Io vi devo chiedere scusa se torno a insistere con la formula degli articoli “seriali”, essa risponde a due motivazioni. In certi casi, mi sono imbracato in un lavoro che per la sua ampiezza non è possibile contenere dentro le dimensioni di un solo pezzo, e credo che Opus maxime rhetoricum in cui mi sono assunto il compito di smascherare le falsificazioni che accompagnano (o che formano) la narrazione della storia come ci viene presentata dall’antichità fino all’attualità contemporanea ne sia l’esempio più evidente, oppure è anche possibile che la serie di articoli omonimi e successivi venga a comporre una sorta di rubrica alla quale si possono, e direi si devono aggiungere periodici aggiornamenti.
Una Ahnenerbe casalinga è, mi pare, il luogo più adatto dove collocare gli aggiornamenti sulla questione delle origini. Le risposte che possiamo dare, o crediamo di poter dare alla domanda da dove veniamo, sono una parte essenziale dell’idea che possiamo avere su chi siamo, e sembra proprio che oggi su questo tema si sia riacceso un dibattito vivace, anche perché c’è un dogma, un dogma che è stato forzatamente imposto alla conclusione della seconda guerra mondiale, elemento essenziale della Weltanschauung dei vincitori, che oggi sta miseramente crollando sotto il peso delle evidenze scientifiche, quello dell’inesistenza delle razze, o della loro riducibilità a costrutti culturali.
Prima di procedere oltre, vorrei però esprimere un sentito ringraziamento a Luigi Leonini, una persona che sta facendo un lavoro davvero prezioso di raccolta delle informazioni attinenti a questo e molti altri ambiti. La maggior parte degli aggiornamenti che citerò nel presente articolo, infatti, deriva da sue segnalazioni.
Cominciamo con il riportare una notizia che compare su “Atlantean Gardens” del 4 maggio di quest’anno. Gli scienziati russi avrebbero ufficialmente confutato la “teoria” (anche se è certamente eufemistico considerarla tale) dell’Out Of Africa, della presunta origine africana dell’homo sapiens. E’ certamente paradossale, eppure è un fatto innegabile: ai tempi dell’Unione Sovietica la ricerca scientifica in Russia non era libera, era pesantemente condizionata dall’ideologia comunista, la genetica – tra l’altro – schiacciata da quella bufala che è stata la “biologia” socialista di Lysenko, è stata fuori legge fino agli anni ’70. Oggi, mentre gli scienziati russi non sono vincolati da preoccupazioni di ortodossia ideologica, quelle che attanagliano i ricercatori statunitensi, sono diventate sempre più stringenti e la democrazia è divenuta un’ideologia sempre più totalitaria e oppressiva che ha ben poco da invidiare al vecchio dogmatismo comunista, non possono non ribadire i dogmi dell’inesistenza delle razze e dell’origine africana della specie umana senza mettere a serio rischio le loro carriere e con possibilità di pesanti riflessi anche sul piano giudiziario. Il triste gioco della Guerra Fredda si ripropone oggi a parti invertite.
“Atlantean Gardens” riporta un articolo già apparso in “Anthroplogy” n. 2 del 2012, pagine 80-86 a firma di Anatole A. Klyosov e Igor L. Rozhanski: Re-Examining the “Out of Africa” Theory and the Origin of Europoids (Caucasoids) in Light of DNA Genealogy.(Riesaminando la teoria dell’origine africana e le origini degli Europei (Caucasoidi) alla luce della genealogia basata sul DNA). Gli autori hanno esaminato 7556 aplotipi umani, in particolare riguardo al cromosoma Y (quello che determina i caratteri maschili), suddivisi in 46 sub-cladi a loro volta raccolti in 17 aplogruppi maggiori, e il responso è chiarissimo: gli aplogruppi europei (caucasici) NON derivano dagli aplogruppi africani A o B. La teoria dell’origine africana delle popolazioni europee è chiaramente smentita dal DNA.
L’articolo riporta anche un commento dello storico australiano Greg Jefferys che spiega che “La leggenda (“the myth”) dell’origine africana fu introdotta nel 1990 per cancellare il concetto di razza… ma è totalmente smentita dalla genetica”.
In realtà, favole antirazziste hanno costituito da sempre la base dell’ideologia “democratica” americana, e sono state imposte come dogmi anche all’Europa a partire dal 1945. Semplicemente, dal 1990 in coincidenza, si noti bene, con la vittoria yankee nella Guerra Fredda, esse diventavano in maniera più esplicita e aggressiva la base dell’ideologia pseudo-scientifica che si voleva e si vuole imporre con ogni mezzo (il che il più delle volte significa tappare la bocca ai dissidenti) nella prospettiva di imporre al mondo che ha avuto la sventura di cadere sotto il dominio statunitense l’universale meticciato.
Lo stesso articolo ci parla del sequenziamento del DNA di un uomo di Cro-Magnon vecchio di 28.000 anni, esso appare sorprendentemente “moderno” e sostanzialmente identico agli Europei attuali, il che rende l’ipotesi africana sempre più vacillante.
Un contributo a renderla ancora più precaria, a mostrare che questa favolainventata a giustificazione di tutta l’ideologia antirazzista e pro-meticciato che sta all
a base della politica yankee non ha alcun fondamento, potrebbe contribuire anche una ricerca condotta da scienziati indonesiani che hanno studiato due siti lungo il corso del fiume Solo, già noto in passato per aver dato alla luce importanti ritrovamenti di homo erectus, di questa ricerca ha parlato il “Daily Mail” del 30 giugno 2011 intervistando Etty Indriati della Gadjah Mada University.
a base della politica yankee non ha alcun fondamento, potrebbe contribuire anche una ricerca condotta da scienziati indonesiani che hanno studiato due siti lungo il corso del fiume Solo, già noto in passato per aver dato alla luce importanti ritrovamenti di homo erectus, di questa ricerca ha parlato il “Daily Mail” del 30 giugno 2011 intervistando Etty Indriati della Gadjah Mada University.
Stando ai risultati emersi da questa ricerca, sembrerebbe che l’homo erectus indonesiano si sarebbe estinto al più tardi 143.000 anni fa, e forse già 550.000 anni fa, mentre l’homo sapiens anatomicamente moderno sarebbe giunto nella regione circa 35.000 anni fa, più di centomila anni più tardi, e quindi non ci sarebbe stato nessun periodo in cui le due specie umane abbiano convissuto nella regione, al contrario di quanto si è sempre creduto finora.
Secondo gli autori della ricerca, questo fatto andrebbe decisamente contro l’ipotesi dell’origine africana e a favore di quella dell’evoluzione multiregionale, mentre ad esempio la scoperta degli hobbit dell’isola di Flores, piccoli homo erectus adattati a condizioni di vita insulari che sarebbero sopravvissuti fino a 40.000 anni fa, andrebbe in qualche modo a sostegno dell’ipotesi dell’origine africana.
E’ un ragionamento che, lo confesso, non sono riuscito a capire. Semmai, mi sembra, la scoperta degli hobbit di Flores dovrebbe rappresentare un duro colpo per l’ipotesi dell’origine africana. Secondo quest’ultima, infatti, tra 50 e 70 mila anni fa una mega-eruzione del vulcano Toba nell’isola di Sumatra, una della maggiori dell’arcipelago indonesiano, avrebbe provocato una sorta di inverno nucleare e portato quasi all’estinzione tutta l’umanità allora esistente, lasciando in vita solo un’esigua popolazione di africani che sarebbero gli antenati di tutti noi.
La sopravvivenza degli hobbit di Flores fino a 30-10 mila anni dopo questa fantasticata catastrofe in un’area, quella indonesiana, proprio vicina al suo presunto epicentro, rappresenta un colpo mortale a questa fantasiosa ricostruzione.
Comunque è importante constatare il fatto che sempre più scienziati in tutto il mondo stanno constatando, o per meglio dire non possono fare a meno di ammettere, che la favola dell’origine africana con la sottintesa implicazione dell’inesistenza delle razze, è una gigantesca bufala, forse la peggior bufala scientifica dei nostri tempi.
Non è finita qui, perché gli studi scientifici, soprattutto le ricerche sul DNA, stanno facendo emergere un quadro ben diverso da quella che è l’ortodossia ufficiale “politicamente corretta” che ci si vuole imporre a tutti i costi, e quando una pubblicazione come “Le scienze” riporta cose che solo pochi anni fa era impensabile che qualcuno dicesse, tranne forse in qualche rivista o in qualche sito particolarmente coraggioso dell’estrema destra, viene davvero il dubbio: adesso cosa faranno i “buoni democratici”, dovranno imporre anche agli studi di genetica la stessa censura liberticida che oggi soffoca le ricerche revisioniste sul cosiddetto olocausto? Cosa dobbiamo pensare di una democrazia il cui ingrediente sostanziale si rivela il blocco alla circolazione delle idee, il divieto di pensare e di essere a conoscenza dei fatti?
“Le scienze” del 2 agosto 2012 riporta un’intervista con Sarah Tishkoff dell’Università della Pennsylvania. La ricercatrice, che è considerata una star della genetica delle popolazioni, il 26 luglio dello stesso anno ha pubblicato sulla rivista “The Cell” un articolo che illustra i dettagli del sequenziamento completo del genoma di cinque individui per ciascuno dei tre gruppi di cacciatori-raccoglitori ancora esistenti: i pigmei del Camerun e gli Hadza e i Sandawe della Tanzania.
I risultati di questa ricerca sono poco meno che sbalorditivi.
“Vari studi hanno dimostrato un certo livello di incroci tra i primi umani moderni usciti dall’Africa e altre specie arcaiche non africane, tra cui i Neanderthal e, in Asia, la specie detta di Denisova. Ma non si è mai trovata alcuna prova di un DNA neanderthaliano in Africa. Il problema è che in Africa non si ha una buona conservazione dei fossili. Quindi, quello che abbiamo fatto è stato usare i metodi statistici sviluppati da Josh e Ben Akey Vernot dell’Università di Washington per riconoscere le regioni del genoma che sembrano essere di origine arcaica.
La prima cosa che abbiamo fatto è stata testare questa statistica applicandola a non-africani, trovando in questi genomi un notevole arricchimento del DNA di Neanderthal. Ma non tra gli africani, che non avevano DNA neanderthaliano. Quando abbiamo applicato la statistica agli africani, in compenso, abbiamo visto molto dati che testimoniano incroci con un ominide che si è separato da un antenato comune circa 1,2 milioni di anni fa”.
Vi è chiaro quel che significa tutto ciò? Nel nostro DNA ci sono le tracce di incroci avvenuti tra il sapiens Cro-Magnon e altre linee umane sviluppatesi in parallelo: uomini di Neanderthal e di Denisova, questo per quel che riguarda il ceppo eurasiatico della nostra specie. Queste tracce non si riscontrano nei neri africani. In compenso, ci sono le prove genetiche del fatto che queste popolazioni sono il risultato di un incrocio, avvenuto qualche decina di migliaia di anni fa, con un homo primitivo il cui lignaggio si sarebbe separato dalla linea umana principale circa un milione
e duecentomila anni fa, e che quindi non poteva essere altro che una variante di homo erectus.
e duecentomila anni fa, e che quindi non poteva essere altro che una variante di homo erectus.
Il nero africano, dunque, ben lungi dall’essere il modello ancestrale di tutti noi, rappresenta un vero e proprio passo indietro sulla via del sapiens. E’ razzista affermarlo? Allora mi dispiace tanto, ma sono i fatti a essere razzisti.
Questa carrellata sulle scoperte recenti riguardo alle nostre origini più remote, si può ben concludere con un’altra notizia – di cui sono debitore sempre al buon Luigi – ma che è apparsa sul sito di Stormfront. Tuttavia il punto importante da sottolineare è il fatto che oramai ciò che appare sulle pubblicazioni scientifiche più accreditate si salda senza soluzione di continuità con ciò che viene pubblicato sulle riviste e i siti dell’estrema destra. La scienza sta dando sempre più ragione a qualcuno, e questo qualcuno non sono i “buoni democratici”.
La notizia è questa:
“Vincent Sarich (professore emerito di antropologia all’Università di Berkeley, California) e Franck Miele, senior editor di “Skeptic” (“Lo scettico”), hanno scritto un libro a 4 mani, Razza: la realtà della diversità umana; nel libro essi documentano dettagliatamente e ampiamente come il senso comune della gente sulla diversità umana stia gradualmente trovando consensi nella comunità scientifica, nonostante conservatorismi duri a morire.
Innanzitutto confutano i programmi televisivi che passa la TV pubblica USA, i quali negano l’esistenza delle razze umane. Leggere lo splendido articolo L’ultimo tabù, diversa razza=diversa capacità. (The Final Taboo: Race Differencesin Ability Vincent Sarich).
Richard Dawkins, il leggendario e popolarissimo autore de Il gene egoista, ha elogiato pubblicamente sul “New York Times” Sarich per il suo lavoro di enorme importanza! Nel corso degli anni Sarich è diventato uno dei rari antropologi fisici, esperti sia degli scheletri che della genetica, ha dissotterrato e studiato 2500 teschi umani di 29 razze diverse e li ha comparati con quelli di 347 scimpanzé (compresi gli straordinari bonobo), e concludendo: “Non conosco nessun’altra specie di mammiferi che sia cosi diversificati razzialmente, eccetto i cani, che però sono stati sottoposti, di proposito a tale differenziazione”.
Qui ci sono alcune considerazioni che si impongono in tutta evidenza. Notiamo per prima cosa la contrapposizione fra “il senso comune della gente” che riconosce a colpo d’occhio il fenomeno razziale, e l’ideologia diffusa a partire dagli ambienti accademici e dalla cultura ufficiale, ma non certo su basi scientifiche, che tende a negare questo fatto evidente, anche se proprio la comunità scientifica, nonostante la resistenza degli ambienti più “conservatori” non può, a lungo andare, non riconoscere i fatti, e dobbiamo evidenziare che “conservatore”, cioè chiuso in una visione del mondo dogmatica ed estranea alla realtà, tendente a ignorare le chiare smentite che vengono da essa, qui, come su questa sponda dell’Atlantico, significa di sinistra.
In secondo luogo, non può non far piacere il fatto che il libro di Sarich e Miele abbia ricevuto l’autorevolissimo avallo di Richard Dawkins, stella di prima grandezza della biologia contemporanea, ma soprattutto pensatore coraggioso e anticonformista che in più di un’occasione ha dimostrato di mettersi sotto i piedi i pregiudizi dominanti. Dawkins, oltre che de Il gene egoista è l’autore de L’illusione di Dio, un saggio sulla religione che scava impietosamente il terreno sotto i piedi del cristianesimo e delle religioni abramitiche, e questo non ce lo può rendere certo antipatico.
Il terzo punto che occorre toccare è un po’ meno incoraggiante. Io credo che senza alcun dubbio gli autori abbiano confutato in maniera efficace i programmi televisivi che passa la televisione pubblica, che cercano di negare l’esistenza delle razze umane, cosa di certo che non presenterebbe alcuna difficoltà se si trattasse di un confronto di idee fatto su basi eque, ma – ed è questo il punto – quanta gente leggerà il libro e quanta gente guarda i programmi televisivi, o per meglio dire subisce giornalmente il plagio mediatico che proviene dal malefico apparecchio, totem familiare dei nostri tempi?
La questione di nuovo si può paragonare al confronto, anch’esso sicuramente non su basi che abbiano un minimo di equità, sulla questione dell’olocausto. Gli studi di Faurisson, di Zundel, di Mattogno sicuramente sono seri e documentati, ma dall’altra parte non c’è un contraddittorio, quando non c’è la risposta censoria e repressiva, c’è il diluvio mediatico, l’appello continuo all’emotività, il lavaggio del cervello che gioca sulla difficoltà a livello inconscio di distinguere fra realtà e fiction.
Vi chiedete perché la democrazia non funziona? Perché è, a voler essere espliciti, una gigantesca truffa, forse la più enorme della storia umana? Eccola la risposta, chiara come il sole: la diffusione di “idee”, atteggiamenti, stati d’animo nella cosiddetta pubblica opinione è inversamente proporzionale in maniera pressoché esatta alla loro corrispondenza al reale.
Di sicuro, la lotta per la verità è ancora lunga e irta di difficoltà, ma noi in ogni caso siamo qui, senza paura, a combatterla.
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