17 Luglio 2024
Giorgio Bocca Padovan Storia venticinqueaprile

Un Venticinqueaprile da Leoni!


di Gianluca Padovan


Bordeggio svogliatamente tra le bancarelle della fiera di paese, quand’ecco apparirmi quella dei libri vecchi, usati e «sdrusci». Tra le montagne di caratteri stampati e le copertine ammiccanti mi si staglia la stella fortunata. E la colgo al volo. Si tratta del mirabile libro di Umberto Bocca: «Storia dell’Italia partigiana» (Bocca U., Storia dell’Italia partigiana. Settembre 1943 – maggio 1945, Feltrinelli, Milano 2012).
Lo definisco, a ragione veduta, «mirabile» in quanto è assolutamente difficoltoso comporre, nel campo della letteratura moderna (la quale abbia pretese storiche nonché veritiere), un libro impeccabilmente e smaccatamente parziale. Ovvero di parte.
Ho potuto ammirare la maestrìa di Giorgio Bocca nel lanciare, come in una carica di cavalleria, pagine e pagine di pura esaltazione delle straordinarie truppe combattenti partigiane. Nonché (per quale motivo sottacerlo) di smaccato entusiasmo nei confronti dei cristallini «alleati» e dello specchiatissimo élan (slancio. N.d.A.) liberatorio. Élan che tutt’oggi ancora ci schiaccia con le sue banche private e il signoraggio della moneta, di cui non si deve assolutamente parlare. Difatti, ciò, è politicamente scorretto.

Ma torniamo all’esondante capolavoro bocchesco: la sua dipanazione non incontra alcuno scoglio dove il cacciatorpediniere comunista possa incagliarsi. Tutti bravi, tutti onesti, tutti solidali nel donare al Popolo Italiano una bella repubblica in formato odierno: governata dalla massoneria internazionale. Non un solo accenno ai soldati della parte avversa, arresisi e torturati prima di essere ammazzati. Non una parola a proposito di quelle decine di migliaia di civili italiani d’ambo i sessi e d’ogni età trucidati e magari pure infoibati dal fulgore comunista. Nemmeno una pieghetta sui fatti caratterizzanti il 1943, il 1944, il 1945 e fino al 1947 ed oltre. Allora, mi dico, questo librone è proprio un po’ di parte.
Cosa diranno i giovani e i meno giovani, in questo oramai distante «Venticinqueaprile 2013»? Per capire che cosa siano stati gli anni del cosiddetto fulgore partigiano non si può prescindere dalla lettura dei numerosi libri di Marco Pirina editi dal Centro Studi e Ricerche Storiche «Silentes Loquimur». Non si può ignorare, ad esempio, il libro di Antonio Serena: «I giorni di Caino» (Serena A., I giorni di Caino. Il dramma dei vinti nei crimini ignorati dalla storia ufficiale, Panda Edizioni, Noventa Padovana 1990). Per capire anche solamente che cosa sia successo in Lombardia, nella Brianza, si deve necessariamente leggere il libro di Norberto Bergna: «Sconosciuti» (Bergna N., Sconosciuti. Le “storie negate” di 200 vittime della guerra civile nella bassa Brianza, Bellavite, Missaglia 2011).
Bergna non è noto come lo è stato Bocca. Ma ha saputo comporre un libro equilibrato, senz’enfasi e inappuntabile dal punto di vista storico. Ovvero è stato in grado di comporre quello che non ha saputo, potuto o voluto comporre Giorgio Bocca.
«Sconosciuti» è un testo serio, dettagliato e rispettoso dei fatti storici e quindi della Storia. Il libro raccoglie avvenimenti, aneddoti e dinamiche delle esecuzioni sommarie le quali hanno caratterizzato il breve, ma drammatico, momento di dominio dei partigiani comunisti. Vi è la copia, ad esempio, del fonogramma del Comitato di Liberazione Nazionale di Monza «a firma del comunista Buzzelli, per la cessazione delle esecuzioni sommarie». Così recita il fonogramma datato 30 aprile 1945 e diramato su ordine dell’autorità americana: «D’ordine delle autorità Americane occupanti la zona di Monza tutte le esecuzioni devono essere sospese ed i colpevoli devono essere tenuti prigionieri per essere consegnati alle autorità alleate occupanti» (Bregna N., Sconosciuti. Le “storie negate” di 200 vittime della guerra civile nella bassa Brianza, Bellavite, Missaglia 2011, p. 162). Oggi i criminali sono ancora onorati e incensati. Anche e soprattutto dalla massoneria internazionale. Nonché da chi non sa, da chi non vuole sapere e dagli stolti.
Gli opposti schieramenti dovrebbero battersi (se proprio non possono farne a meno) con lealtà ed onore. Da entrambe le parti taluni lo fecero, altri no. Il senso del mio qui presente scritto non vuole sottolineare le responsabilità di ognuno e le relative manchevolezze.
Desidera invece ricordare che a quasi settant’anni da quegli accadimenti si ha paura di dire la verità. Si ha una coscienza talmente laida che non si sa bene che cosa farne. A quasi settant’anni da quegli accadimenti l’intera popolazione deve essere mantenuta all’oscuro di ciò che realmente fu la Seconda Guerra Mondiale. Si deve mantenere ancora sotto terrore chi i fatti se li
ricorda bene, in quanto li ha vissuti, perché potrebbe ancora parlare.
Questo vuole dire che il cosiddetto «vincitore» non è stato tale. Se ha prevalso la vittoria solo ed esclusivamente per via di una schiacciante produzione bellica, tale «vincitore» è rimasto orfano di vittoria sul piano eroico, umano e spirituale. Ed ha paura della Verità.
Deve negare la Storia con ogni mezzo, perché sa di non avere vinto, di non avere liberato alcunché, di essere il semplice mercenario dei banchieri che allora come oggi insanguinano il Mondo con le loro guerre private di potere.
Bocca tesse l’elegìa di chi ancor’oggi usa il terrore e i canali di grande comunicazione per annichilire e al contempo ottundere la popolazione. Tra gli ultimi anni della guerra mondiale e i primi della cosiddetta liberazione molti morirono per mano di briganti i quali volevano solo le proprietà, i beni materiali, di chi andavano ammazzando. Fu il via libera alla rapina gratuita. Torniamo serenamente a quegli anni per capire che cosa stiamo vivendo adesso e che cosa, ancor’oggi, c’impongano di commemorare.
Ricordiamo innanzitutto i morti civili, innocenti. Un tale sterminio non si deve ripetere. Ma ricordiamo anche di parlare al nostro cuore di chi si batté fino all’ultimo, ovvero dei Morti Vittoriosi. A loro la Gloria, anche a loro il nostro imperituro ricordo.

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