Provate a trovarvi in un’afosa Domenica estiva, immersi in un infuocato deserto metropolitano. Il sole che spacca le pietre, un cielo azzurro senza nubi, un’incipiente stanchezza frutto di una settimana di duro lavoro. Il primo istinto sarebbe quello di recarsi in una delle tante ed assolate spiagge intorno a Roma. E’ vero avete la moto, ma, comunque, la sola idea di trovarsi infilati in un ingorgo ad andatura zero, accomunato ad altri nella spasmodica ricerca di un parcheggio; la sola idea di trovarvi in un pezzo di un qualche arenile, afflitto dal vermicolare di una folla scomposta di bagnanti, ombrelloni, ragazzini che giocano, acque marine sporcate dal sudiciume di quella strabordante presenza umana, sì, tutto questo via farà rabbrividire e passar la voglia di proiettarvi in quel disumano bailamme. Ed allora, presi quasi da un mistico ardore, salirete in sella alla vostra moto e farete rotta verso quel Regno dell’Altrove che, anche se situato a veramente pochi chilometri dall’Urbe, ti proietta d’improvviso in un’altra dimensione…Provatevi a prendere una delle varie strade consolari che, retaggio dell’ingegno dei nostri avi Romani, attraversano l’Italia Centrale come delle impercettibili trame nervose. Potreste cominciare con la Via Tiburtina Valeria. Per evitare di attraversare trafficate periferie metropolitane, prendete l’autostrada ed uscite direttamente a Tivoli. Tagliando alla svelta un piccolo centro metropolitano, costellato di bar e semafori, vi trovereste d’improvviso gettati in quella dimensione “altra”, rispetto a quelle sino a quel momento percorse a cavallo della vostra moto. Dal bianco e dal grigio di edifici e capannoni, dal cielo blu cobalto a far da contraltare ad aridi panorami metropolitani, vi trovereste d’improvviso immersi in una dimensione di ombrosa e verde frescura. Una distesa senza continuità di alberi e macchia vi accompagnerà per tutto il vostro percorso, attraverso una vallata, qua e là punteggiata di silenziosi borghi, lungo una strada da cui, di tanto in tanto, spuntano immoti, resti di rovine e mausolei romani, quasi a rammentare la atemporale e vitale presenza dell’Antico in quelle vallate. E di tanto in tanto, un borgo più in cima a vette indomite ed incastellato di altri, come Roviano od Arsoli, vi riporteranno ad un’epoca in cui quelle alture impervie costituivano un baluardo strategico per prevenire gli attacchi di orde nemiche,capaci di materializzarsi, come nulla fosse, dall’oscurità di quelle foreste.
Una improvvisa deviazione vi porterà verso Subiaco, attraverso una pianura alluvionale circondata da montagne cariche di oscure foreste. Ad accogliervi sarà una cittadina costruita sotto il castello di quei Borgia, che di Ermetismo ed Astrologia furono spudorati simpatizzanti, lì messo quasi a sottolineare e segnalare il vostro ingresso in un ancor più particolare contesto territoriale. Appena fuori di città, una strada tortuosa attraverso verdi montagne vi porterà ai monasteri di quel S.Benedetto che, quelle terre scelse, per edificare un sito di operosa meditazione e preghiera, a causa delle energie che esse emanavano. Percorrendo i primi tornanti, a salutarvi saranno le rovine romane di una villa di Nerone, lì a rammentarvi una volta in più, che quei posti offrirono frescura ed energia ad altri, molto tempo prima dell’avvento del cristianesimo…Superato il complesso monastico benedettino, costeggiando una strada montana sovrastata da un manto boscoso, potrete decidere se puntare verso la vetta del monte Livata e respirare aria frizzante tra altopiani boscosi e pascoli popolati da cavalli e, cosa di non poco conto di questi tempi, da pochi e silenziosi turisti. In alternativa si va a Trevi, nel Lazio e si sale su, sino a Filettino, immersi in verdi e deserte vallate boschive, puntellate di cascate e di fonti. Ovunque voi vogliate volgere il muso della vostra moto nel Lazio, da nord a sud, ma anche da est ad ovest, troverete manti boscosi, laghi rilucenti, altipiani deserti, punteggiati di borghi, in cui Antichità, Evo Medio, Rinascenza e Barocco si sovrappongono ed affastellano in un armonico guazzabuglio di stili e motivi… Etruschi, Latini, Romani, Sabini, Umbri, Volsci, Aurunci e tanti altri ancora, hanno lasciato le loro testimonianze non solo nelle aree archeologiche, ma anche nei volti, nei colori, nella maniera di edificare le città, dinnanzi al Sole, in cima ad un’altura, o in cupe ed ombrose vallate, se si trattava di Necropoli…
Cadde il Mondo Antico, ma il suo spirito continuò ad aleggiare per l’intera regione. Quelle oscure foreste, sedi di Divinità fluviali e boschive, di ninfe e di fauni, lasciarono il posto a draghi, fate e folletti, ma anche ad ascetici maghi e streghe o ad operosi e pietosi monaci amanuensi che, salvando ciò che rimaneva della Tradizione, in quegli oscuri tempi, nel silenzio continuarono a perpetuare negli uomini il “genius loci” di quei siti senza tempo. Quel “genius loci” che, per l’appunto, ci ricorda che, non per nulla, in tempi immemori, Saturno, cacciato da Giove, scelse quella regione che oggidì chiamiamo Lazio (da “latere”/nascondersi) per eclissarsi, per immergersi in quel verde senza fine, sino a scomparire del tutto, non senza aver insegnato agli uomini l’arte dell’agricoltura. Quegli uomini che, una volta, venivano chiamati
“aborigeni” e che, leggende senza tempo, narrano furono generati dagli alberi o dalla Madre Terra, chissà…vivendo una vita semplice, agreste e ricevendo, alfine, il dono della “Techne” agricola da Saturno, sotto l’occhio vigile e benevolo di Giano, il Dio bifronte senza tempo di tutti gli inizi, anch’egli figlio di questa regione. Puntando verso un nord,punteggiato da grandi laghi e foreste, ti accolgono tumuli funerari finemente dipinti, vasi multicolori o “idrie” etrusche, spesso dipinte con motivi solari a “swastika”, incisioni fatte in una scrittura indecifrabile, tanto simile a quella runica e l’ineffabile sorriso, quei nasi diritti o all’insù che, nonostante tutto, tanto sanno di indoeuropeo, di loro, dei “Rasna” o Etruschi, maghi, pirati, ma anche valenti architetti e magistrati, il cui Fascio Littorio, passò come un testimone, nelle mani dei Romani. Facendo un bagno in uno specchio lacustre, le cui limpide acque circondate da verdi fronde non potranno che trasmettervi frescura nelle giornate di canicola estiva, respirando l’aria frizzante dei suoi picchi montani, circondati da foreste ed immoti altipiani, fermandovi a godere delle sue acque sorgive o delle sue fonti termali, passeggiando e rimirando i fregi a tema esoterico, le opere d’arte che adornano qui e là chiese, castelli e case dei suoi vari borghi, ma anche percorrendo tutto questo in sella al vostro cavallo meccanico, veloci come il vento, voi sentirete entrarvi sin nel più profondo del vostro essere questo insieme di visioni, paesaggi e sensazioni che, del posto costituiscono l’Archetipo vitale… E ancora, potreste concludere il vostro viaggio, assistendo al tramonto del Sole Invitto, di Helios Re, dal prisco montano di Terracina, da quel Tempio di Giove Anxur/fanciullo che fa da punta estrema a quattro punti geomantici e sacrali della costa dell’intera regione laziale. A nord l’antica Lavinium, ove si narra sbarcò il pio Enea. Più a sud il Monte Circeo, circondato alla sua sommità da mura ciclopiche senza tempo, sede eletta di Circe, figlia di Helios e della ninfa Perseide , padrona e signora di oscure arti magiche, connesse alla natura, colei che cercò di soggiogare Odisseo, ma che da questi finì, alfine, soggiogata. Più a sud, dopo Terracina, Sperlonga, lido alla cui estremità finale sta quella “Spelonca” all’interno della quale, Tiberio Imperatore volle rappresentare e fermare per sempre nel marmo, la scena dell’accecamento del Ciclope Polifemo da parte dell’astuto Odisseo e dei suoi prodi uomini, memore forse degli ancestrali significati e dei riti senza tempo che, di sé, avevano impregnato quella vetuste “Spelonca”. Più a sud ancora, Gaeta, protesa nel mare, sede di un tempio dedicato a Serapide, ellenistica divinità, frutto di una perfetta sintesi tra le egizie deità Osor ed Api ed altri motivi ellenistici, a ricordo dell’apertura al molteplice, a quei mille volti dell’infinito che caratterizzò la tarda antichità ma, i cui motivi già riecheggiavano nel primigenio mondo politeista, le cui divinità, all’interno del bacino mediterraneo, si intercambiavano e compenetravano continuamente. O potreste concludere il vostro viaggio, godendovi il tramonto dalla cima del monte Tusculum, sopra Frascati, laddove ancor oggi, si possono ammirare le rovine dell’omonima città, la cui origine è fatta risalire secondo la tradizione a Telegono, figlio di Ulisse, o al Re Latino Silvio, nipote di Silvio figlio di Enea e fondatore, a detta di Tito Livio, anche della maggior parte delle località del Latium antico. Ecco forse svelato il senso ed il modo di manifestarsi del Politeismo ai giorni nostri. Il saper percepire il respiro dell’Essere attraverso un caleidoscopio di colori, sensazioni, sapori che sanno ricondurci al genius loci, all’archetipo vitale di un’area geografica. E qui ricorre il mai decaduto motivo di una geografia sacra, in grado di far riscoprire sensi e significati misterici dei più svariati angoli del mondo. E così Lazio/Latium, al pari di Italia o Europa, non sono solamente i nomi che indicano delle località geografiche, ma anche dei punti geomantici e sacrali, dei veri e propri continenti dell’anima. Pertanto, Latium, nella sua valenza più intrinsecamente paesaggistico-spirituale, si fa area inclusiva oltre che del Lazio geograficamente inteso, anche di parte di Toscana, Umbria, Abruzzo e Marche…Concludo il mio pellegrinaggio motociclistico al tramonto di una Domenica qualunque, seduto in uno splendido bar in quel di Tivoli, edificato proprio di fronte a quelle gole da cui scende una cascatella, sormontate da un picco sopra il quale si erge, delizioso, il tempio di quella Diana che, ferina divinità della caccia e della natura, mai trovò sede più adeguata su quei contrafforti montani, messi lì a nascondere agli occhi di noi profani che viviamo in valli cementificate, una prepotente e rigogliosa “Natura Naturans”. E mentre, con gli ultimi bagliori del tramonto, mi godo un aperitivo in santa solitudine, al suono soffuso di un motivo di “lounge music”, (che in quel contesto non stona affatto…), il mio pensiero va al Lazio delle origini ed a Saturno/Crono ed alla sua fine misteriosa. Siccome una divinità non può morire, i Latini dissero che il Dio con la falce si era allontanato, eclissato. E io me lo immagino errante e silenzioso, attraverso quelle oscure foreste, magari a cavalcioni di una moto sgangherata, allontanarsi sino a sparire e confondersi con la natura circostante….
E’ proprio vero, certe persone o certe realtà non muoiono mai, e semmai lo dovessero, solo di una morte apparente muoiono. Magari si eclissano per il momento, salvo poi ritrovarli dietro l’angolo, intenti a viaggiare e girovagare attraverso le mille contrade di un mondo senza fine….
UMBERTO BIANCHI