I media sono pieni delle immagini di un’orsa che ha attaccato un cercatore di funghi. Disavventura finita bene. Per il momento.
In sintesi: un marcantonio soprannominato “Carnera” per la mole, se ne andava per boschi trentini in cerca di porcini. Primo errore: i funghi non si cercano, si va a raccoglierli con saggezza e moderazione, nei luoghi conosciuti come prolifici. Certo, bisogna amarli e segnarsi date, tempi e luoghi. I cercatori “cannibali” sono la rovina dei boschi: Attila era un chierichetto, al confronto. “Carnera” non mi ha dato l’impressione di essere un devastatore, ma solo un cercatore, più o meno occasionale. Non certo esperto. Se lo fosse stato, avrebbe saputo che è la stagione dell’allattamento dei cuccioli di orso, e, soprattutto, che di orsi ne girano abbastanza per i boschi trentini. E mica per diletto: ce li abbiamo reintrodotti noi umani, comprandoli dalla Slovenija, (si scrive così), esattamente tre maschi e sette femmine. Che hanno messo su famiglia.
Secondo errore comune a tutti i “fungaioli”: “Carnera” è andato da solo. Non è cosa né saggia né prudente. Il bosco è come il mare e la montagna: esige rispetto.
Quando l’umano si è trovato improvvisamente in prossimità della nursery plantigrade, ha capito di aver fatto un errore e si è cercato di nascondere dietro un albero. Terzo errore: gli orsi hanno un olfatto che equilibra la vista non eccezionale.
La mamma orsa non ci ha pensato su troppo: ha fatto il suo mestiere di mamma orsa ed ha attaccato. Per me era nel suo pieno diritto, anzi era suo dovere difendere i cuccioli dall’umano. Gli orsi sono intelligenti, ma non hanno ben chiara la differenza fra un cercatore di funghi ed un bracconiere farabutto. Gli umani non sono affidabili. Nel dubbio meglio seguire il vecchio proverbio “chi mena per primo, mena due volte”. Quaranta punti di sutura e un grosso scarpone alpino sbriciolato come un grissino. Tanto per delicato avvertimento: pussa via! Non vedi che sto con i miei figli? Brava mamma orsa! Si è comportata come non tutte la umane fanno.
“Carnera” si è difeso con le – scarse – armi che la natura ci ha dato: calci e pugni. Evidentemente il soprannome è dovuto a qualcosa, se mamma orsa, che non voleva aggredire per divertimento, come fanno gli umani, ma solo per dovere materno, ha pensato che la lezione era sufficiente e che era stupido prendersi sberle, al punto cui si era arrivati. Missione compiuta, si rientra alla base. Brava!
E fin qui, nell’eccezionalità del fatto, tutto bene e tutto normale. “Carnera” è tornato a casa, si è fatto medicare e ha salvato la buccia.
Quello che poi è successo, fra noi umani, invece dà il voltastomaco. Ci si sono messi di mezzo i politici-amministratori e, oltre a monitorare la orsa Danza (ha un radio collare, poveretta), qualche testa d’uovo ha pensato che la si deve catturare e, se del caso, abbattere.
Non ci sono santi né madonne: la visione antropocentrica che duemila anni di cristianesimo, meglio, di cattolicesimo, ci ha sedimentato nel DNA, alla prima occasione affiora, pronta a fare sfracelli. Costretti ad ammettere che la terra è rotonda e non piatta, obbligati ad ingoiare il fatto che la visione astrale di Galilei era ed è esatta e che la terra gira attorno al sole e non viceversa, impediti di erigere sacri falò ove abbrustolire levatrici ed erboriste (le chiamavano streghe), confinati nel catechismo, che recita che guardare il lato B della propria mogli è atto di lussuria condannabile, umiliati dal numero di vie e piazze dedicate a Giordano Bruno, eretico bruciato vivo, oggi sfogano il loro ego (a parte sui ragazzini incautamente loro affidati) nel continuare a propagandare la centralità dell’uomo e il suo dominio su tutto il resto della Natura. Un po’ come il grido “dio lo vuole!” che era il segnale dell’inizio della mattanza di infedeli di varia natura e colore.
Troppo difficile sentirsi in armonia con la natura e sentire un albero, un pietra, un animale, un corso d’acqua come parte di me, da proteggere e rispettare.
Forza, fate un bel falò e bruciate, viva ovviamente, l’orsa Danza, rea di amore materno.
Io tengo pronto l’estintore. E non solo.
Fabrizio Belloni
Cell. 348 31 61 598
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