Cominciamo ora a esaminare le novità offerte dai gruppi facebook in questo periodo. Vi dico subito che questi gruppi, ovviamente, presentano tematiche varie che riflettono differenti sensibilità, ma per quanto riguarda la tematica delle origini, si richiamano l’un l’altro con praticamente tutti gli articoli afferenti a questo discorso, che sono replicati nelle diverse sedi. Per questo motivo, per non creare nell’esposizione doppioni inutili, terremo come fil rouge MANvantara gestito dal nostro Michele Ruzzai, non solo per la stima e l’amicizia verso il nostro, che è anche un valido collaboratore di “Ereticamente”, ma perché si tratta del gruppo per così dire primigenio.
MANvantara recentemente si è impegnato in un progetto di grande portata che meriterebbe un vero e proprio sbocco editoriale: la traduzione integrale del capitale testo di Herman Wirth Der Aufgang der Menscheit (L’alba dell’umanità) che finora non è mai stato tradotto integralmente in lingua italiana. Per ora si tratta di un Work in progress dei cui sviluppi vi terrò ovviamente informati.
Un progetto che dovrebbe seguire la traduzione del testo di Wirth, è quella del libro Paradise found. The Cradle of the human Race at the North Pole ( Il paradiso ritrovato, la culla della razza umana al Polo Nord) di William Warren. Possiamo ricordare che secondo gli studiosi tradizionali, Tilak in particolare, appoggiandosi alla narrazione dei Veda, la nostra specie avrebbe avuto origine nell’area nordica in un’epoca in cui il clima di quelle regioni era molto diverso da quello attuale.
Bisogna a ogni modo ricordare in via preliminare che MANvantara si occupa di uno spettro di questioni molto vasto, anche se la tematica delle origini rimane centrale, e con una molteplicità di approcci che non disdegna di accostare il metodo scientifico, i risultati dell’archeologia e della genetica alla sapienza tradizionale, e sta finendo per costituire una vera e propria rassegna di ciò che il pensiero tradizionale ha da dirci su noi stessi, in opposizione a quello scientismo che non è scienza ma pregiudizio ideologico. Recentemente, il gruppo ha superato i 1300 membri, il che non rappresenta una cifra paragonabile a quella dei lettori di “Ereticamente”, ma è senz’altro notevole per un gruppo FB. Inoltre, riporto con una certa soddisfazione personale quanto confidatomi da Michele Ruzzai, secondo cui c’è un picco di nuove adesioni al gruppo tutte le volte che lo menziono nei miei articoli su “Ereticamente”.
Come vi ho raccontato nella sessantasettesima parte, per motivi vari sono stato costretto a trascurare il lavoro svolto dai gruppi FB per diverso tempo, e adesso tocca fare uno scavo archeologico ripartendo dal mese di ottobre. Bisogna dire anche che questi gruppi si richiamano l’un l’altro riprendendosi vicendevolmente gli articoli.
Cominciamo allora con il menzionare un post apparso su MANvantara in data 6 ottobre postato da Raffaele Giordano e ripreso da phys.org.: L’archeologo Steve Holen direttore delle ricerche presso il Center for American Paleolithic Research avrebbe individuato tracce di un’antica presenza umana in un sito californiano risalente a 130.000 anni fa. Domanda: cosa ci facevano questi antichi uomini in America a quell’epoca, se si suppone, in base all’Out of Africa che la nostra specie non sarebbe uscita dal Continente Nero prima di 80-100.000 anni fa al massimo? L’Out of Africa si rivela ogni giorno di più un dogmatismo pseudo-scientifico che il sistema di potere che controlla “l’informazione” cerca di salvare a tutti i costi nonostante le smentite che ormai arrivano quotidianamente da tutte le parti.
Ad esso fa seguito un altro dell’8 ottobre, che Raffaele Giordano ha ripreso dal sito di Patrizia Barrera (patrizia.barrera.worldpress.com) sul mistero dei Mandan, i sorprendenti “indiani biondi” del Nord America sulle cui origini sono state fatte le più svariate congetture. A mio modesto parere, un’eventuale origine gaelica o vichinga non spiegherebbe la presenza di nativi altrettanto “bianchi” nell’America meridionale, come gli Aracani e i Kilmes, più convincente l’ipotesi solutreana di una migrazione attraverso l’Atlantico in eta glaciale, quando le due sponde dell’oceano erano congiunte da una banchisa artica. Un’impronta caucasica di base e le civiltà precolombiane. Ricordiamo infatti che là dove un’influenza europide può essere esclusa con certezza (Africa subsahariana, Australia aborigena, Nuova Guinea), le popolazioni native non si sono mai schiodate di un millimetro dal paleolitico.
In data 10 ottobre 2017 è apparsa una recensione di Michele Ruzzai del libro Le sette figlie di Eva del genetista Brian Sykes, testo dedicato alla ricostruzione dell’albero genealogico umano sulla base del DNA mitocondriale che, come è noto, si trasmette per via materna.
Nella sua recensione il nostro Michele fa notare alcuni punti di grande interesse, alcune ammissioni “a denti stretti” che svelano tutta la debolezza delle “teorie scientifiche” ufficiali sulle nostre origini: la totale assenza di fossili umani anteriori all’età neolitica o al tardo paleolitico in Africa occidentale indebolisce grandemente la “teoria” dell’Out of Africa. Inoltre il fatto che la presenza di geni di origine mediorientale nel patrimonio genetico degli Europei non supera la percentuale del 20%, va decisamente contro la leggenda che la rivoluzione agricola e la civiltà avrebbero avuto origine in Medio Oriente e da qui si sarebbero estese all’Europa.
Proseguiamo il 14 ottobre con un post che a mio parere è molto importante, ripreso da “Ancient Origins” (www.ancient-origins.net), del dottor Alexander Jakob: Dinastic Races and biblical Japhet. e affronta un argomento di cui vi ho parlato diverse volte, che si basa su fatti archeologici e antropologici ben conosciuti, ma di cui per ovvi motivi si preferisce che il grosso pubblico non sappia nulla: all’origine delle antiche civiltà mediorientali troviamo delle élite dalle caratteristiche antropologiche europee e nordiche. Origine europea delle civiltà mediorientali, esattamente il contrario della favola che ci viene perlopiù raccontata, ossia la presunta origine mediorientale della civiltà europea.
Un post del 15 novembre è ripreso da “Newsweek” che a sua volta ha come fonte “New Scientist”. Secondo i ricercatori cinesi che hanno recentemente riesaminato il teschio dell’uomo di Dali, molte caratteristiche anatomicamente moderne non avrebbero avuto origine in Africa ma in Asia, d’altronde, il reperto di Dali non è il solo a contraddire l’ipotesi dell’origine africana.
Il 17 novembre Michele Ruzzai ha pubblicato una recensione del libro Alla ricerca della mitica Thule di Gabriele Zaffiri, edito da La Gaia Scienza nel 2006. Questo testo fa il punto sulle ricerche delle origini nordiche, un argomento oggi impopolare, visti gli indirizzi “scientifici” correnti. Le indagini al riguardo, in passato sono state portate avanti dalla Ahnenerbe nazionalsocialista, ma non solo. L’autore tra l’altro fa notare, rileva Ruzzai, che i Guanci delle Canarie, popolazione più simile all’uomo di Cro Magnon vissuta in età storica, erano contraddistinti da “Alta statura, occhi chiari e capelli biondo-rossicci”. Si vede bene come ciò si concili con l’ipotesi della presunta origine africana.
Si può segnalare una curiosità interessante: un post del 19 novembre che riprende un articolo di “National Geographic”. A quanto pare, la vinificazione è una pratica molto antica, se ne sono trovate tracce in un villaggio neolitico georgiano di ottomila anni fa. Come sempre, in base al dogma progressista, tendiamo a sottovalutare le abilità degli uomini vissuti prima di noi.
Un post del 20 novembre riporta un link con un articolo di Janissa Delzo pubblicato su “Newsweek”. A quando sembra dalle ultime ricerche, l’uomo di Neanderthal è sopravvissuto all’arrivo dell’uomo di Cro Magnon molto più a lungo di quanto non si pensasse finora, fino a 37.000 anni fa, trovando una specie di “santuario” nella Spagna meridionale. Altre ricerche hanno messo in luce che la componente genetica che abbiamo ereditato da questo nostro progenitore è maggiore di quanto si pensasse, arrivando fino al 4%. E’ un fatto la cui importanza non va sottovalutata, perché rimarca ancora di più la distanza genetica fra noi e “le risorse” con cui il potere mondialista vorrebbe sostituirci, che invece da lui non hanno ereditato nulla.
Il 25 novembre MANvantara ha ripreso un post da “L’immagine perduta”. Si tratta di un testo classico sull’argomento delle origini: La razza iperborea e le sue ramificazioni del grande Julius Evola. La concezione è ovviamente quella tradizionale secondo cui le nostre più lontane origini vanno cercate nel nord iperboreo. Da qui, attraverso una fase “atlantidea” sarebbero derivate le popolazioni europidi che abitano il nostro continente e l’area indo-iranica, nonché le tracce caucasiche riscontrabili presso svariati altri popoli, come gli Ainu del Giappone.
Il 2 dicembre un collaboratore ha postato una mappa genetica dell’Italia ripresa da Ethnopedia, che ci permette alcune scoperte interessanti. Vediamo ad esempio un picco nordico nel Lazio forse riconducibile alla migrazione in questa regione di quelli che furono i fondatori dello stato romano prima di fondersi con la popolazione autoctona. Ugualmente interessante un picco baltico nell’area triveneta, da mettere certamente in relazione con la provenienza baltica degli antichi Veneti.
Sicuramente l’Italia ha una sua identità etnica non meno precisa e delineata di quella delle altre nazioni europee, ma segnata da variegature che riflettono la nostra storia antica e complessa, e dall’altro lato si collega all’Europa, di cui è una parte, non un’entità a sé stante.
Sempre in data 2 dicembre, MANvantara ha linkato l’articolo su “Le Scienze” di Gary Stix del 2012 dove si parla della scoperta di Sarah Tishkoff della traccia genetica di un ominide con cui gli antenati dei neri subsahariani si sarebbero incrociati. A questo punto la cosa non è una novità, ma vale la pena di riportare un’osservazione in proposito che io trovo molto pertinente e molto intelligente: una maggiore variabilità genetica caratterizza le popolazioni che vivono in prossimità dell’equatore di tutte le specie (per motivi che hanno a che fare con la resistenza immunitaria), quindi la maggiore variabilità genetica dei neri subsahariani rispetto ad altre popolazioni umane, come prova della nostra presunta origine africana, in realtà non vale nulla.
In data 5 dicembre, Raffaele Giordano ha ripreso un post pubblicato da RigenerAzione Evola, L’equivoco latino. Di che si tratta? In sostanza dell’idea di una latinità contrapposta al mondo germanico e centro-nord europeo. E’ un’idea che non ci appartiene, partorita dalla polemica cattolico-controriformista, riconosciamo invece che Latini e Germani, come d’altronde Celti, Elleni e Slavi, fanno parte di una superiore unità europea.
Un post del 7 dicembre (ripreso da “L’immagine perduta”; capita di frequente che questi gruppi si scambino post e – sorpresa – c’è anche molto materiale ripreso da “Ereticamente”) riguarda uno dei più singolari monumenti egizi, il cosiddetto Osireion di Abydos. L’articolo è di Giuseppe Di Re, curatore del gruppo “L’immagine perduta”. Si tratta di un gruppo di strutture megalitiche che si trova al disotto del tempio di Seti I, che è certamente di origine molto antica e non somiglia per nulla ad altri monumenti egizi conosciuti. Questo monumento potrebbe essere una delle poche tracce di una civiltà che ha preceduto quella egizia nella Valle del Nilo, e rafforza l’idea che vi ho più volte esposto, che le peculiarità della civiltà egizia possono spiegarsi con il fatto che essa è stata la creazione di un’élite di origine europea la cui impronta genetica è andata man mano affievolendosi o, cosa non molto diversa, che abbia raccolto l’eredità di una cultura precedente maggiormente europide.
L’8 dicembre MANvantara riporta da You Tube il video di una conferenza di Colin Renfrew su Marija Gimbutas. Questo luminare dell’archeologia britannica rappresenta un caso molto interessante: è stato uno dei più autorevoli sostenitori della teoria “ortodossa” dell’origine mediorientale degli Indoeuropei, ma in un suo testo del 1973 ha presentato una visione delle cose molto diversa: la rivoluzione del radiocarbonio che permette finalmente di introdurre nell’archeologia datazioni certe, impone di accettare il fatto che la civiltà europea caratterizzata dai grandi complessi megalitici, precede di un buon millennio quelle egizia e mesopotamica. Ora in questa conferenza sembra fare proprie le idee della Gimbutas, ossia l’origine degli Indoeuropei nelle steppe eurasiatiche punteggiate dai Kurgan, l’opposto delle tesi da lui sostenute in precedenza.
Questo che cosa dimostra se non il fatto che un ricercatore che conosce bene la materia di cui si occupa ed è intellettualmente onesto, non può alla fine non riconoscere che la teoria dell’origine africana della nostra specie e quelle dell’origine mediorientale dei popoli indoeuropei e della civiltà, cioè le versioni “ortodosse” e “politicamente corrette” non sono altro che mistificazioni tendenti in ogni caso a sminuire il ruolo dell’Europa?
Da segnalare in data 14 dicembre un breve trailer di presentazione del libro L’origine dell’uomo ibrido di Daniele Di Luciano. L’autore fa notare che il punto di vista espresso in questo testo coincide con quello espresso dalle recenti ricerche genetiche, ad esempio quella di Svante Paabo che ci ha rivelato la sopravvivenza in noi del genoma dell’uomo di Neanderthal, ma anche con quanto da sempre affermato da antiche tradizioni e mitologie, che riferiscono continuamente di accoppiamenti ibridi con creature non esattamente umane.
C’è da segnalare un post di grande interesse del 15 dicembre di Michele Ruzzai, nel quale il nostro amico commenta un articolo apparso sul numero di dicembre de “Le scienze”, Le migrazioni multiple di Homo sapiens. Il nostro fa notare che da questo articolo si desume la crescente difficoltà per i paleoantropologi ortodossi di conciliare il dogma dell’origine africana della nostra specie che si suppone sarebbe uscita dal Continente Nero attorno ai 60.000 anni fa, con il ritrovamento di fossili umani in ogni parte del mondo anteriori a tale data. In un tentativo impossibile di salvare capra e cavoli, costoro sono costretti a complicare l’albero genealogico umano fino all’assurdo.
Una situazione che a me sembra straordinariamente simile a quella degli astronomi della controriforma che erano costretti a complicare fino all’assurdo l’immagine del sistema solare per conciliare le nuove osservazioni con il dogma del geocentrismo, in modo da evitare di fare la fine di Giordano Bruno e Galileo.
Il 22 dicembre un post segnala che nella serie televisiva Netflix “Troy” compare un Achille nero. Non è purtroppo una novità. In questi programmi di fattura americana provenienti dalla sinagoga hollywoodiana si cerca di persuadere contro ogni evidenza storica che l’Europa non fosse neppure nel passato bianca come in realtà è sempre finora stata, ma meticcia. Ci vogliono dare a intendere che le società multietniche siano qualcosa di storicamente normale, mentre nella realtà dei fatti esse non sono che l’effetto e la più micidiale concausa della decadenza.
A ogni modo è forse il caso di ricordare una volta di più che MANvantara si occupa di uno spettro di tematiche davvero vasto, che non riguarda soltanto il tema delle origini affrontato con gli strumenti dell’archeologia, ma tutte le conoscenze tradizionali nei loro molteplici aspetti, e d’altra parte questo articolo è semplicemente una sintesi molto rapida del materiale contenuto nel sito facebook, che è consigliabile esaminare di persona.
La tematica delle origini sembra trovare sempre nei nostri ambienti un interesse molto forte, e questo è un sintomo non solo altamente positivo, ma tanto più importante in vista dell’esigenza di contrapporsi a una “cultura” che ci vorrebbe degli sradicati senza identità. Si abbiano a mente ad esempio le recenti dichiarazioni di quell’individuo argentino che occupa abusivamente il seggio che prima di Ponte Milvio fu del pontifex maximus romano, che non a caso ha citato recentemente la falsa teoria dell’Out of Africa, per invitarci a quella che sotto l’apparenza di un’accoglienza umanitaria ai presunti rifugiati, in realtà è una vera e propria capitolazione di fronte all’invasione, alla cancellazione per sostituzione etnica della nostra gente.
Noi possiamo soltanto opporre il più fermo rifiuto a lui, alle sue idee e a quell’eresia ebraica che ancora oggi qualcuno cerca di spacciarci per “la nostra” tradizione.
NOTA: L’illustrazione che correda questo articolo vuole essere un piccolo omaggio all’amico Michele Ruzzai, al lavoro svolto non solo con “Manvantara”, ma anche sulle pagine di “Ereticamente” e come conferenziere, sono infatti le locandine delle conferenze da lui tenute presso il circolo Identità e Tradizione di Trieste nel 2016, quella del 27 gennaio e quella (doppia) del 24 febbraio.
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