9 Ottobre 2024
Ahnenerbe

Una Ahnenerbe casalinga, settantasettesima parte – Fabio Calabrese

La mia intenzione era di presentarvi in successione le tre parti di Ma veniamo veramente all’Africa?, anche perché questi tre articoli sono tre parti di un’unica conferenza da me tenuta lo scorso gennaio qui a Trieste alla Casa del Combattente, e poi, come avete visto, era più di un semestre che cercavo il momento adatto per collocarli sulle pagine elettroniche di “Ereticamente”, ma c’è un ma non trascurabile, il fatto che con il lavoro di aggiornamento dell’attività dei gruppi FB, che poi costituiscono un collettore estremamente utile di tutte le novità sulla tematica delle origini che appaiono sulle più disparate pubblicazioni e siti scientifici, siamo rimasti fermi alla metà di giugno.
Ecco quindi adesso un’altra Ahnenerbe di aggiornamento, cui seguiranno le due parti successive della mia conferenza. Vuol dire che avremo un’estate dedicata principalmente all’esplorazione delle tematiche delle origini.
Con ciò, tuttavia, il nostro discorso è ben lontano dall’essere concluso, infatti, domenica 1 luglio nell’ambito del festival celtico triestino Triskell, ho tenuto una conferenza il cui testo vorrei del pari presentarvi, dedicata a un’analisi del fenomeno megalitico sul continente europeo, e si tratta di un argomento le cui implicazioni anche politiche certamente sfuggono a un pubblico generalista, ma non certamente a noi che sappiamo che si tratta di reagire alla minimizzazione del ruolo del nostro continente nella civiltà umana, così come essa ci viene presentata dalla cultura ufficiale, dai testi scolastici, dalle trasmissioni divulgative e via dicendo, minimizzazione che ha lo scopo di addormentare le coscienze per impedirci di reagire alla progressiva sostituzione etnica, assumendo in questo una funzione del tutto analoga alla diffusione della favola dell’Out of Africa.


Solo che qui il problema si pone daccapo: anche in questo caso, si tratta di un testo piuttosto lungo (non è che io ci tenga a essere prolisso, ma certi argomenti richiedono di essere sviscerati con cura per non prestare il fianco a prevedibili critiche), che occorrerà del pari suddividere in tre parti, e di nuovo occorrerà vedere quando collocare queste ultime, perché non è che le vicende politiche attuali possano essere del tutto trascurate. Insomma, sto cercando di fare il meglio possibile con gli spazi e i tempi a mia disposizione.
Prima di entrare nel vivo, vorrei ancora dirvi che il gruppo facebook da me creato, “L’eredità degli antenati”, principalmente allo scopo di fungere da archivio di questi articoli dopo la loro comparsa su “Ereticamente”, al presente viaggia sui 290 membri, ma tranquillizzatevi, se siete interessati, c’è ancora posto.
E’ bene in ogni caso ricordare che gruppi FB come “MANvantara”, “L’immagine perduta”, “Frammenti di Atlantide-Iperborea” spaziano su di una varietà di tematiche che riguardano la nostra visione del mondo, e vanno dalla spiritualità esoterica all’antropologia, all’archeologia, e quella che io vi presento qui è una selezione del lavoro da essi compiuto, relativamente alla tematica delle origini, e la lettura di questi articoli non può sostituire il fatto di seguirne le attività.
In particolare, nel periodo che andiamo a esaminare, in coincidenza con il solstizio estivo, c’è stato un vero florilegio di articoli riguardanti il simbolismo solare considerato da vari punti di vista.
Nel frattempo, il nostro ottimo amico Michele Ruzzai ci informa che sta procedendo il non facile lavoro di traduzione de Le origini dell’umanità di Hermann Wirth, un classico del nostro pensiero che, come sappiamo, non è mai stato disponibile per i lettori italiani in versione integrale.
Cominciamo con un post di MANvantara del 15 giugno, ripreso da “La macchina del tempo”: Quando il Mediterraneo frenò la transizione del neolitico in Europa. Comei sappiamo, il neolitico rappresenta un momento cruciale nella storia dell’umanità, col passaggio dei nostri remoti antenati dallo stile di vita e dall’organizzazione sociale di cacciatori-raccoglitori nomadi a quelli di agricoltori. Nell’Europa mediterranea questa trasformazione subì una battuta d’arresto circa 7600 anni fa. Secondo una ricerca condotta dai ricercatori del Centro sulla biodiversità e il clima di Senchenberg, dell’Università Goethe di Francoforte e dell’Università di Toronto, condotta attraverso l’analisi di microfossili marini, essa sarebbe dovuta all’innalzamento del mar Egeo di circa un metro, a sua volta legato a un’imponente esondazione del Mar Nero, ricordiamo infatti che le aree costiere sono sempre quelle dove si concentrano maggiormente gli insediamenti umani.Tutto questo è importante per almeno due motivi, perché ci ricorda che la leggenda della storia come sviluppo lineare ascendente è, appunto, una leggenda, e che noi stessi d da fattori fuori dal nostro controllo, come il clima, molto più di quanto ameremmo credere.
Il 19 giugno un post di Axis Mundi a firma di Marco Maculotti, Umanità antidiluviane, giganti, “gentili” ci parla dei miti andini, dei cicli che avrebbero preceduto il nostro, con altre umanità e giganti (il termine “gentili” qui non va frainteso, con esso – alla latina – s’intendono genti barbariche che gentili in senso di “cortesi” non erano affatto). In particolare, le leggende relative ai giganti sembrano trovare un riscontro nei ritrovamenti avvenuti a varie riprese di ossa umane gigantesche.
Su segnalazione di Luigi Leonini (un altro amico i cui post hanno dato contributi importanti a questa rubrica, ma che negli ultimi tempi sembrano essersi rarefatti), Michele Ruzzai ha riproposto e commentato un articolo un po’ vecchiotto, risalente al 2016 de “Il fatto storico”, a sua volta basato su un testo pubblicato da “Nature Communications” del 2013: La storia genetica degli europei comincia solo nel 4.500 a. C. Il succo del discorso è questo: negli anni ’90 era diffusa la tesi che gli Europei discendessero in gran parte da agricoltori di origine mediorientale che avrebbero colonizzato il nostro continente durante l’età neolitica. La genetica ha smentito questa ipotesi, perché se fosse vera, si ritroverebbe nel genoma delle popolazioni europee una proporzione di geni di origine mediorientale molto più alta di quella che si riscontra effettivamente. Per spiegare questa “anomalia” si è supposto che 6500 anni fa, a metà neolitico, una misteriosa invasione avrebbe portato alla sostituzione degli agricoltori neolitici di origine mediorientale con un’altra popolazione, e l’articolo si riferisce appunto a questa ipotesi. Ma – ci spiega Michele Ruzzai – anche quest’ultima si è rivelata infondata. La maggior parte del genoma degli Europei attuali risale a 15.000 anni fa, al paleolitico superiore. C’è stato dunque un passaggio dallo stile di vita basato sulla caccia-raccolta a quello agricolo senza che sia avvenuta alcuna sostituzione etnica. Questo articolo rimane tuttavia importante, perché la ricerca a cui fa riferimento è il primo esplicito riconoscimento in sede scientifica del fatto che gli Europei sono figli dell’Europa e non del Medio Oriente.
Michele ha poi recensito un testo ingiustamente (a mio modo di vedere) sottovalutato e dimenticato: Lo scorrimento della crosta terrestre di Charles Hapgood, pubblicato in edizione italiana nel 1965. Quando cerchiamo di capire cosa è effettivamente avvenuto durante l’età glaciale, ci accorgiamo che i conti non tornano. Teniamo presente che tuttora la causa delle glaciazioni è ignota, e circa questo argomento circolano le più diverse teorie, riguardo a cui il disaccordo fra i ricercatori è totale, e che quella di qualche decina di migliaia di anni fa, è stata solo l’ultima di una serie di fluttuazioni climatiche lungo tutto l’arco della storia del nostro pianeta, che ha visto l’alternarsi di una lunga serie di periodi freddi (glaciali) e caldi (interglaciali).
Non basta. Pensate al fatto che mentre gran parte dell’Europa era coperta da un’immane lastra di ghiaccio, le regioni oggi circum-polari godevano di un clima temperato. Pensate al fatto che all’epoca la Siberia e l’Alaska erano popolate da grandi mandrie di erbivori di grossa taglia come mammut, mastodonti e rinoceronti lanosi, che certo non si sarebbero potuti sostentare con i radi licheni sotto la neve che oggi in quelle regioni permettono alle renne una precaria sopravvivenza. Ce n’è più che abbastanza per nutrire il sospetto che la temperatura media del nostro pianeta non fosse granché diversa da quella attuale, ma che molto diverse fossero invece le regioni localizzate in prossimità dei poli.
Hapgood ipotizza che, oltre al movimento delle placche continentali evidenziato dalla tettonica a zolle, sia possibile di quando in quando uno scorrimento della crosta terrestre tutta insieme. Mentre il primo è estremamente lento, quest’ultimo potrebbe verificarsi in maniera improvvisa, Così ad esempio sarebbe possibile spiegare il fatto che interi branchi di mammut sarebbero rimasti congelati mentre la flora rinvenuta nei loro stomaci ci testimonia un clima temperato. Bisogna notare che questo spiegherebbe anche come mai decine di migliaia di anni fa le regioni artiche oggi praticamente inabitabili potessero avere un clima temperato, ed è forse lì che va rintracciata la storia più antica della nostra specie, esattamente come ci racconta Tilak sulla scorta dei Veda e come ci dicono gli studiosi di dottrine tradizionali.
Il 24 giugno un link su MANvantara ci rimanda a un articolo apparso su attivo.news: C’è un mistero nel sangue umano, è un gruppo sanguigno speciale: fortunato chi ce l’ha. Si tratta del gruppo sanguigno RH negativo. Il fattore RH, individuato prima nelle scimmie che negli esseri umani (RH è un’abbreviazione di rhesus) è visto come una prova della continuità biologica fra scimmie e uomini. Ma allora come si spiega il fatto che nel 15% degli esseri umani esso non è presente? Da dove viene il sangue RH negativo, questo sangue “alieno”?
L’articolista fa notare che le persone RH negative sono caratterizzate da: intelligenza superiore alla media, tendenza a ricercare la verità, amore per la scienza, senso di avere una missione nella vita, empatia e compassione, tendenza a fare sogni vividi. Per la cronaca, Fabio Calabrese è un RH negativo.
Michele Ruzzai ha poi riproposto un articolo apparso su “Preistoria on line” nel 2016, I capelli rossi degli antichi europei di Giorgio Giordano. Sembra che, contrariamente a quanto si è ritenuto fino a non molto tempo fa, il rutilismo ossia l’avere I capelli rossi, sia una caratteristica molto antica, risalente a una mutazione che sarebbe avvenuta 70.000 anni fa: essa è associata a pelle molto chiara che nei climi freddi presenta un vantaggio selettivo in quanto favorisce l’assorbimento della luce solare indispensabile per la formazione della vitamina D.
Vi ho già parlato le volte scorse del ritrovamento dei resti risalenti a 11.500 anni fa di una bambina di sei settimane di vita, rinvenuti in Alaska vicino al fume Tanara, il cui DNA si è potuto sequenziare, dandoci così preziose informazioni sulla popolazione “beringia” che per prima avrebbe varcato lo stretto di Bering (allora un ponte di terra) dando il via al popolamento delle Americhe. Ora MANvantara del 26 giugno riporta un articolo (in inglese) di una pubblicazione greca themanews.com, firmato Protothema, che ci da i risultati dell’analisi del DNA, e qui arriva la sorpresa, perché questi antichi amerindi che sono stati chiamati “gente di Tanara”, erano bianchi caucasici. A questo punto è chiaro che la storia dell’antico popolamento delle Americhe è tutta da riscrivere.
Una curiosità: l’immagine che correda l’articolo non è certo quella di una neonata di sei settimane, ma di una donna adulta. In realtà si tratta della ricostruzione del volto di una mummia di Cherchen, proveniente dalla regione del Takla Makan nell’Asia centrale. Questo è un altro bel mistero che l’archeologia ufficiale non vuole affrontare per non mettere in crisi i suoi pregiudizi: l’esistenza di quest’antica popolazione europide (“celtica” l’ha definita qualcuno) nel cuore di quella che oggi è l’Asia mongolica. Sicuramente, noi troviamo un elemento caucasico alla base di tutte le civiltà dell’Asia e dell’America precolombiana. Dove esso non è presente, come nell’Africa subsahariana, nell’Australia aborigena, nella Nuova Guinea, vediamo che fino all’arrivo degli Europei, le popolazioni native non si sono schiodate di un millimetro dal paleolitico.
Abbiamo poi, a cura di Michele Ruzzai, alcui estratti del libro di Luigi De Anna Thule, le fonti e le tradizioni. Secondo l’autore, Thule si collocherebbe in una posizione intermedia tra la sede iperborea originaria e l’Atlantide platonica in una regione oggi scomparsa dell’Atlantico del nord, ma forse la cosa più importante è la conclusione che “Oggi la ricerca scientifica dà maggior credito all’ipotesi di una migrazione da nord a sud tra il 10° e 8° millennio a. c., quando, a causa del raffreddamento climatico, i cacciatori di renne seguirono i branchi che cercavano nuovi pascoli”. Siamo cioè sull’asse concettuale inverso al dogma della scienza ufficiale che vuole il popolamento dell’Europa avvenuto da sud verso nord.
Da segnalare sabato 30 giugno a Ostuni all’Hotel La Terra, organizzata dall’associazione Voceanima, una conferenza di Felice Vinci che espone la sua nota tesi di Omero nel Baltico. Sarà stata proprio la Scandinavia il vero scenario dei poemi omerici?
C’è un post di “Daily Archives” di estremo interesse del 29 giugno che io ho ripreso sia su “MANvantara” sia su “L’eredità degli antenati” Le ricerche russe nel campo della paleoantropologia ci rivelano una realtà completamente diversa da quella che ci viene raccontata dalla “nostra” scienza ufficiale condizionata e deformata dalla “political correctness” made in USA. Le volte scorse vi ho già parlato dell’uomo di Kostenki, risalente a 37.000 anni fa, i cui resti sono stati rinvenuti in Siberia e che l’analisi del DNA ha rivelato essere molto simile agli attuali scandinavi. Bene, ora un altro ritrovamento siberiano recentemente avvenuto nella regione dell’Ust’Ishim ci permette di retrodatare l’origine degli Europei a ben 45.000 anni fa. Quello che è importante notare, però, è che la somiglianza genetica di questi antichissimi europei con gli scandinavi di oggi, che si rivelano, per così dire “il prototipo” dell’uomo europeo, ci rivela una storia antica del nostro continente molto diversa da quella che ci hanno raccontato, con un popolamento da nord verso sud, che toglie ulteriore credibilità alla favola delle origini africane.
Per il momento ci fermiamo qui. Prossimamente riprendiamo con le due parti successive di Ma veniamo veramente all’Africa?, sarà dunque un’estate all’insegna della ricerca delle nostre origini ancestrali. Tutto sommato, è bene che sia così, anche se questo comporterà trascurare provvisoriamente tematiche politiche più attuali. Origine significa identità, e il radicamento nella nostra identità, e la consapevolezza di esso, sono qualcosa di cui oggi abbiamo più che mai un disperato bisogno.
Io non sono solito occuparmi di sport, soprattutto non in questa sede, e ora davvero eviterei di parlarvene se non vi fossero implicazioni politiche evidenti e pesanti. Penso che tutti voi domenica 16 luglio abbiate assistito allo spettacolo indecente della finale dei campionati del mondo, nella quale una “vittoria” decisa in anticipo è stata assegnata a una “Francia” multietnica e multirazziale che di francese non aveva nulla, grazie a un arbitraggio parziale e vergognoso. Ora noi potremmo anche disinteressarci di questa vicenda di palese malaffare calcistico, se non fossimo più che sicuri che la “vittoria” della (A)fr(ic)ancia verrà presa a pretesto dai fautori del mondialismo per sostenere una presunta e inesistente “superiorità” delle società multietniche su quelle che mantengono e difendono la propria identità etnica e storica. Noi dobbiamo essere ben consapevoli del fatto che questa non è altro che una vergognosa mistificazione, e rifiutare con tutte le nostre forze la mela avvelenata del mondialismo.

NOTA 1: Nell’illustrazione: a sinistra, la copertina del libro Il mito della terra perduta di Davide Bigalli, di cui vi ho parlato nella settantaseiesima parte, al centro quella di Thule, le fonti e le tradizioni di Luigi De Anna, a destra la locandina della conferenza su Omero nel Baltico tenuta da Felice Vinci a Ostuni il 30 giugno.

NOTA 2: Michele Ruzzai mi chiede di accludere all’articolo il seguente comunicato, che volentieri trascrivo:
“E’ tuttora in corso la traduzione dell’importantissima opera di Herman Wirth, Der Aufgang der Menschheit, attualmente giunta ad un buon punto del libro. Chiunque volesse partecipare all’iniziativa anche versando un contributo di modesta entità, oppure solo richiedere informazioni sul progetto, può senz’altro scrivere a Michele Ruzzai, casella mail michele.ruzzai@libero.it Grazie per l’attenzione”.

1 Comment

  • Daniele Bettini 30 Luglio 2018

    Mi permetto di fare un po’ di pubblicità a Semir Osmanagich e ai suoi libri sulle piramidi nel mondo, dove tra l’altro si citano anche piramidi in sicilia.
    Possiamo definirlo il campione del Ciclo atlanto mediterraneo.
    Tutte queste civiltà atlanto mediterranee avevano avuto durante l’età dell’argento una diffusione planetaria ed Atlantide aveva una controparte in Mu (Rutas in sanscrito) nel pacifico.
    Micio Kusi , Davenport , la prof.saSotomayor in sudamerica
    (http://losvikingosenamerica.blogspot.com/2017/02/preamerica-el-origen-de-la-civilizacion.html)
    hanno riaperto la via dopo decenni di censura ed oblio.
    Sta a noi percorrerla.
    Chiedo solo una cortesia ai lettori : se potete pubblicate articoli o recensioni di libri sulla presenza di piramidi , megaliti e grandi costruzioni di pietra in Italia.
    Servirebbe a chiarire la presenza di popol pre-indoeuropei sul suolo della nostra nazione.

    https://whitewolfrevolution.blogspot.com/2014/09/lantropologo-semir-osmanagichla-storia.html
    antropologo americano, Dott. Semir Osmanagich, fondatore del Parco Archeologico Bosniaco, il sito archeologico più attivo del mondo, dichiara che le prove scientifiche, ‘inconfutabili’, venute alla luce, sull’esistenza di antiche civiltà con tecnologia avanzata, non ci lasciano altra scelta se non quella di riscrivere la nostra storia. Un attento esame, sull’età di alcune strutture sulla Terra, rivela definitivamente che sono state costruite da civiltà avanzate di oltre di oltre 29.000 anni fa.

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