“Kraut und Rüben haben mich vertrieben”
(“Cavoli e rape mi hanno sviato da te”)
Secondo Bacone vi sono tre modi di accostarsi allo studio della realtà. Uno è quello della formica, empirico, tipico di chi semplicemente accumula dati, informazioni. Un altro è quello dogmatico, simile all’azione del ragno che trae da sé stesso, dalle proprie fantasie o speculazioni, tutto ciò che gli importa sapere. Infine v’è l’ape, che raccoglie il polline dell’esperienza e lo elabora dentro di sé, lo sottopone ai succhi digestivi della logica, fino a trarne il miele di una conoscenza reale. La scienza moderna è di fatto un maestoso alveare in cui, grazie alla ricerca e alla collaborazione di tanti operosi cervelli, si produce la pappa reale della verità.
Spesso inattese scoperte nascono attingendo a fiori nascosti, lungo sentieri inesplorati. Ad esempio, la scienza avrebbe sicuramente ignorato l’oscura Bertha Hegel se per alcuni anni non fosse stata cuoca e governante del grande Richard Wagner. Pare che il compositore amasse particolarmente una zuppa di cavoli e rape che Bertha gli preparava. Non vi sono dubbi sul fatto che Wagner, dopo aver mangiato detta zuppa, compose alcune delle sue pagine più felici: l’impetuosa Cavalcata delle Walkirie, la struggente Morte di Isotta.
Alcuni ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università del Michigan hanno perciò ipotizzato una relazione tra questi ortaggi e l’ispirazione musicale. Gli esperimenti condotti finora sui topi, ai quali per mesi è stata somministrata giornalmente un’abbondante razione di cavoli e rape, ancora non consentono conclusioni certe. I roditori manifestano solo un insolito meteorismo, ma secondo gli psicologi questo rappresenterebbe una rudimentale elaborazione di forme musicali. Da questi primitivi incunaboli dell’arte di produrre suoni si arriverebbe secondo loro, attraverso una lenta evoluzione, ai sublimi capolavori di Bach, Mozart ecc. Ulteriori studi potranno indicarci come trarre da questa teoria utili applicazioni nell’insegnamento della musica.
Per trovare conferma a tale ipotesi sono stati posti sotto osservazione due gruppi di ratti, gli uni sani, gli altri isolati in ambienti umidi e malsani, per produrre in loro l’insorgere di sintomi reumatici. A entrambi è stato poi permesso di zampettare tra inchiostri di diverso colore, creando spontanee espressioni pittoriche. L’analisi delle opere così ottenute ha evidenziato l’emergere di tendenze stilistiche diverse, più impressionistiche nei topi sani, più classiche e severe nei topi reumatici, forse a causa delle loro oggettive difficoltà motorie. Gli scienziati stanno ora vagliando i risultati per verificare analogie e differenze con la Cappella Sistina e la pennellata michelangiolesca.
Vorrei prevenire le obiezioni di chi trovasse crudeli tali esperimenti. A prescindere dalla loro indubbia importanza scientifica, basta pensare ai flagelli causati dai topi – saccheggi di derrate alimentari, terribili pestilenze, orripilazione di donne indifese – per capire che torturare o uccidere questi animali non è che un equo contrappasso, un parziale risarcimento per i danni subiti. Il topo ha contratto un debito inestinguibile con l’uomo e deve pagare. D’altro canto, se la scienza soffrisse di tenerezze animaliste, non avremmo mai beneficiato del trapianto di organi, della chirurgia estetica o delle vaccinazioni di massa.
Fortunatamente non si sono posti tali scrupoli gli scienziati dell’Università del Michigan, che hanno provocato in alcuni topi l’infarto del miocardio e indotto in altri l’arresto cardiocircolatorio tramite soffocamento. Ne dà notizia una prestigiosa rivista, “Proceedings of the national academy of sciences of the United States“, pubblicando uno studio dal titolo “Surge of neurophysiological coherence and connectivity in the dying brain”.
Ovviamente non si è trattato solo di una curiosa derattizzazione. Lo scopo era di registrare l’attività cerebrale in topi clinicamente morti. Questo ha permesso di scoprire che in stato di morte clinica il loro cervello emette ancora intensi segnali elettrici. Per la precisione si tratta di onde gamma, onde ad alta frequenza che si pensa concorrano alla percezione cosciente. Questo dimostrerebbe che, prima di spegnersi per sempre, la coscienza dei ratti si accende di ultimi misteriosi bagliori.
Gli elettrodi hanno registrato una significativa vitalità neuronale proprio sopra la corteccia prefrontale, nella zona deputata alla visione, il che farebbe supporre che quei topi, benché privi di funzioni vitali, stessero osservando qualcosa. Non possiamo certo dedurne che abbiano visto il film della loro vita, incontrato parenti defunti o guardato ratti che volavano come angeli. Possiamo però capire perché alcune persone clinicamente morte e poi rianimate raccontino di strane visioni, di luci e di incontri con esseri disincarnati.
I tracciati cerebrali di questi topi chiariscono finalmente il misterioso fenomeno delle cosiddette esperienze di pre-morte o Near Death Experience, rendendo superflua ogni congettura irrazionale e misticheggiante. Ora sappiamo che quei racconti sono semplici allucinazioni, effetti di un’ipossia cerebrale, di alterazioni chimico-elettriche del cervello riscontrabili anche nei topi. Le NDE trovano così una solida spiegazione scientifica, senza ricorrere ad assurdità come corpi eterei, anime immortali o metafisici aldilà. Sperando che a qualcuno non venga in mente di attribuire un’anima anche ai topi.
Sulla scorta di metodologie scientifiche altrettanto ineccepibili si stanno aprendo nuovi fruttuosi orizzonti anche nella comprensione dei fenomeni religiosi. In questo ambito di ricerche, un gruppo di neurologi dell’Università di New York ha recentemente dimostrato che l’esperienza mistica non è altro che un fenomeno di natura epilettoide. Così si spiegherebbe, ad esempio, la visione avuta da Saulo sulla via di Damasco. I colloqui tra Maometto e l’arcangelo Gabriele rientrerebbero invece in un quadro schizofrenico.
Secondo gli psicanalisti, la fenomenologia mistica poggerebbe su problemi psicosessuali inseriti in una struttura isterica della personalità. Questo sarebbe spesso causa di drammatiche somatizzazioni, come le stimmate di un Francesco d’Assisi o la trasverberazione (trafittura del muscolo cardiaco) di una Teresa d’Avila. Il misticismo cattolico si spiegherebbe dunque come sublimazione di un erotismo represso, mentre in ambito protestante – Lutero, Zwingli, Calvino – sembrerebbe accertato un legame tra dottrina della predestinazione e sensi di colpa associati a episodi infantili rimossi, sfocianti nell’adulto in turbe depressive.
La neuro-scienza privilegia tuttavia spiegazioni di carattere fisico, legate a patologie dei lobi temporali. Alle obiezioni di tipo filosofico o culturale risponde non con argomenti astratti ma con l’evidenza di concreti e rigorosi test clinici. È stato dimostrato infatti come alcuni topi, sottoposti a elettro-stimolazione di specifiche aree cerebrali, cadano in stati stuporosi simili al deliquio estatico e alcuni di loro vengano seguiti poi dalle altre cavie come leader carismatici.
Soggetti umani sui cui è stato condotto lo stesso esperimento hanno udito voci misteriose e visto luci o apparizioni immaginarie. In seguito ai fenomeni psichici così indotti, un rabbino ebreo ha fondato una setta shintoista riformata mentre un cuoco cinese intende ricostruire il Tempio di Salomone a Pechino. In altri casi la conversione è meno radicale; alcuni riferiscono di contatti con gli extraterresti, altri diventano vegetariani o decidono di cambiar sesso. Ancora non si è trovata una spiegazione a questa disparità di reazioni. Ma la maggioranza della comunità scientifica è persuasa che dipendano da anomalie o disfunzioni organiche.
Questa conclusione è avallata anche dal Cicap, Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, o sulle Pseudoscienze. Organismo che svolge un’encomiabile opera di demistificazione, lottando con zelo quasi religioso contro ogni forma di illusione e di credenza, alla ricerca di quei trucchi che la nostra stessa mente continuamente usa per ingannarci. Irriducibile avversario della Maya, delle apparenze ingannevoli.
Il Cicap ci ricorda che tutto nell’universo è effetto di cause fisiche scientificamente dimostrabili e misurabili. Se oggi qualcosa sembra sfuggire a questa regola è solo per un limite, in futuro certamente superabile, delle nostre conoscenze.
Le visioni metafisiche, religiose e spirituali sono solo i fatiscenti relitti dell’ignoranza passata, o una grossolana confusione tra la realtà e i nostri desideri. È essenziale educare i bambini fin dalla più tenera infanzia a questa visione, che definirei ‘cicapismo’; a guardare il mondo attraverso occhi lucidi, non col filtro distorto di fiabe e narrazioni immaginarie. Abituarli a un’osservazione obiettiva e scientifica dei fatti, perché siano un domani individui razionali che ‘cicapiscono’ il mondo.
Vorrei a tal proposito segnalare un’altra notizia sorprendente che arriva dall’Università del Colorado. Un gruppo di neuroscienziati di varia nazionalità sembra aver trovato la risposta a una domanda fondamentale: come nasce il linguaggio? Gli studiosi si dicono certi che il complesso fenomeno della parola derivi dalla conformazione muscolare dell’apparato fonatorio. Quest’ultimo determinerebbe la creazione di specifiche aree nervose e cerebrali deputate alla parola, benché ancora non sia chiaro come fibre muscolari e onde elettriche si trasformino in discorsi di senso compiuto.
Per trovare una risposta, gli scienziati hanno sottoposto i topi a chirurgia plastica della laringe e a stimolazioni elettriche in precisi punti del cervello, osservando se ciò li porti a creare frasi coerenti. I suoni emessi dai topi restano al momento incomprensibili. Nonostante si facciano molte ipotesi a riguardo, gli analisti non sono ancora riusciti a ordinare gli squittii in campi semantici definiti. Secondo gli esperti ci vorranno non meno di cinque anni per giungere a conclusioni plausibili. A quel punto gli scienziati del Michigan e del Colorado, unendo gli sforzi, potranno farsi narrare dai topi le loro avventure ai confini della vita. Quello che possiamo fin da ora affermare con certezza è che la letteratura, la poesia e le varie forme del linguaggio, sono solo epifenomeni di cariche elettriche cellulari.
Per concludere, vorrei accennare a un’importante ricerca finanziata dal Governo americano presso la prestigiosa Harward University, da cui emerge la stretta relazione tra ormoni sessuali e ipofisari e il comportamento sociale. Il 56% dei topi trattati con overdose ormonali manifesta infatti un aumento della funzione copulatoria e dell’aggressività. Nel 58% dei casi si è notato un rafforzamento del legame tra le madri e la prole. Queste percentuali sono indubbiamente significative. Dimostrano che l’uomo, come il topo, è solo un complesso meccanismo biochimico, un sistema di fisiologiche ruote dentate che ingranano una nell’altra.
Il valore di queste ricerche è incalcolabile. Esse dimostrano che la fede, l’amore, l’arte, la poesia, sono puerili illusioni, sogni consolatori. Attraverso la neuro-topologia e la bio-topologia, scienze della corrispondenza tra i comportamenti e precise zone del sistema nervoso, cui afferiscono specifici processi chimici, si può risalire all’origine di ogni nostra funzione morale, affettiva, intellettuale. Ciò può apparire arido e deprimente. Ma compito della scienza è spiegare, non soddisfare aspettative romantiche.
Chi cerca la verità saprà quindi, come un’ape laboriosa, estrarre da questi studi il succo dolce della conoscenza, far tesoro di ciò che i topi ci insegnano. Dobbiamo capire che ogni sevizia inflitta ai topi per scopi scientifici è un passo in avanti per l’umanità. Usando i topi come lampade possiamo far luce sui misteri della vita. Senza di loro saremmo ancora avvolti dalle tenebre della superstizione. Non esitiamo dunque a provare su di loro gli effetti di virus e vaccini, di agenti tossici e mortali, radiazioni e campi magnetici, stress e dolore. Solo così potremo costruire una società più sana e consapevole.
La dignità del topo sta dunque tutta nella sua utilità scientifica e nel profitto che l’uomo può trarne. Certo, nessuno può negare che la sperimentazione su soggetti umani sarebbe più sicura e rapida. Il secolo scorso gli scienziati tedeschi proposero infatti di usare come cavie gli individui di razza ebraica, giudicandoli per molti versi simili a topi. Noi sappiamo che alla base di questa parzialità di vedute, assolutamente ascientifica, v’erano fattori storici e ideologici. Ma oggi, liberi da pregiudizi di razza o religione, noi possiamo vedere in ogni uomo una potenziale cavia per i nostri esperimenti medici e scientifici.
È perciò motivo di grande soddisfazione per uno scienziato vedere una folla di volonterosi cittadini che sgomitano, fanno code estenuanti, si espongono ai rischi di farmaci sperimentali di cui non si conoscono le possibili conseguenze, per avere il privilegio di far da cavie e rendersi utili alla società. Questo apre nuovi orizzonti al progresso scientifico, mettendo finalmente su un piano di uguale dignità uomini e topi.
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