Un nuovo strumento divulgativo e di conoscenza è apparso nelle recenti produzioni editoriali, l’audioracconto, quale modalità di attivare non più il senso della vista, come per la semplice lettura, ma il senso dell’udito, forse ben comprendendo quanto tale senso possa essere più penetrativo rispetto all’animo umano rispetto all’assuefatta dimensione dell’immagine, pur scritta, offerta da un semplice libro. Tale è l’originale modalità di espressione scelta da Mauro Ruggiero dell’Università Carlo IV di Praga, amministratore presso l’Ufficio Culturale dell’Ambasciata d’Italia sempre a Praga, nonché noto e profondo studioso di esoterismo e di letteratura italiana ed europea, per la divulgazione del proprio racconto allegorico sulle plurime dimensioni della realtà, edito da Recitar Leggenda Audiolibri, per i Racconti della Mezzanotte.
La scena narrata dalla voce di Claudio Carini è quella di una partita a scacchi immaginaria tra l’italiano ed informatico Roberto Boris ed un anziano scienziato di nome Dominique, in cui si dispiega un profondo dialogo sulla natura cosciente della realtà che l’uomo sperimenta coi propri sensi fisici. La teoria affermata dall’informatico consiste nell’esistenza di una realtà simulata, forse scientificamente, con caratterizzazioni spaziali, matematiche e temporali non comuni rispetto alle consuete conoscenze dell’uomo ordinario, il cui compito, appunto, potrebbe essere quello di essere una pedina di uno scacchiere di cui non ha percezione e precisa consapevolezza. L’universo quale simulazione di una traccia su un reticolo è l’espressione pitagorica che coglie magistralmente il senso del limite kantiano del fenomenico che la ragione non riesce a superare, ma esprime, altresì, non solo la dimensione della nuova scienza quantistica quale superamento della dicotomia tra materia e ciò che di essa è espressione più rarefatta, ma soprattutto quella trama matematica, che sublima il meccanicismo modernista per ricondurlo alla rete della dea egizia Nuit, cioè la sfera sacrale dell’Anima Mundi, rispetto alla quale la dimensione della natura e dell’umanità viene concepita quale una voluta astrazione, un’alterità determinata altrove, una scena teatrale ove il drammaturgo non è dato conoscere.
Irridendo giustamente prospettive di vago complottismo come quelle inerenti agli alieni o ai terrapiattisti, la teoria dei quanti e gli algorismi della nuova tecnologia sono lo sfondo anche di una profonda riflessione sulle prospettive future della tecnica e dell’informatizzazione estrema, un particolare transumanesimo in cui l’umano potrebbe essere svuotato della propria specifica funzione. Vi si presenta nell’affascinante narrazione di Mauro Ruggiero una reale sfida a scacchi tra due possibilità di concepire il cosmo e le creature ivi contenute. Se da una parte si ripropone il mai celato pericolo di disumanizzazione artificiale del mondo indi una caduta ipermeccanicistica della vita e della relativa concezione di essa, dall’altra il tradizionale velamento di Maya, come indicato dal mito indù, può condurre l’uditore a concepire una realtà diversa da quella percepita ordinariamente, ma non altra e preordinata da sé, ma compresente a se stesso, da sempre, solamente occultata e dormiente.
D’altronde, la differenza qualitativa tra il Demiurgo ed un’intelligenza artificiale è possibile ravvisarla sia nella perennità del primo, quale Ente di emanazione metafisica, e della necessaria limitazione della seconda (anche per motivi di natura ambientale e di reperimento dei materiali, come ben evidenziato nel racconto), ma anche nel diverso ruolo che tali sistemi vogliano o possano assegnare all’uomo. Infatti, nel caso in cui fosse dimostrabile l’esistenza di un sistema meccanicistico, l’uomo, in tale contesto, occuperebbe solo il posto di un semplice ingranaggio, di un sottoposto inanimato al servizio di una logica a se stesso estranea e lontana. La prospettiva spiritualistica, al contrario, consentirebbe di concepire una sfera della realtà a cui la coscienza ordinaria non abbia accesso, ma non per una sua estraneità all’essenza dell’Ente, ma, inversamente, perché intimamente legata alla profondità della propria natura, indi quasi inconoscibile tramite processi ordinari di consapevolezza … quasi!
Il bel racconto di Mauro Ruggiero, che consigliamo vivamente a tutti i lettori di Ereticamente, ci ha rammentato un celebre saggio di Titus Burckhardt proprio sul gioco degli scacchi ed il connesso simbolismo, in cui il doppio senso, ascendente o discendente, bianco o nero, di una medesima verità viene espresso quale solve et coagula di una processo attivato o meno di reintegrazione interiore. In ultima analisi, la biforcazione speculativa tra mondo artificiale e metafisica dell’Essere si realizza esclusivamente nella coscienza dell’individuo, egli stesso decidendo se permanere in uno stato vegetativo e di automa controllato oppure porre in essere quella palingenesi che in filosofia ermetica spesso viene designata come la rinascita del Re:
“Ad ogni fase del gioco, il giocatore è libero di scegliere fra varie possibilità; ma ogni mossa comporterà una serie di conseguenze ineluttabili: la necessità delimiterà vieppiù la libera scelta, facendo sì che il termine del gioco non rappresenti il frutto del caso, bensì il risultato di leggi rigorose. E’ qui che si rivela non soltanto la relazione fra volontà e destino, ma anche fra libertà e conoscenza: prescindendo da eventuali inaccortezze dell’avversario, il giocatore manterrà la propria libertà d’azione nella misura in cui le sue dimensioni coincideranno con la natura stessa del gioco, ovvero con le possibilità che questo implica. In altri termini, la libertà d’azione va in questo caso di pari passo con la preveggenza e con la conoscenza delle possibilità; l’impulso cieco, di contro, per quanto possa apparire libero e spontaneo in un primo momento, si rivela a conti fatti come una non-libertà. L’ “arte regia” sta nel governare il mondo (esteriore o interiore) in conformità con le leggi che gli sono proprie. Questa arte presuppone la sapienza, che è conoscenza delle possibilità” (Titus Burckhardt, Il simbolismo del gioco degli scacchi, in Simboli, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1983, p. 29ss).
Luca Valentini