Di Angelo Spaziano
Henri Bergson diceva che la memoria, più che ricordo è oblio. Pensate agli anni di piombo, ad esempio. L’eccidio alla Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano? Ricordiamo bene: era fascista. La strage di Brescia? Chiarissimo, era fascista anche quella. L’Italicus? Naturalmente, “inevitabilmente” e indubbiamente fascista. Bello eh? Anzi, brutto, ma in qualche modo, come dire, assai “comodo”. Ogni episodio costituiva un tassello del grande puzzle dell’eversione. L’ordine – un ordine alquanto “astratto”, perché nella vita reale era molto facile uscir di casa e rimanere stecchiti a colpi di P38 o di Hazel 36 – sembrava garantito da una sorta di equilibrio cosmico d’impronta manichea. Il male – non s’è mai saputo perché, o lo si sapeva fin troppo bene – erano i fascisti, mentre il bene era tutto quello che poteva collocarsi esattamente nella direzione opposta. Oggi però a sparigliare le carte dell’ovvio è uscito “Quella strage fascista-Così è se vi pare” (Youcanprint) di Gabriele Adinolfi, romanzo che ha rotto l’incantesimo stragista e, alla faccia di Bergson, ha resettato i ricordi, riordinato le sinapsi e dato a Cesare quel che è di Cesare. A sfogliare le pagine del libro, infatti, ci prende una sorta di vertigine che presto si trasforma in nausea e infine in rabbia. Adinolfi rivela che nel covo brigatista di Robbiano di Mediglia, molto tempo fa, fu ritrovato il papello di un’inchiesta interna alle Br dalla quale emergeva l’indiscussa responsabilità di ambienti anarchici nell’attentato di piazza Fontana. Naturalmente tutti quegli incartamenti oggi sono spariti dagli archivi-colabrodo del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Torino. (Che sbadati…). E l’Italicus? Sempre da Adinolfi veniamo a sapere che un’anonima “soffiata” salvò in extremis l’on. Moro, che doveva appunto viaggiare su quel treno. Ma ad avvertire la gente a nessuno passò neppure per l’anticamera del cervello… E Bertoli, l’anarchico autore della strage davanti alla questura di Milano, aspettava al varco l’on. Rumor che doveva presenziare a una cerimonia… E a Brescia il comizio indetto dai sindacati a piazza della Loggia era <contro il fascismo>, certo, ma <contro il fascismo delle Brigate Rosse>. E poi la presenza all’evento di quel superpartigiano, tale “Fulmine” soprannominato “Relampago”… E quello zelo – assai sospetto – nel ripulire la piazza con gli idranti spazzando via indizi e materiali utili alle indagini. E poi quell’inquietante telefonata – intercettata – della segretaria dell’ambasciatore cubano in cui si preannunciava un evento sanguinoso nel nostro paese. A questo punto uno pensa che potrebbe pure bastare. Ma siamo solo agli inizi. Il fatto è che in Italia all’epoca si è svolta una sorta di grande (e sporco) gioco tra Usa, Urss (il muro ancora non era stato abbattuto) Francia, Gran Bretagna, Palestinesi e Israeliani. Un gioco che vedeva il nostro territorio nel ruolo di inconsapevole scacchiera “privilegiata” per la posizione strategica ricoperta dallo Stivale e per l’insipienza e la pavidità della sua classe politica e dei suoi corrotti Servizi. E così veniamo a sapere che gli Usa, nostri alleati, ci “aiutarono”, si, ma fino all’amministrazione Nixon. Una volta fatto fuori quest’ultimo col Watergate e con l’arrivo di Kissinger a “gran maestro” dei giochi geopolitici, l’Italia fu mollata a vantaggio d’Israele. E veniamo a sapere che a volere il Pci al potere non era tanto l’Urss, ma i nostri cari alleati d’Oltreoceano. E che a trarre vantaggio dall’atmosfera di tensione e paura di quegli anni sciagurati fu proprio il Pci. Il quale Pci, però, ormai col piede già nella camera dei bottoni, fu il primo ad essere danneggiato dalla bomba di Brescia. La quale fu fatta esplodere (“accidentalmente?”) proprio da ambienti – interni alla sinistra stessa – contrari alla “strategia dell’inserimento” del partito di Berlinguer. E pertanto, per salvare almeno la faccia, l’eccidio “doveva” essere attribuito ai “neri”. E che l’Urss, intanto, non gradiva. E che Moro trescava per favorire i palestinesi in Italia in cambio dell’immunità da attentati. Ma questo urtava la suscettibilità d’Israele, il quale a sua volta… A questo punto, alla consapevolezza che qualche nostro camerata, convinto di colpire il sistema, possa avere del tutto in buona fede “favorito”, o quantomeno “facilitato”, queste oscure trame vengono i brividi. E di conseguenza l’impulso è quello di mollare il libro e mandare al diavolo Adinolfi, il romanzo, la geopolitica, l’Italia “resistenzialista” e i suoi Servizi di merda. Ma noi questa cattiveria all’amico Gabriele non la faremo. Primo perché si tratta appunto, di un nostro fratello. Secondo, perché il romanzo (o saggio?) merita. Terzo perché, se tutto ciò che è contenuto nell’opera è vero, oltre che ringraziare l’autore per averci aperto gli occhi, dovremo fare carte false affinché certi errori, almeno nel nostro ambiente, non si dovranno mai più ripetere. Mai più.
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