18 Luglio 2024
Ahnenerbe

Una Ahnenerbe casalinga, cinquantaquattresima parte – Fabio Calabrese

Come avete avuto modo di vedere, questa rubrica copre un ventaglio di tematiche piuttosto vasto: lungo la linea temporale si va dalle remote origini della nostra specie a quelle dei popoli indoeuropei, della civiltà europea e, tema che io tengo particolarmente a evidenziare anche perché spesso stranamente “snobbato” anche in ambienti “nostri”, quello delle nostre origini e della nostra identità come italici.

Tuttavia, non c’è soltanto questo, infatti si possono certamente distinguere le nuove informazioni e le scoperte scientifiche dalle comunicazioni, diciamo così, “di servizio” riguardanti il modo come il dibattito sulle nostre origini si sviluppa all’interno dell’ “Area” attraverso articoli sui siti, interventi sui social, conferenze o altro.

Ora, se dopo due importanti scoperte di quelle che ci costringono a rivedere la storia della nostra specie di cui vi ho parlato nelle parti precedenti, cioè i resti di un ominide europeo ritrovati nei Balcani e risalenti a 7,2 milioni di anni fa, che è stato chiamato “El Greco”, e quelli di un uomo anatomicamente moderno datati a 300.000 anni fa ritrovati in Marocco, continuassero a susseguirsi scoperte altrettanto eclatanti, ci sarebbe davvero di che meravigliarsi.

Senza pretendere troppo dalla fortuna, stavolta daremo un’occhiata ad alcune “comunicazioni di servizio” dell’Area, e vedremo di precisare meglio alcune questioni rimaste in sospeso.

Se voi andate a rileggere in particolare la quarantottesima e la quarantanovesima parte, potete notare che in entrambe c’è un riferimento alle origini italiche che nella prima delle due è un discorso che non si capisce bene come esca fuori, e nella seconda è collegato in maniera abbastanza pretestuosa a una conferenza che avevo in animo di tenere (le intenzioni, come non dovrebbero essere processate, così non dovrebbero neppure costituire titolo di merito finché non si traducono in realtà).

L’arcano è presto svelato: in entrambe avevo fatto riferimento a dei post di un gruppo di idee certamente “nostre”, ma – io ignoravo la cosa – il cui comportamento nei confronti di “Ereticamente” è stato tutt’altro che encomiabile, e sono stato pregato di ritoccare gli articoli per non fare loro un’immeritata pubblicità. Questo ci porta a un discorso importante: il reale significato da dare a questo termine, “cameratismo” del quale spesso abusiamo. Diciamo che una condivisione di idee a livello intellettuale non è sufficiente, occorre quanto meno una condivisione di etica e di stile.

L’aspetto della cosa che io personalmente ho trovato più irritante, è il fatto che per una serie di circostanze, sembra proprio che un discorso come si deve sulle origini italiche, non si riesca a impostare. Io credo che si tratti di una questione fondamentale dal nostro punto di vista: quella sentina di idee distorte e di menzogne che conosciamo con il nome di democrazia, sta al riguardo diffondendo, e oggi con più intensità che in passato, una favola che occorre assolutamente smentire: ossia che gli Italiani sarebbero una sorta di patchwork genetico, privo di alcuna coerenza tranne la collocazione geografica e un vago collante culturale. L’idea che ci si vuole far accettare surrettiziamente, è che la massiccia immissione di sangue estraneo da cui oggi siamo invasi con la cosiddetta immigrazione, tutto sommato non cambierebbe un gran che.

Peggio ancora, l’idea del tutto falsa che l’eccellenza italiana in campo artistico (pensiamo che il nostro Paese, dati UNESCO ospita il 50% della produzione artistica dell’intero pianeta), culturale (pensiamo al rinascimento), scientifico (ricordiamoci che siamo stati la patria di Leonardo Da Vinci e di Galileo Galilei) sia dovuta a una qualche ibridazione avvenuta in passato, o a una serie di ibridazioni avvenute nel corso dei secoli in conseguenza delle invasioni straniere che la nostra Penisola ha subito, invasioni che, lo abbiamo visto più volte, hanno lasciato nella realtà dei fatti una traccia piuttosto nulla che scarsa.

E’ in base a questo assunto distorto che qualcuno, non si sa quanto per malafede e quanto per pura stupidità, è arrivato a definire gli invasori e parassiti che ci sommergono dalle fogne del pianeta “risorse”. La verità è esattamente opposta, è quando un popolo può mantenere nel tempo la propria identità e la propria fisionomia, che può sviluppare la propria cultura, mentre il meticciato non porta, non ha mai portato altro che alla decadenza.

Io adesso però non vorrei tediarvi con la storia di quella conferenza annunciata che finora non si è riusciti a tenere, andando troppo sul personale. Quel che dispiace purtroppo constatare, è che anche in ambienti “nostri” pare a volte di scorgere una sorta di inconfessata vergogna di essere italiani, e i motivi non sono difficili da capire: si va dallo schifo di settant’anni di “repubblica democratica” impostaci dai vincitori del secondo conflitto mondiale che si è rivelata il regime più corrotto esistente in Europa, a quel che accadde durante quel conflitto, con i nostri che si trovarono in una condizione penosa di inferiorità rispetto a Tedeschi e “alleati”, ai vergognosi “ribaltoni” del 25 luglio e dell’8 settembre 1943.

Ricordiamo allora che i nostri padri e nonni seppero compiere prodigi di valore sovente evidenziati proprio dal fatto di dover affrontare il nemico in condizioni di inferiorità tecnica, che nel 1943 furono la viltà e il tradimento di pochi a infangare il valore di molti, e infine non dimentichiamo mai che “la repubblica democratica” non è l’Italia, né un destino che gli Italiani abbiano scelto, ma un protettorato impostoci dai dominatori a stelle (fra le quali è meglio non contare il numero delle punte) e strisce.

Forse vi interesserà sapere che la scaletta di questi ultimi articoli è stata oggetto di estesi rimaneggiamenti. Dopo avervi presentato una sintesi del lavoro sin qui svolto (la cinquantesima e quella che poi è diventata la cinquantaduesima parte), avevo pensato di darvi una panoramica anche degli articoli in cui mi sono occupato a vario titolo della questione delle origini, dei popoli antichi e via dicendo, senza includerli in Una Ahnenerbe casalinga (tutta la serie Ex Oriente lux, per dirvene una), ma poi mi sono reso conto che questo avrebbe significato mettersi un po’ troppo al centro dell’attenzione, mostrare di ritenere fondamentale nei miei scritti il fatto di essere scritti da me, piuttosto che ciò che contengono, dare la precedenza alla persona piuttosto che all’idea.

Tuttavia c’è qualcosa della quale ritengo utile rendervi edotti. Nelle parti che poi ho tagliato, raccontavo una circostanza che può essere spunto per utili riflessioni, che non mi pare di avervi menzionato in precedenza, anzi di cui non mi ricordavo proprio prima di mettermi alla stesura di questo lavoro, essendo la cosa avvenuta parecchi anni addietro,.

Come forse ricorderete, il primo di questa serie di articoli, sotto il cui titolo ho poi deciso di raccogliere tutto il discorso concernente l’eredità degli antenati, i popoli antichi, la civiltà europea e via dicendo, è stato un numero in certa misura autobiografico nel quale raccontavo come sia nato questo interesse per le civiltà antiche e in particolare l’esigenza di approfondire le origini della civiltà europea unitamente alla rivendicazione della sua originalità. Tutto partì da una rovente discussione con una collega nella sala insegnanti della scuola dove allora lavoravo; questa signora era una fanatica delle culture orientali e a suo dire “gli Europei non avevano mai inventato nulla”.

La circostanza della quale allora non vi parlai e di cui mi sono ricordato solo in seguito, è che con questa signora avevo già avuto un’altra discussione che aveva assunto i toni di uno scontro rovente, e anche questa in pubblico, davanti a una scolaresca che avevamo accompagnato in gita scolastica a Firenze. All’uscita dagli Uffizi, costei ebbe un’altra trovata che ebbe il potere di pungermi sul vivo. Avevamo appena ammirato la Venere del Botticelli, e graziosamente rese edotti me e i ragazzi che Botticelli sarebbe stato omosessuale (del che poco mi importa, né poi mi sono preoccupato di verificare), aggiungendo però la sua opinione da femminista un tantino esagitata, che la creatività artistica o di altro genere, sia un dono essenzialmente femminile, e che quando capita che un uomo la manifesti, debba essere omosessuale o comunque avere una personalità femminea. Essendo io anche uno scrittore di narrativa e non essendomi mai accorto in vita mia di avere tendenze omosessuali, la cosa mi provoco una reazione spazientita che, date le circostanze, penso fosse assolutamente giustificabile.

Ciò che più conta rilevare, però è questo: ma possibile che queste persone di sinistra ammiratrici di tutto ciò che si presenta come extraeuropeo, orientale e simili, più o meno “colorato”, e che nello stesso tempo si professano femministe più o meno arrabbiate, o magari gender, non si rendano conto che la loro ammirazione la riservano a culture, come quella islamica che trattano il cane di casa con maggiore considerazione della donna, e dove spesso per gli omosessuali c’è la forca? Possibile che non vedano una contraddizione grossa come una montagna?

Ve lo confesso, mi sono spremuto a lungo le meningi per capire come “i compagni” (e soprattutto “le compagne”) potessero non vedere una contraddizione così vistosa, poi di colpo ho avuto una specie di illuminazione che mi ha reso ogni cosa chiara: a livello oggettivo, reale, la contraddizione c’è ed è enorme, ma a livello soggettivo non esiste.

Dietro il terzomondismo della sinistra e l’ideologia gender c’è lo stesso atteggiamento, ossia la riduzione di un fatto biologico a mero costrutto culturale: in un caso l’etnia e l’appartenenza etnica, nell’altro il sesso e la sessualità. Certo, questo porta all’assurdo per cui vediamo un “compagno” gay o transgender farsi promotore di quell’accoglienza agli immigrati in maggior parte islamici che nei suoi confronti non provano altro desiderio che quello di farlo penzolare da una forca, ma “a sinistra” l’aderenza alla realtà dei fatti non è mai stata una virtù.

Di questi tempi, a tenere banco – era prevedibile – è soprattutto la questione dello ius soli, questa estrema nefandezza del governo di sinistra pidiota impostoci e non eletto dagli Italiani, intento a dare l’ultimo colpo d’ascia per sfasciare la nostra traballante identità nazionale. Al riguardo, è interessante un post pubblicato in data 19 giugno sul gruppo facebook “Idee sul destino del mondo” da uno di quegli amici che io considero “collaboratori indiretti” di “Ereticamente”, Ettore Malcangi. Facendo notare come l’integrazione sia un’utopia o una fola, presenta le immagini delle ricostruzioni di cinque ominidi o uomini preistorici nei cui lineamenti sono già riconoscibili quelle differenze razziali che caratterizzano l’umanità attuale.

Su ciascuno di questi personaggi, antenato o parente collaterale che sia, ci sarebbe da aprire una discussione. La ricostruzione dell’uomo di Denisova, ad esempio, che vi riporto. Di questo antico uomo che avrebbe lasciato la sua impronta genetica nelle popolazioni asiatiche e australiane, in realtà sappiamo pochissimo. Quello di cui disponiamo sono alcuni frammenti ossei e alcuni denti, molari di taglia decisamente grande a confronto di quelli delle popolazioni moderne, troppo poco per ricostruirne la fisionomia, quindi questa ricostruzione deve verosimilmente molto alla fantasia.

Di maggiore interesse è probabilmente la ricostruzione dell’uomo di Neanderthal, un’immagine diversa da quella che io vi ho proposto nella cinquantunesima parte della nostra Ahnenerbe, ma del pari si vede come le caratteristiche scimmiesche a lungo attribuite a questo nostro antenato (in ossequio, suppongo, a un’interpretazione rigida e dogmatica dei concetti evoluzionistici) siano del pari scomparse, e quanto sia vero quel che diceva uno scrittore di fantascienza (scusate, ma non mi ricordo esattamente chi) che con un abito moderno, una sbarbata e un buon taglio di capelli, un uomo di Neanderthal potrebbe girare per Manhattan senza destare attenzione.

Nel complesso, questa galleria di ritratti viene a supportare in modo sorprendente la teoria di Carleton S. Coon sull’origine delle razze. Questo ricercatore aveva notato che, salvo nell’ipotesi di incroci, le razze umane appaiono molto stabili nel tempo, al punto che si deve ipotizzare che la loro origine e la loro diversificazione siano anteriori alla comparsa di homo sapiens: esse si sarebbero formate già quando l’umanità si trovava allo stadio di Erectus, e il meccanismo del loro passaggio a homo sapiens sarebbe stato questo: facciamo l’ipotesi che una popolazione sapiens venga a contatto con una di Erectus e che fra l’una e l’altra avvengano degli incroci. Quali caratteri conserverà nel tempo la popolazione ibrida risultante, lo decide la selezione naturale, quelli che alla lunga si rivelano più vantaggiosi, cioè da un lato quelli sapiens che rappresentano un vantaggio generale (ad esempio un’aumentata capacità cranica che significa una maggiore intelligenza), dall’altro quei caratteri già propri della popolazione Erectus che rappresentano un vantaggio perché sono un adattamento a condizioni locali, come ad esempio il clima, cioè i caratteri razziali che hanno una singolare persistenza e antichità.

Oggi la teoria di Coon non gode di popolarità presso la scienza accademica ufficiale, ma NON perché sia stata in qualche modo smentita da nuove ricerche e nuovi fatti emersi, ma semplicemente perché la censura democratica “politicamente corretta” oggi proibisce di parlare di razze. AL CONTRARIO, le scoperte recenti nel campo della paleoantropologia e soprattutto lo studio del DNA hanno confermato la teoria di Coon, anche se per ovvi motivi si preferisce non dirlo: l’impronta genetica dell’uomo di Neanderthal riscontrata nel DNA degli Europei odierni, la scoperta dell’uomo di Denisova, il “quarto antenato” le cui tracce i ricercatori dell’IBE di Barcellona avrebbero rintracciato nel DNA degli abitanti delle isole Andamane, il quinto, l’Erectus separatosi dalla linea principale umana 1,2 milioni di anni fa e con cui si sarebbero reincrociati gli antenati dei neri subsahariani (quarto e quinto, naturalmente contando il Cro-Magnon che sarebbe stato il portatore primario delle caratteristiche sapiens), tutto ciò porta inevitabilmente alla conclusione che quella umana è una specie politipica e Coon aveva ragione.

Dalla metà di giugno in poi anche quest’anno non l’ho scampata, mi sono toccate le maturità, quelle che sono divenute ufficialmente Esami di Stato, ma la cosa più sgradevole è che mi è toccato un Istituto Magistrale oggi divenuto Liceo delle Scienze Sociali. E’ bene chiarire un fatto fondamentale: Tutta la scuola italiana è imbevuta da cima a fondo dalle menzogne dell’ideologia “rossa” gabellate per scienza, ma negli ex istituti magistrali, cioè quelli che si occupano di plagiare i ragazzi destinati a diventare coloro che si occuperanno della (de)formazione primaria delle nuove generazioni, la pressione ideologica è particolarmente forte, e io onestamente, come insegnante, non trovo giusto far pagare agli allievi il fatto di aver subito cinque anni o più di lavaggio del cervello.

Ho preso in mano il testo di scienze sociali, e come prevedevo, vi ho trovato sciorinato tutto lo sciocchezzaio dell’antropologia culturale targato Levi Strauss.

C’è un paragrafo che mi ha colpito e vale la pena di riferire. Gli autori “discutono” se il concetto di etnia vada considerato qualcosa di fisso, immutabile, genetico (e quindi, salvo meticciato, variabile al più col flusso lento delle mutazioni e della selezione naturale), o invece qualcosa di fluido, mutevole, culturale. Gli autori propendono ovviamente per la seconda interpretazione, perché se si considerasse valida la prima, allora il concetto di etnia sarebbe sinonimo di quello (aborrito) di razza.

In altre parole, la forma logica di tale “ragionamento” si riduce a “Poiché la realtà non ci piace, ce ne inventiamo una secondo i nostri gusti, e guai a chi si accorge che il re è nudo”.

Cioè l’atteggiamento tipico della sinistra, in cui la cecità voluta si prolunga senza soluzione di continuità nella malafede.

In tutta sincerità, dato il tipo di “cultura” oggi dominante, credo che i miei articoli avrebbero ben scarse possibilità di apparire che so, su “Le scienze” o in qualche sede ufficiale “di prestigio”, ma questo in particolare ancor meno di altri, infatti, come avete visto, le tematiche paleoantropologiche sono rimaste tangenti a un discorso dedicato principalmente sia ai retroscena di questi articoli, sia alle implicazioni ideologiche e politiche di una materia tutt’altro che “neutra”.

Bene, ciò non costituisce minimamente un problema. L’intento di questi scritti, infatti non è di tipo accademico, ma è quello di conoscere per agire in difesa della nostra identità etnica e storica.

NOTA: le tre immagini che compongono l’illustrazione di questo articolo sono, da sinistra: la ricostruzione (molto ipotetica) dell’uomo di Denisova e quella dell’uomo di Neanderthal entrambe tratte dal post pubblicato su “Idee sul destino del mondo”, e la copertina dell’edizione italiana de L’origine delle razze di Carleton S. Coon.

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