesso Napolitano sarebbe disponibile a concedergli la grazia; quanto al fatto che è il leader di quella che finora è stata un’importante forza politica, questa è precisamente la ragione dell’accanimento giudiziario verso di lui.
Sinceramente, io non credo proprio che Silvio Berlusconi sia un esempio di specchiata onestà né di alta moralità personale, ma credo che complessivamente non sia peggio della media dei capitalisti italiani, e le ragioni del lungo accanimento giudiziario nei suoi riguardi sono squisitamente politiche. L’uomo ha dimostrato tanto poco acume politico da paragonarsi agli ebrei sotto il Terzo Reich, dando un pretesto ai “compagni” di dargli pure dell’antisemita, pur essendo sempre stato un fedele leccapiedi degli USA e di Israele.
Fra le baruffe in casa PDL e quelle in casa PD, in realtà non c’è nessuna simmetria. I “falchi” del PDL si rendono conto che le larghe intese che tengono in vita il governo Letta sono vagonate di sterco che vengono loro addosso, che tutto quello che si erano proposti sottoscrivendole – dall’allentamento della stretta giudiziaria sul loro leader all’alleggerimento della pressione fiscale – è regolarmente disatteso, ma le “colombe”, a cominciare da Angelino Alfano, ben si rendono conto di un’altra cosa: che alla prossima tornata elettorale il PDL sarà spazzato via, che la loro sopravvivenza politica è minacciata da una crisi del governo Letta e da eventuali elezioni anticipate, e ci tengono a tenere i loro fondoschiena incollati il più a lungo possibile sulle poltrone ministeriali.
È l’affondamento del Titanic, con i naufraghi che si affollano sulla prua ancora emersa camminando gli uni addosso agli altri nel tentativo di ritardare il tuffo nell’acqua gelida.
Le baruffe in casa PD sono invece baruffe per la spartizione del bottino. Sebbene sembri che ciò non abbia il minimo influsso sugli esiti elettorali come dimostra il test trentino, in vi
sta del congresso di dicembre stiamo assistendo a scene invereconde degne della peggior tradizione democristiana: una guerra delle tessere con sezioni che lievitano improvvisamente proprio alla vigilia del congresso, e s’inzeppano soprattutto di immigrati extracomunitari, che certamente presenteranno presto il conto della loro disponibilità.
sta del congresso di dicembre stiamo assistendo a scene invereconde degne della peggior tradizione democristiana: una guerra delle tessere con sezioni che lievitano improvvisamente proprio alla vigilia del congresso, e s’inzeppano soprattutto di immigrati extracomunitari, che certamente presenteranno presto il conto della loro disponibilità.
Non c’è neppure da stupirsi del fatto che i personaggi maggiormente in pole position per la segreteria siano degli sconosciuti al di fuori del partito, degli anonimi apparatchick come Cuperlo e Civati: Renzi il PD se lo tiene in caldo come pseudo-alternativa a se stesso, come escamotage, come faccia finto-nuova per canalizzare il malcontento provocato dalla sua stessa politica nel popolino come sempre cornuto e bastonato, in un capolavoro di machiavellismo ipocrita.
Alla luce (funerea) del quadro della nostra situazione nazionale, cerchiamo di capire qual è il passo indietro che potrebbe essere necessario in un percorso che abbiamo intrapreso non senza difficoltà e contraddizioni.
Noi non siamo né possiamo né tanto meno dobbiamo essere “destra”: “destra” significa conservatorismo, liberismo, berlusconismo, atlantismo, filo-americanismo, filo-sionismo, tutte cose lontane dal nostro modo di essere quanto e forse più dell’essere “di sinistra”, “compagni”, bolscevichi.
La questione l’ho già affrontata altre volte e certamente merita maggiore approfondimento, ma ora riassumiamo per sommi capi: soprattutto sul terreno sociale “destra” significa conservazione, immobilità, difesa dello statu quo, laddove sinistra significa ugualitarismo, appiattimento, entrambi errori o perversità che portano a non tenere conto di quel concetto di selezione per attribuire a ciascuno il ruolo corrispondente alle sue capacità, che pure è stato enunciato con chiarezza nella “Repubblica” da Platone cinque secoli prima di Cristo.
La nostra finalità non può essere la conservazione, ma la rivoluzione elitaria, che poi è la stessa cosa del socialismo nazionale, poiché è nell’interesse di una comunità nazionale coesa che gli uomini migliori siano ai posti giusti, che capacità, competenza e merito invece di astuzia, demagogia, immoralità siano le qualità che permettono di accedere al controllo della cosa pubblica.
Molte cose hanno ostacolato e ostacolano questo riconoscimento che dovrebbe essere ovvio, a cominciare dal fatto che leggi liberticide ci impediscono di chiamarci con il nostro vero nome e ci obbligano a ricorrere a perifrasi che sono dei nonsensi, come “di estrema destra”, per nulla dire del fatto che in anni trascorsi, quando le risorse disponibili erano di gran lunga maggiori di oggi, si è trascurato di fare quel lavoro di formazione culturale che sarebbe stato possibile.
La ragione di fondo è tuttavia un’altra: il lungo periodo, il mezzo secolo che va dalla conclusione del secondo conflitto mondiale alla caduta dell’Unione Sovietica, la Guerra Fredda.
Allora la minaccia sovietica sospesa sopra le nostre teste come una permanente nuvola di uragano, ci costrinse ad accodarci a quello che allora sembrava il male minore e che invece oggi, non più limitato dalla controparte sovietica, sta rivelando un’insospettata forza distruttiva, spingendo per il saccheggio delle risorse dei popoli europei e l’imposizione planetaria del meticciato, allo scopo di trasformare i popoli indeboliti dalla mescolanza razziale in turbe incoerenti di schiavi facilmente manipolabili, l’attuazione di quel piano formulato più di ottant’anni fa da Robert Coudenhove-Kalergi, ma delineato ancora prima da certi “Protocolli” che solo a nominarli troppo apertamente, scatta l’accusa di antisemitismo.
Maurizio Barozzi ha raccolto una documentazione tendente a provare i fatto che il MSI sarebbe stato non solo infiltrato fin dalle origini, ma addirittura creato da uomini legati ai servizi segreti e ad ambienti NATO, precisamente allo scopo di incanalare in direzione dell’atlantismo gli eredi dell’esperienza storica del regime pre-bellico, pur riconoscendo che nel corso degli anni in esso hanno militato tantissimi camerati in buona fede.
Io non ho le competenze per confermare né per smentire questa tesi, anche se mi fido della serietà e dell’attendibilità di Barozzi, ma mi sembra che oggi il problema sia storico più che di politica attuale, e trovo che sia del tutto inutile come qualcuno si è spinto a fare, stare a polemizzare coi morti, come Giorgio Almirante e Pino Rauti: diciamo che erano uomini di un’altra epoca e che, bene o male, hanno agito in circostanze molto diverse da quelle in cui oggi ci troviamo noi. La Guerra Fredda costringeva a dare la priorità all’anticomunismo, ed era quasi inevitabile appiattirsi su posizioni NATO e atlantiste.
Il problema oggi non è questo, il problema sono coloro che a vent’anni dal crollo dell’Unione Sovietica sembrano non rendersi ancora conto che la Guerra Fredda è finita, e i tanti, tantissimi che credevamo parte del nostro ambiente umano e abbiamo scoperto essere puramente “di destra” o peggio, magari con tanto di repentine professioni di fede antifasciste tanto per allinearsi al vento che tira, e non faccio esempi fin troppo noti e dolorosi per tutti noi.
Forse la più evidente cartina di tornasole per distinguere fra noi e “i destri” è rappresentata dall’anti o dal filo-americanismo.
Gli USA sono una pseudo-nazione criminale fin dalle origini, che si fondano sul genocidio sistematico di milioni di nativi americani (i cosiddetti pellirosse). Io non so quale gratitudine dovremmo nutrire nei loro confronti per il massacro di quattro milioni di civili inermi (in massima parte anziani, donne e bambini, perché gli uomini validi erano al fronte) nella sola Europa con i bombardamenti aerei terroristici della seconda guerra mondiale, a cui vanno aggiunti almeno i due olocausti nucleari di Hiroshima e Nagasaki sul Giappone ma, forse, in prospettiva più nefasta sul lungo periodo anche se meno avvertibile nell’immediato, è stata ed è la progressiva demolizione della cultura europea, la sua sostituzione con modi di pensare rozzi ed infantili provocata dal diluvio mediatico, la progressiva americanizzazione dell’Europa, oggi arrivata al punto che le istituzioni cosiddette europee, serve e complici dell’americanismo, mirano scopertamente alla scomparsa delle lingue nazionali, alla loro s
ostituzione con l’inglese.
ostituzione con l’inglese.
Non parliamo di quell’abominio che è il sostegno al più canaglia degli stati canaglia, l’entità sionista, Israele, il cui “genocidio al rallentatore” del popolo palestinese è sotto gli occhi di tutti nell’indifferenza planetaria.
Che su tutto ciò si chiudesse un occhio ai tempi della Guerra Fredda, che sotto la minaccia sovietica si guardasse all’americanismo come al male minore, è comprensibile, ma oggi, a oltre vent’anni dalla scomparsa di questa minaccia, non si può più transigere: chi è filo-yankee sarà anche “un destro” ma non è, non può essere dei nostri. Questo mi sembra un punto assolutamente fermo.
Io credo che il processo di revisione culturale che abbiamo iniziato debba proseguire e approfondirsi ma, e qui si situa il passo indietro di cui vi dicevo, sul piano politico-tattico è necessario tenere conto delle condizioni di questa nostra disgraziata Italia e mostrare maggiore flessibilità.
Come abbiamo visto, la caduta di Berlusconi e del berlusconismo lascia il PD padrone del gioco, la forza assolutamente dominante nel quadro politico italiano. PD dovrebbe essere la sigla di “Partito Democratico”, ma io penso che “PATOLOGIA DEVASTANTE” potrebbe essere la traduzione di gran lunga più adeguata e realistica. Considerando che si tratta del partito degli ex comunisti (con l’aggiunta di una quota di ex democristiani, ma tanto quelli il tradimento ce l’hanno nel sangue, nel DNA), visibilmente questo comporta il ritorno per l’Italia a una situazione in qualche modo da Guerra Fredda.
I leitmotiv della politica del PD sono soprattutto due: obbedienza cieca, prona, sordomuta alle istituzioni cosiddette europee e favoreggiamento degli immigrati extracomunitari ai danni degli italiani nativi.
Le istituzioni cosiddette europee non sono in alcun modo un’espressione dei popoli europei, esistono per taglieggiarli a vantaggio di una piccola minoranza di speculatori che hanno in mano la leva monetaria e obbligano gli stati membri a distruggere le loro economie attraverso una politica che si può solo definire di rapina fiscale. Di questa politica quelli del PD si sono fatti proni esecutori; sembrano aver spostato il loro spirito di sottomissione dall’Unione Sovietica alla UE, ma evidentemente, erano trinariciuti allora, e trinariciuti sono rimasti.
La pressione fiscale insostenibile sta portando le nostre industrie al fallimento una dopo l’altra, la desertificazione industriale sta provocando lo scivolamento nel Terzo Mondo. Prima dell’introduzione dell’euro eravamo la quinta potenza industriale planetaria, ora siamo scesi al nono posto ma tutto lascia credere che presto scenderemo più in basso. La politica di favoritismo dell’immigrazione per la quale abbiamo anche un apposito ministro, una congolese arrivata in Italia come clandestina, è anch’essa benedetta dalla UE e in prospettiva è foriera di conseguenze ancor più gravi, attaccando gli Italiani nella loro sostanza etnica, minando la nostra compattezza e la nostra stessa identità come popolo.
Bisogna avere il coraggio di fare un passo indietro, di mostrare flessibilità, essere disponibili a collaborare con chiunque, per qualsiasi motivo, cercherà di ostacolare il PD, perché se la PATOLOGIA DEVASTANTE sarà libera di fare il suo corso, non resterà nulla da salvare o da ricostruire.
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