“Ereticamente” ha l’ambizione di rappresentare e di proporre un modello non soltanto politico ma culturale, intendendo la parola “cultura” nel senso più ampio dell’accezione, al sistema politico democratico-progressista oggi dominante. A questo riguardo, bisogna dire che la scienza non è mai un terreno neutro, e l’obiettività e l’imparzialità dei ricercatori che indagano o si presume indaghino il mondo naturale, è soltanto una finzione.
Riguardo alle scienze fisiche e naturali, io ammetto di avere una competenza limitata, ma l’esperienza nel campo delle scienze storiche e antropologiche mi dimostra in maniera lampante che i soloni, le vestali dell’ortodossia democratica non hanno alcuna preoccupazione per la corrispondenza delle loro tesi con la realtà delle cose. Da molto tempo, (da settant’anni, per la precisione) il metodo galileiano che prescrive di adattare le nostre idee ai fatti, è stato abbandonato a favore del metodo contrario: adattare i fatti alle idee prescritte da un’ortodossia “politicamente corretta”.
L’abbiamo visto più volte sul terreno dell’antropologia con l’imposizione del dogma dell’inesistenza delle razze umane e dell’origine africana della nostra specie, l’abbiamo visto nel campo della psicologia dove si occultano i dati che dimostrano che la psicanalisi freudiana non è altro che un’ignobile ciarlataneria senza nemmeno una vaga parvenza di scientificità. L’abbiamo visto più volte nel dominio delle scienze storiche dove l’originalità e la creatività della cultura europea è sistematicamente negata e occultata, a favore di una presunta origine mediorientale della civiltà (la terra della bibbia, guarda caso), e gli archeologi che si prostrano adoranti di fronte all’ultimo coccio di vaso ritrovato in Medio Oriente, ignorano ostentatamente i grandi complessi megalitici come Stonehenge. Perché nel campo delle scienze fisiche le cose dovrebbero andare in maniera diversa?
Le scienze fisiche, ovviamente, non sono così vicine alla vita umana, alla dimensione sociale e politica come le scienze storiche, la sociologia, la psicologia, ma anche qui ci sono importanti motivi che inducono a non aspettarsi che coloro che operano in questo campo siano animati dal puro amore per la verità. L’intoccabilità del feticcio Einstein, tanto per cominciare, non rimettere in discussione la sua presunta genialità scientifica che si è rivelata così utile per propagandare e dare una patina di rispettabilità ai comportamenti socialmente e moralmente riprovevoli che hanno caratterizzato quell’individuo (e davvero si può credere che l’appartenenza di Einstein allo stesso gruppo etnico-religioso di Freud e Marx sia soltanto una coincidenza?), ma c’è anche dell’altro.
La ricerca nel campo della fisica, almeno quella ufficiale, oggi è un sistema auto-referenziale e auto-giustificante che si avvale di strumentazioni come gli acceleratori di particelle che vengono a costare quanto il bilancio di una nazione di medie dimensioni, e che in concreto non producono nulla tranne essere il pretesto di lucrose prebende per parecchia gente. Come ha fatto osservare Silvano Lorenzoni (Kantianità e ghiaccio cosmico):
“Una volta postulate queste particelle e attribuite loro determinate proprietà – in qualche modo riconducibili, per estrapolazione, a fatti sperimentali specifici – vengono costruiti apparecchi nella cui fabbricazione si prevedono per scontate sia l’esistenza di quelle particelle che le loro ipotetiche proprietà; e quegli apparecchi “rivelano” quello che erano stati programmati per rivelare. A partire da un certo livello (pure non agevolmente definibile) del mondo microscopico si cade nella tautologia pura”.
In pratica, è come quando si ingrandisce una fotografia. Oltre un certo livello si perde l’immagine e si vede solo la grana della pellicola. Recentemente al CERN di Ginevra hanno “visto” i neutrini che viaggiano più veloci della luce (poi si sono smentiti, perché la scoperta avrebbe confutato la teoria di Einstein), poi hanno “visto” il bosone di Higgs e da ultimo le onde gravitazionali. E allora? C’è gente che “vede” la Madonna, i fantasmi o gli UFO a costi senz’altro inferiori.
La verità è che le grandi scoperte sono sempre opera, se non proprio di dilettanti, di figure estranee all’establishment ufficiale costantemente arroccato in difesa dei propri pregiudizi a cui sono legate le sue posizioni di potere.
Ugo Fabbri fa gli esempi di Gregor Mendel, il monaco agostiniano che scoprì le leggi della genetica e dell’ereditarietà coltivando piselli nell’orticello del convento, e quello dello stesso Einstein che formulò le sue teorie mentre lavorava come impiegato all’ufficio brevetti, nonché altri celebri dilettanti come Marconi e Faraday.
Se ne potrebbero aggiungere altri ancora: Charles Darwin che fece le sue scoperte lavorando in solitudine sugli appunti del viaggio (fatto a titolo assolutamente privato) intorno al mondo sul brigantino Beagle, e osservando piante e coleotteri nel giardino della propria villa, o persone che furono a lungo ferocemente osteggiate e dileggiate dall’ambiente scientifico prima che le loro idee si affermassero: Alfred Wegener, padre della tettonica a zolle e della moderna geologia, o Ignaz Semmelweis a cui dobbiamo la scoperta dell’importanza dell’asepsi, dell’igiene in medicina.
La scoperta di Ugo Fabbri riguarda quello che oggi è probabilmente il problema più centrale della fisica: l’unificazione delle quattro forze fondamentali dell’universo: gravitazione, elettromagnetismo, interazione debole (fra nucleo atomico ed elettroni), interazione forte (fra particelle all’interno del nucleo). Questa unificazione darebbe luogo a una vera e propria teoria del tutto in grado di spiegare l’universo fisico nei suoi vari aspetti. Albert Einstein si dedicò ad essa negli ultimi trent’anni della sua vita senza riuscire a formularla.
C’è un’altra ragione per la quale i membri dell’establishment scientifico a cui Ugo Fabbri ha cercato di presentare ripetutamente la sua scoperta, oltre alla rigidità mentale e alla difesa degli interessi di casta, si sono sempre rifiutati di prenderla in considerazione: Ugo Fabbri è un camerata, e non uno qualsiasi, uno che è sempre stato in prima fila nelle nostre battaglie, soprattutto nell’epoca “calda” degli anni ’70 e ’80, dell’offensiva “rossa” in grande stile a partire dal ’68, e, da parte nostra, della contestazione del trattato di Osimo, e che per questo ha dovuto affrontare un gran numero di procedimenti giudiziari (regolarmente sgonfiatisi come bolle di sapone) e ostracismo sul lavoro, a ennesima dimostrazione di quanto sia bella la democrazia, che ti lascia piena libertà di esprimerti finché le tue idee sono quelle che fanno comodo al potere.
Fabbri stesso mi raccontava di un certo signore che è ormai una celebrità a livello locale, che fino a quando era un camerata, nessuno lo calcolava, e più di una volta era ricorso al nostro amico per avere aiuto. Passato dall’altra parte della barricata, ha pubblicato un libro ed è stato “lanciato” in grande stile come membro dell’intellettualità cittadina e ora, così si è espresso il nostro amico, ogni suo peto ha risonanza mediatica, almeno a livello locale.
Questo articolo è la sintesi di un’opera ancora in fase di revisione, di ben più ampie dimensioni. In attesa di tempi migliori, della fine del doppiopesismo democratico, penso sia giusto che i lettori di “Ereticamente” possano apprezzare il lavoro del nostro.
Fabio Calabrese
Una straordinaria scoperta scientifica osteggiata dalle consorterie di partito
di Ugo Fabbri *
* ricercatore freelance, autore e co-autore di occasionali relazioni scientifiche in Italia e all’estero, accreditato in atti del XCII Congresso SIF, Torino 2006, p. 93
Albert Einstein ha speso gli ultimi anni della sua vita nel vano tentativo di trovare la “teoria del continuo” che fosse in grado di unificare il campo elettromagnetico con quello gravitazionale. “Il sogno di Einstein era quello di riuscire a dimostrare che le onde gravitazionali e le onde elettromagnetiche vengono da una sola forza fondamentale della natura. A questo problema Einstein dedicò gli ultimi 35 anni della sua attività scientifica” (Antonino Zichichi, Il Giornale dd. 19.2.2016).
Geoffrey Chew, allievo di E. Fermi, a conclusione dei suoi studi di cosmologia, aveva elaborato una teoria olistica che egli definì con il termine Bootstrap che significa paradossalmente, reggersi sollevando i tiranti dei propri stivali. In particolare, egli afferma che l’Universo è “unitario” ed in esso “tutto è correlato con Tutto“. Richiamandosi a tale teoria Fritjof Capra, fisico delle alte energie, afferma che “l’Universo é visto come una rete dinamica d’eventi interconnessi. Nessuna delle proprietà di una qualsiasi parte di questa rete é fondamentale; ognuna di esse deriva dalle proprietà delle altre parti, e la coerenza complessiva delle loro connessioni reciproche determina la struttura dell’intera rete” (cfr. Il Tao della fisica).
A fronte di ciò, l’autore del presente articolo, ispirandosi alla teoria olistica elaborata da Geoffrey Chew, ha condotto uno studio indipendente iniziato nei primi anni ’80 per valorizzarne le potenzialità, e all’esito può affermare retrospettivamente di aver ottenuto risultati scientifici di tale importanza che vanno oltre ogni più ottimistica aspettativa. Vale a dire, utilizzando il principio olistico, l’autore ha elaborato una Nova Physica (Holistic Theory o Limits, HTL) con la quale è in grado di unificare il campo e.m. con l’interazione di gravità, così risolvendo la teoria del continuo che aveva monopolizzato l’attenzione di Einstein nei suoi ultimi anni di attività scientifica.
La teoria olistica, così rivalutata, può affermare a posteriori che tutte le informazioni necessarie per risolvere la teoria del continuo erano già singolarmente note e accreditate in letteratura, ma erano frammentate in varie discipline e disperse nelle varie biblioteche, perché assunte in contesti occasionali isolati dallo scenario “olistico” di riferimento (l’unico lecito rispetto al tema in esame) senza che la comunità scientifica abbia mai avvertito l’esigenza di condurre una salutare opera di unificazione e di sintesi. Tale situazione richiama per analogia quella in cui si era trovato James Clerk Maxwell, quando pose le basi per fondare una nuova disciplina scientifica (l’elettromagnetismo) raggruppando e riqualificando le precedenti osservazioni, esperimenti ed equazioni che i contemporanei non avevano ancora unificato.
Lo strumento d’indagine che ha consentito di risolvere il tema, risiede nel diverso scenario di riferimento assunto dai padri fondatori della fisica, rispetto alla teoria olistica.
Nei primi anni del XIX secolo la comunità scientifica dell’epoca faceva idealmente la spola tra i laboratori (dove venivano assunte le evidenze sperimentali) e lo studio, dove attraverso l’analisi matematica i ricercatori cercavano di ricostruire le leggi della natura per dominarla e trarne utilità (la scoperta del fenomeno dell’induzione, ad es., ha preconizzato lo sviluppo della società tecnologica). Per sconfiggere le malattie è necessario l’uso del microscopio, ma per capire i principi fondamentali che disciplinano il divenire cosmico è sufficiente osservare la natura nella sua semplicità e trarre conclusioni: se si osserva la caduta di una mela dall’albero, ad es., bisogna subito chiedersi razionalmente perché mai la luna, invece, non cade. L’opportunità di travalicare l’apparenza dei fenomeni per risalire alle cause che li producono è un patrimonio intellettuale che in occidente è stato tramandato dai pensatori ellenici:
– Democrito nel IV secolo a.C. con il solo utilizzo del raziocinio aveva intuito lo stesso concetto di atomo: una pietra non può esser frantumata fino al punto di annullare la massa dei frammenti, perché in tal caso si precluderebbe l’operazione inversa: la somma di molteplici masse nulle non può ricostruire la massa d’origine.
– Eratostene aveva calcolato il raggio del pianeta Terra con un’ottima approssimazione utilizzando semplicemente l’angolo di incidenza dell’immagine del sole proiettata sul fondo di due pozzi posti ad una distanza conosciuta;
– Talete era riuscito a calcolare l’altezza della piramide di Cheope confrontando in proporzionalità la propria ombra con quella della piramide.
In queste poche righe è sintetizzata la contraddizione intrinseca che inquina la scienza quando viene assunta in esame rispetto a due scenari antinomici di riferimento: i protocolli scientifici attualmente in uso sono quelli che hanno promosso la società tecnologica e telematica. Essi derivano dalla assunzione in esame di limitati scenari locali di riferimento (sono quelli su cui si fonda la fisica classica). In tale contesto, la comunità scientifica cerca di approfondire i temi in esame per scoprire le regole e dominare gli eventi e trarre delle utilità. Successivamente la meccanica quantistica introdotta da Planck, Einstein ed altri, ha introdotto nella scienza nuovi parametri di riferimento, ma questa rivoluzione è rimasta sciaguratamente incompiuta perché non ha ancora risolto il quesito più importate della fisica che, come detto, Einstein ha tentato invano di risolvere.
Per converso, quando si affronta l’Universo inteso nella sua unitarietà intrinseca (in cui la meccanica quantistica si sovrappone alla fisica classica), cambia radicalmente lo scenario di riferimento ed i protocolli in uso ne vengono sovvertiti.
Per risolvere le contraddizioni che emergono, è necessario semplificare i concetti, al di là delle apparenze, per capire i principi universali da cui Tutto promana. Se Einstein, che era Einstein, non è riuscito ad elaborare la teoria del continuo, ciò significa che nei protocolli utilizzati da lui e dall’intera comunità scientifica, vi erano evidentemente degli elementi fuorvianti che hanno ostacolano il progresso della scienza. Per superare l’impasse, la teoria olistica recepisce le evidenze sperimentali traendole da letteratura, ma le sottopone ad un severo riesame con il deliberato proposito di far esplodere le eventuali contraddizioni interne e predisporre le opportune sanatorie. Per far progredire la scienza, dunque, non si deve fare un passo in avanti, ma è necessario fare cento passi indietro e tornare alle origini della scienza, per trovare le omissioni ovvero i travisamenti che hanno fuorviato la ricerca impedendole di risolvere il quesito posto da Einstein. Per converso, la teoria olistica riqualificata di cui l’autore rivendica la paternità, comprova orgogliosamente che l’osservazione “banale” è rivoluzionaria: per ricostruire teoria del campo unificato, infatti, è sufficiente utilizzare i seguenti strumenti operativi che sovvertono l’attuale scenario Standard di riferimento:
- avvalersi del lume della ragione, nei termini raccomandati da Cartesio, quale strumento privilegiato di ricerca, perché la deduzione logica indica perentoriamente l’unica strada che lo scenario cosmico consente di percorrere a ritroso per ricostruire la dinamica primigenia degli eventi;
- riesaminare con un forte pregiudizio critico lo sviluppo storico del pensiero scientifico, per identificare gli elementi fuorvianti e le omissioni che hanno impedito alla scienza di risolvere il quesito più importante della fisica (origine della materia e della gravità).
- All’esito di quanto sopra, si deduce l’opportunità di integrare e riqualificare l’analisi e l’interpretazione sperimentale degli eventi, attualmente accreditati in letteratura, per risolvere le contraddizioni emerse.
Al termine di un lungo ciclo di studi, la teoria olistica è in grado di comprovare due verità scientifiche fondamentali (ignote in letteratura):
• La storia che descrive l’origine degli oggetti celesti a qualsiasi scala di grandezza è scritta in modo esplicito nella Tavola periodica degli elementi (riordinata in modo concentrico perché il modello è unico come comprovato da tutte le particelle provenienti da qualsiasi regione dello spazio: esse sono sempre uguali a se stesse ed uguali alle stesse particelle presenti nel nostro pianeta).
Il riordino della Tavola periodica deve ignorare la presenza di qualsiasi massa per non incorrere dell’errore tautologico (non si può pretendere di scoprire l’origine della materia se questa viene indebitamente assunta in premessa generando una contraddizione in termini). All’esito di ricostruisce una configurazione geometrica a simmetria idealmente sferica che diventa il luogo d’elezione dove l’energia si converte nella corrispondente massa.
Il riordino della Tavola periodica non solo rafforza il legame, già noto, che intercorre tra la fisica e la chimica, ma suggerisce la necessità di unificare tutte le scienze (come mirabilmente raccomandato da Cartesio). La teoria della relatività ha unificato lo spazio con il tempo: ad integrazione, la teoria olistica comprova che i principi universali e le leggi della natura assunti in premessa, impongono l’obbligo di unificare tutte le grandezze fisico-numeriche che disciplinano il divenire cosmico per identificare la dinamica degli eventi in cui “tutto è correlato con Tutto” a tutte le scale di grandezza. La teoria olistica, inoltre, dimostra che l’Ordine che regna nel cosmo ha un che di frattale (questo, come è noto, è un oggetto geometrico che ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse di grandezza, talché ingrandendo una qualunque sua parte si ottiene una figura simile all’originale).
In conclusione, si può affermare che tutte le informazioni necessarie per risolvere la teoria del continuo, sono intrinsecamente contenute nella Tavola periodica riqualificata. L’esame sul punto, peraltro, è appena timidamente iniziato, ma i risultati ottenuti travalicano ogni più ottimistica aspettativa. Non vi è alcun dubbio, pertanto, che il futuro della scienza deve transitare obbligatoriamente attraverso queste pagine;
• Le origini condivisa del ciclo evolutivo della materia e dell’interazione di gravità, come ricostruite dalla teoria olistica, sono comprovate in modo eclatante, dallo storico esperimento (reinterpretato e riqualificato) condotto nel 1801 da Thomas Young che ha comprovato la natura ondulatoria della luce: andando a ritroso nel tempo, infatti, si deduce che le frange di interferenza proiettate sullo schermo traggono origine da due fenditure attraverso le quali viene fatta filtrare una sorgente monocromatica di luce.
A ben vedere, quelle due fenditure (senza che mai alcuno abbia osservato la circostanza), in realtà riproducono involontariamente l’interazione tra due fotoni che interagiscono tra loro in sintonia di risonanza. Ed i due fotoni (ancorché simulati) sono proprio quelli che innescano l’effetto fotoelettrico, descritto da Einstein e per il quale gli era stato conferito il premio Nobel nel 1921. Vale a dire, che aveva ragione Goethe che era anche un uomo di scienza oltre che insigne letterato, il quale ebbe a dire: “la cosa più difficile per un ricercatore è vedere con gli occhi ciò che davanti agli occhi sta”;
• La teoria olistica, in particolare, comprova che l’interazione di gravità trae origine dalla scomposizione delle onde in varie fattispecie che trasportano l’energia del fotone e da un conseguente sfasamento della sincronia di fase delle onde stazionarie e della velocità della luce che oscillano nella circonferenza orbitale del livello fondamentale dell’atomo (in sostanza nell’atomo eccitato viene immessa una perturbazione che suscita una razione uguale e contraria ad un livello superiore di riferimento). La perturbazione consiste nel fatto che alcune onde stazionarie oscillando compiono un giro completo della circonferenza orbitale (il loro punto di partenza ed il punto d’arrivo coincidono), mentre altre onde non soddisfano tale requisito. Questa situazione ripropone in scala universale il fenomeno dell’induzione e.m. su cui si fonda l’attuale società tecnologica. Ad ogni perturbazione corrisponde una reazione uguale e contraria, vale a dire che nello scenario universale sussiste un altro atomo con gli stessi problemi che si oppone alla perturbazione per eliminarne gli effetti.
Lo sviluppo di tale tematica comprova l’origine di tutte le particelle fondamentali (quarks, elettrone e protone e quant’altro) e di tutte le costanti universali (di gravità, di Boltzmann, ecc.).
I centri di eccellenza scientifica, sollecitati a verificare i fondamenti della teoria olistica, si sono rifiutati a priori di leggere foss’anche una sola riga delle sudate carte che l’autore ha più volte loro proposto, adducendo pretestuose motivazioni per celare in realtà il pregiudizio oscurantista per motivi abbietti (l’autore non può far valere una credenziale accademica). Tale situazione richiama il comportamento dei cattedratici di quattro secoli fa quando si rifiutarono di guardare nel cannocchiale di Galileo perché ….. nelle Sacre scritture non erano previsti i satelliti di Giove.
Eppure pagine gloriose della scienza sono state scritte da … clandestini a bordo. Mendel che era un frate ha avviato la biologia, Faraday che ha scoperto il fenomeno dell’induzione era un rilegatore di libri capitato per caso nel laboratorio di chimica; Marconi, benché colto, era privo di qualsiasi titolo di studi e lo stesso Einstein era un impiegato di un ufficio brevetti.
La verità è che le consorterie di partito che hanno assunto il controllo di larghi settori delle istituzioni (dalla cultura, alla magistratura), sono più interessati alle opere faraoniche (come l’acceleratore di Ginevra che si sviluppa in un tunnel lungo 27 chilometri, ovvero il telescopio europeo in costruzione con un diametro di quasi 40 metri), perché dove l’impegni finanziari si rivelano più copiosi (come nella ricostruzione che segue un terremoto ovvero nel gestire l’emergenza immigrazione), è più facile coltivare interessi privati piuttosto che spremersi le meningi per risolvere problematiche che non fruttano alcuna immediata esazione.
C.d.L. Ugo Fabbri
Via Conti, 19 – 34138 Trieste
tel. 040 766 744
cell. 340 80 717 63
12 Comments