Di Fabio Calabrese
Riprendiamo i lavori della nostra Ahnenerbe casalinga, la nostra ricerca sulle origini e l’eredità degli antenati, sperando sempre che il paragone con la Ahnenerbe del Terzo Reich non appaia troppo presuntuoso. I nostri mezzi sono limitati, la carne è debole, ma lo spirito è forte e non si lascia piegare tanto facilmente.
Come avete visto, recentemente ho derogato alla regola che mi ero dato, di concentrare sotto questo titolo, che vorrei considerare quello di una vera e propria rubrica, tutte le tematiche riguardanti le origini, e vi ho presentato un nuovo capitolo di “Ex oriente lux”, il quattordicesimo. Questo per venire incontro a una richiesta di diversi di voi, e soprattutto di Ernesto Roli. Obiettivamente, era possibile non dare soddisfazione al nostro Roli, insigne ricercatore, già collaboratore di Adriano Romualdi e nostro buon amico? Certamente no!
Ma torniamo alla nostra tematica principale, riguardo alla quale negli ultimi tempi sono emerse cose di notevole interesse di cui dobbiamo dare conto. Si tratta, ve lo dico subito, di novità che vanno a rafforzare quel quadro che abbiamo già visto. La realtà dei fatti ha il brutto difetto di non essere “politicamente corretta”, considerata da vicino, non può che dare brucianti smentite a tutte le fole “democratiche” e “antirazziste” che ci vengono propinate.
Alla base dell’ideologia democratica e antirazzista c’è una DOPPIA FALSIFICAZIONE. Da un lato, infatti, si pretende che “i razzisti” (concetto lasciato volutamente vago al punto da potervi includere tutti coloro che non “pendono a sinistra”) sono presentati A PRIORI come individui ignoranti e beceri, dall’altro si è modificato il concetto di razzismo, estendendolo dal voler opprimere o addirittura sopprimere altre persone in base alla loro appartenenza razziale, alla semplice constatazione che le razze umane esistono, in modo da impedirci di renderci conto che gli attuali trend demografici e l’immigrazione puntano diritti alla sparizione della NOSTRA gente. Insieme, le due cose – se non ne abbiamo consapevolezza – finiscono per costituire una sorta di morsa ideologica nella quale chiunque non sia un “democratico” e “antirazzista” sinistrorso col cervello bacato precisamente nella direzione voluta dal sistema al potere, rischia di rimanere strangolato.
La verità dei fatti, ovviamente, è esattamente l’opposto: sono “i democratici”, gli “antirazzisti” gli ignoranti, coloro che ignorano o hanno una visione distorta di ciò che la biologia, la ricerca scientifica fondamentale ha da dirci sulla natura di cui facciamo parte, e su noi stessi.
Se qualcuno avesse dei dubbi a questo riguardo, forse troverebbe utile la lettura di un articolo apparso su “Le scienze” in data 13 marzo 2014 (di cui sono venuto a sapere ultimamente – quasi non occorrerebbe dirlo – grazie alla segnalazione del nostro ottimo Luigi Leonini). Stiamo parlando, lo voglio sottolineare, non di un sito dell’estrema destra, ma di “Le scienze”.
L’articolo: “Occhi e capelli chiari selezionati più che dall’ambiente, dalle preferenze sessuali”, è ripreso da un testo pubblicato sui “Proceedings of National Sciences firmato da ricercatori dell’Università Johannes Gutenberg di Mainz (Germania) e dell’University College di Londra guidato dalla paloeantropologa Sandra Wilde dell’ateneo tedesco, ed espone i risultati di una ricerca condotta da un team di scienziati anglo-tedeschi confrontando il DNA ricavato dai resti di 150 individui vissuti nelle steppe caspiche e pontiche tra 6.500 e 4.000 anni fa con quello di 60 ucraini moderni.
Noi sappiamo che gli Europei di oggi e le caratteristiche razziali “bianche” sarebbero derivati da antenati più “scuri” anche se non, con ogni verosimiglianza a dispetto di quel che sostiene “la teoria” antirazzista dell’Out Of Africa, da antenati simili agli attuali neri subsahariani, che sono invece una derivazione molto più recente, in base a un processo di selezione naturale, poiché la melanina nella pelle e quindi la pelle scura, alle latitudini europee ostacolano l’assorbimento della vitamina B e provocano il rachitismo. Tuttavia, hanno osservato i ricercatori guidati dalla Wilde, questo va bene per l’epidermide, ma non spiega la contemporanea acquisizione dei capelli biondi e degli occhi azzurri. Per spiegare quest’ultima, sarebbe entrata in gioco la selezione sessuale, cioè il fatto che le persone dotate di tali caratteristiche risultano, e risultavano evidentemente anche migliaia di anni fa, più attraenti per i potenziali partner dell’altro sesso.
“E’ possibile che i capelli più chiari e il colore degli occhi abbiano funzionato come segnale del gruppo di appartenenza, giocando di conseguenza un ruolo nella selezione del partner, osserva la Wilde che ricorda che questo tipo di selezione è comune negli animali, ma potrebbe essere stato una delle forze trainanti anche dell’evoluzione umana nel corso degli ultimi millenni”.
Fermiamoci un momento, e cerchiamo di capire la rilevanza di questo discorso anche per chi, come la maggior parte di noi, Italiani ed Europei dell’Europa meridionale, non ha affatto i capelli biondi e gli occhi azzurri. Il concetto-chiave è quello di “segnale del gruppo di appartenenza” come elemento di attrattiva per un potenziale partner.
Ragioniamo, e cerchiamo di farlo in termini di scienza biologica. La tendenza inconscia insita in ogni vivente, è quella a diffondere quanto più possibile i propri geni nelle generazioni future. I PROPRI geni, non quelli di qualcun altro. Chiaramente, ciascuno di noi può trasmettere a un figlio solo la metà del proprio patrimonio genetico, e l’altra metà verrà dal nostro partner. Quanto più il partner è simile a noi, tanto più a un figlio trasmetteremo oltre a quelli che sono direttamente i nostri geni, geni simili ai nostri. Questo semplice fatto determina la prima e più naturale forma di “razzismo”, la scelta di un partner SIMILE A NOI, che fa parte del nostro gruppo. Da questo punto di vista, se non è deviato da strumenti di pressione “culturale”, l’atteggiamento naturale nella scelta del partner è “il razzismo”, non “l’antirazzismo”. Dal punto di vista biologico, la propensione al meticciato è una scelta INNATURALE.
E’ vero però che migliaia di anni fa nelle steppe ucraine non c’erano né la pubblicità di Benetton, né Oliviero Toscani o altri prezzolati e ben pasciuti propagandisti servi di un sistema che ha programmato l’estinzione dell’uomo europeo per imbastardimento.
Negli Stati Uniti, dove l’imbonimento e il lavaggio del cervello mediatici sono più avanzati che da noi, l’abbiamo visto in una serie di articoli precedenti, e la mescolanza razziale è diffusa in maniera disomogenea, con la popolazione bianca che è minoranza nei centri urbani, mentre rappresenta la preponderanza quasi assoluta negli ambienti rurali, abbiamo le vere e proprie campagne di calunnia contro “i campagnoli” rappresentate da pellicole hollywoodiane come Un tranquillo Week End di paura o Le colline hanno gli occhi, e l’insinuazione dell’idea che avere un partner della nostra stessa razza sia più o meno l’equivalente di un incesto. IL SISTEMA, a cui della salute della specie non frega nulla, vuole un mondo meticcio. E’ il piano Kalergi all’opera su entrambe le sponde dell’Atlantico.
A fine giugno, sempre il nostro infaticabile Luigi, ha riproposto in internet un articolo già apparso nel 2006 su “La Repubblica” (anche in questo caso, non un sito dell’estrema destra, “La Repubblica”!). Si tratta di una vicenda di cui vi ho già parlato ma, dato che essa è estremamente rivelatrice di come realmente si svolge “La ricerca” scientifica in determinati settori, è il caso di ritornarci brevemente sopra.
Il genetista Bruce Lahn della University of Chicago avrebbe individuato due geni che controllano lo sviluppo del cervello, che sarebbero un’acquisizione avvenuta nelle ultime migliaia di anni, e sarebbero responsabili di quel “salto di qualità” dell’intelligenza che avrebbe permesso l’utilizzo di nuove risorse e la creazione di società complesse come quelle nelle quali viviamo, una scoperta fondamentale, MA QUESTI GENI SONO PRESENTI NELLE POPOLAZIONI BIANCHE ED ASIATICHE E NON NEI NERI. Lahn, occorre sottolinearlo, è un sino-americano nato in Cina e non è sospettabile – ammesso che esistano e non siano la pura e semplice constatazione dei fatti – di condividere i “pregiudizi bianchi” sull’argomento.
Gli è stato fatto capire che negli USA (ma certamente anche da noi) esiste una vera e propria (la definizione è sua) “polizia del politicamente corretto” e che se non avesse abbandonato simili studi “controversi”, la sua carriera scientifica sarebbe stata rapidamente stroncata come è avvenuto per esempio a E. O. Wilson e Arthur Jensen. I metodi con cui la democrazia si difende dai suoi nemici, soprattutto dal suo nemico peggiore, la conoscenza della realtà dei fatti, sono in tutto e per tutto gli stessi della mafia.
La genetica non smette di rivelarci sorprese. Noi possiamo tranquillamente dire che oggi conosciamo meglio lo spazio esterno al nostro pianeta di noi stessi. Forse alla base di ciò c’è un inconfessato timore di quel che essa ci potrebbe rivelare su di noi e il divenire della nostra specie, forse è soprattutto per il potere che sta dietro la maschera delle nostre società “democratiche”, che meno se ne sa, meglio è.
Una recente scoperta sembra rimettere in discussione molte cose che davamo per scontate, almeno in una certa misura sembra essere una rivincita di Jean Baptiste de Lamarck e dell’idea dell’eredità dei caratteri acquisiti. E’ sempre, curiosamente, la pagina scientifica della “Repubblica”, questa volta del 13 aprile 2014, a darci notizia dei risultati di una ricerca condotta da un team del Brain Research Institute dell’Università di Zurigo coordinato da Isabelle Mansuy. Questi ricercatori avrebbero individuato dei piccoli frammenti di materiale genetico, chiamati Micro RNA, che avrebbero un ruolo chiave nel funzionamento di tessuti e organi, perché conterrebbero le istruzioni per il montaggio delle proteine, ma non è tutto, perché essi conserverebbero anche la memoria degli eventi traumatici che hanno interessato l’organismo, e poiché si tratta di materiale genetico, sarebbero trasmissibili fino alla terza generazione.
Un argomento su cui spereremmo di sapere presto qualcosa di più, anche perché sembra rimettere in gioco certe idee tradizionali sull’effetto che il comportamento dei padri potrebbe avere su figli e nipoti.
Io devo ancora una volta esprimere la mia gratitudine per l’ottimo lavoro di ricerca e segnalazione del nostro Luigi Leonini, che ci segnala un articolo che da adito a riflessioni del massimo interesse, e che proviene da una fonte che, in tutta sincerità, a me sarebbe passata inosservata, ossia “Riza psicosomatica” di Raffaele Morelli.
L’articolo ha un titolo che più auto-esplicativo di così non potrebbe essere: “Il buonista fa male a sé e agli altri”. Il buonismo esasperato, che è tutt’altra cosa dalla bontà, è indubbiamente uno dei grandi mali del nostro tempo, e colui che è pronto a giustificare tutto, fa male non solo a se stesso ma anche a quanti gli stanno vicini.
“Mi tratta male perché in realtà vuole spronarmi”, “Si arrabbia con tutti ma in fondo è un buono”, “Non lo fa apposta, è fatto così, è il suo modo di essere”, “Non è permaloso, è soltanto molto sensibile”. Sono alcune delle frasi che descrivono l’atteggiamento ipercomprensivo che a ogni costo vuole vedere negli altri che prevaricano, offendono o tramano, aspetti o intenti positivi che in realtà non ci sono. E’ un atteggiamento a tutto campo ma che viene espresso soprattutto con le persone dai comportamenti più discutibili, che meriterebbero proprio il contrario”.
Nell’articolo, Morelli ha un target preciso, come è facile comprendere, le donne che tollerano e giustificano comportamenti violenti e maneschi oppure manipolatori del loro partner, fino a quando non è troppo tardi, e vanno ad arricchire l’elenco dei femminicidi. Noi capiamo facilmente però che lo stesso discorso può essere letto in un’altra chiave, anzi, in altre due chiavi diverse: da un lato il buonismo esasperato di una magistratura prevalentemente di sinistra, che sembra non ritenere meritevole di punizione nessuno ad eccezione di chi si difende o reagisce alla violenza altrui, specie se in divisa, o se colui da cui ci si difende è un extracomunitario. Dall’altro lato, più in generale, è una fotografia perfetta dell’atteggiamento cristiano-sinistrorso nei confronti delle zecche, della feccia che la cosiddetta immigrazione porta sulle nostre coste. L’atteggiamento è lo stesso: questi invasori cosiddetti immigrati non ci apportano altro che delinquenza, degrado, malattie, stupri, insicurezza sociale, imbarbarimento del vivere quotidiano, ma i sinistrorsi si ingegnano a ogni modo a vedervi positività inesistenti.
Involontariamente, con l’analisi psicologica di questo buonismo, Morelli ci dà una chiave importante per comprendere la mentalità di sinistra. Alla base di esso, infatti, non c’è bontà, ma piuttosto un enorme narcisismo.
“E’ come se si trovasse una particolare soddisfazione nell’essere l’unico a scovare “la vera essenza”, ovviamente buona, di qualcuno che agli occhi di chiunque altro, appare riprovevole. Come se ci si realizzasse nel vedere quel che gli altri non vedono… Quella dell’ipercomprensione è una maschera: l’immagine della “bella persona” da cui non escono critiche o emozioni negative”.
Il buonismo sinistrorso non solo è una visione deformata e narcisistica della realtà, ma paradossalmente, non è che l’altra faccia della spietata brutalità del comunismo dei “tempi d’oro”; l’atteggiamento di base è sempre lo stesso: l’illusione di essere virtuosi e con una conoscenza superiore agli altri, a dispetto delle conseguenze disastrose delle proprie azioni. D’altra parte, l’antica violenza “rossa” non è certo morta, e continua a essere riservata a coloro che non condividono il narcisismo, le illusioni e le ossessioni dei “compagni”, e che questi ultimi chiamano “fascisti”.
Difendere il futuro della nostra gente, è un’impresa titanica, ma la prima cosa da fare, è quella di denunciare le deformazioni mentali e le falsità che stanno alla base della mentalità democratica e sinistrorsa.
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