Morire pagano,
è ritornare alle lune iperboree
alla fratellanza dei lupi
al vento gelido dei boschi
al mistero del sangue
all’eternità circolare dei tempi
all’atavica bellezza della razza
all’ombra delle querce ed alle picche di frassino
alla visione del contadino italico, a Roma e sulla Pampa
ai tiepidi fantasmi degli antenati
alla traslucida estetica degli dei
all’aquila, al vischio ed alle spirali di pietra
al fuoco che tutto rinnova
alla fratellanza che tutto conferma
alla virtú che tutto disciplina
all’anticristo che annunció il filosofo-poeta
all’oscura acqua che viaggia
cosí come viaggiarono le imbarcazioni dei nostri nonni.
Morire pagano non richiede una ricompensa
non chiediamo cieli di cotone per le nostre azioni
né temiamo il fuoco dell’inferno perché noi stessi siamo il fuoco
che fa ardere questo mondo
se c’è un dio che non parla con noi peggio per lui
poiché è un dio straniero
e si sta perdendo il valore del paganesimo.
Juan Pablo Vitali
Traduzione Daniel Guillem Vecchiotti.
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